Stop the Pounding Heart

Stop the Pounding Heart

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Scorie arcaiche, tradizioni etniche, figurative e dettami religiosi incombono sull’adolescente protagonista dell’ammaliante Stop the Pounding Heart di Roberto Minervini.

La costola di Adamo

Sara è un’adolescente nata in una famiglia di allevatori di capre texani. I suoi genitori hanno educato personalmente i loro dodici figli, seguendo in maniera rigorosa i precetti delle Bibbia. Come le sue sorelle, Sara è stata cresciuta per essere una donna devota, asservita agli uomini ma con l’obbligo morale di conservare intatta fino al matrimonio la purezza fisica e spirituale. Ma quando Sara incontra Colby, giovane dilettante del rodeo, entra in crisi, mettendo in dubbio l’unico modello di vita che abbia mai conosciuto… [sinossi]

Probabilmente è presto per analizzare l’attuale successo della nostra scuola documentaristica, la cui ascesa – iniziata con la vittoria a Venezia di Sacro GRA di Gianfranco Rosi e proseguita con quella di Tir a Roma, film di fiction girato con tecniche e linguaggio documentaristici – è stata lungamente auspicata in convegni frequentati soprattutto da addetti ai lavori e pare al momento inarrestabile. Probabilmente, come avvenne nel secondo dopoguerra per il Neorealismo, le ragioni sono da rintracciarsi in un’etica dell’estetica legata a doppio filo alle ristrettezze economiche di questa epoca, che colpiscono con maggiore acrimonia la produzione cinematografica così come il settore culturale tutto. Ma il nostro cinema documentario non è affatto “povero” né di idee né di immagini forti, potenti, esteticamente belle, anche quando lavora – come accade nella maggior parte dei casi – con il formato digitale. Lo hanno ampliamente dimostrato molti dei documentari presentati al Festival di Torino nella sezione TFFdoc a partire da Striplife (in Italiana.doc), lavoro collettivo forse anche troppo curato nelle immagini, che offre un resoconto frammentario della vita quotidiana nella Striscia di Gaza, ma ancora di più ce lo ha rivelato Stop the Pounding Heart di Roberto Minervini, documentario inserito in Internazionale.doc (dove ha vinto il Premio Speciale della Giuria) e nato da una co-produzione tra Usa, Belgio e Italia.

Vera e propria elegia visiva che trova le sue radici nella storia ma anche nell’arte figurativa statunitense, il film di Minervini, terzo capitolo dopo The Passage e Low Tide di una trilogia texana, segue la vita quotidiana di Sara, quattordicenne primogenita di una famiglia dalla numerosa prole, che vive secondo i precetti della Bibbia. Educata in casa e consacrata a Dio e a suo padre fino al giorno del matrimonio, la ragazza compie nell’arco della pellicola un percorso costellato di dubbi, tremori e incertezze, che paiono scaturire dall’incontro con un coetaneo campione di rodeo.
Non di solo pedinamento zavattiniano vive dunque il film, dal momento che ne emerge con forza una traccia narrativa figlia del romanzo ottocentesco, con particolare riferimento alla letteratura educativa per fanciulle. Ma in questa provincia americana profonda e arcaica, persino i moti d’indipendenza che animavano le Piccole donne di Louisa May Alcott sembrano negati, come possiamo ben intendere dai discorsi educativi che la madre rivolge alle figlie femmine, volti a far loro accettare la condizione di subalternità che la natura e la Bibbia impongono loro: quella di costole di Adamo, create per servire l’uomo e a lui sottomettersi.

Accanto alla linea narrativa da romanzo di formazione scorre parallela l’altra anima di Stop the Pounding Heart, quella del documentario etno-antropologico, che si esprime nelle suggestive sequenze dedicate all’arte locale del rodeo o al tiro al bersaglio con fucile, rituale al quale non si sottrae nessuno, donne incinte comprese. Ma tutto questo è osservato dal regista senza l’ombra di un qualsivoglia giudizio, piuttosto con la consapevolezza di essere di fronte ai lacerti di un passato mitico e incancellabile, specie nell’America più rurale: quello della libertà religiosa di cui andavano in cerca i fondatori della nazione e quello di un’orgogliosa autarchia, che trae forza da un rapporto privilegiato con la natura.
Natura che rifulge in ogni immagine, ma che grazie ad una luce piuttosto fredda prodotta da un cielo spesso plumbeo, non diventa mai “da cartolina”. Piuttosto, Minervini sembra ricercare, attraverso i campi lunghi e poi i dettagli dei volti e degli animali, un’estasi panica che solo la durezza del lavoro quotidiano (la protagonista alleva le capre nella fattoria dei genitori) riesce a offuscare. Non solo, la Storia è tra le fonti d’ispirazione di Minervini, ma anche l’arte figurativa statunitense, dal momento che nel suo film riecheggia un’iconografia pittorica che va da Grant Wood e Frederic Remington, e che è già utilizzata, tra gli altri, da Terrence Malick in particolare in I giorni del cielo. Sempre al regista texano viene da pensare di fronte a queste inquadrature dalla bellezza complessa, raggelata, dove l’afflato panteista e quello religioso (caratteristici in particolar modo della filmografia più recente di Malick) sembrano trovare un punto d’incontro.
Sono molte le domande che attraversano la mente dello spettatore di Stop the Pounding Heart e non sono solo questioni di pedagogia o di integralismo religioso. Viene voglia infatti di saperne di più, del destino della protagonista così come del lavoro svolto da Minervini al suo fianco, dell’intimità che ha costruito con la sua famiglia e della commistione – se c’è stata – tra realtà e finzione.
Di certo si auspica che di fronte a queste inquadrature pulsanti di vita, di storia, di narrazione qualche dubbio possa anche definitivamente infrangersi e che la critica italica più paludata possa alfine concordare sul fatto che il documentario è soprattutto (grande) cinema.

Info
Stop the Pounding Heart sul sito del Festival di Cannes.
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