Intervista a Shinya Tsukamoto
Durante il Festival di Locarno del 2005, nel quale veniva presentato Haze sia nella sua versione corta che in quella estesa, abbiamo avuto l’occasione di intervistare Shinya Tsukamoto, tra i maestri del cinema giapponese contemporaneo.
Diciamo la verità: intervistare un personaggio basilare del cinema contemporaneo come Shinya Tsukamoto non è cosa che capita tutti i giorni. Per questo, durante il Festival di Locarno 2005, gli abbiamo chiesto di concederci un’intervista, freschi della visione dello straordinario Haze, pensando di doverci accontentare di un rapido scambio di battute. Con estrema gentilezza invece Tsukamoto ci ha concesso un’intervista in esclusiva, comodamente seduti al bar. Noi comunicavamo le domande in inglese all’interprete che ci traduceva poi le sue risposte: anche per questo, probabilmente, alcuni dei nostri interrogativi non hanno trovato piena soddisfazione, ma di materiale interessante ce n’è, a nostro modesto avviso…
In Haze continui a interessarti alla metamorfosi del corpo umano. All’inizio della tua carriera prediligevi la messa in scena di un corpo in espansione, come in Tetsuo, dove il corpo si espandeva grazie a materiali inorganici; ora invece sembri più interessato a un corpo costretto a difendersi da un pericolo, qualcosa che possa mutilarlo, come anche in A Snake of June, Vital o Gemini. A cosa attribuisci questa scelta autoriale?
Shinya Tsukamoto: È vero, la disamina è giusta. Ma io non vedo sinceramente troppa differenza tra i vari film: in Tetsuo ad esempio la necessità di lavorare su una messa in scena di quel tipo era data dal fatto che stavo comunque girando un’opera di fantascienza, e non potevo certo eludere da determinati cliché. Ma in realtà ciò che mi interessava allora e mi interessa ancora oggi è cercare di ragionare sul rapporto tra l’uomo e le megalopoli nelle quali vive. Io sono di Tokyo, e so che il rapporto tra la mente e il corpo umano e ciò che lo circonda è estremamente conflittuale, come ho cercato di evidenziare in A Snake of June, ad esempio. Ma non esiste una cesura netta, in realtà, tra le varie opere: tutte parlano della stessa cosa, di questo mondo soffocante nel quale l’uomo moderno si trova schiacciato, e deve cercare di resistere. Sul serio, non c’è differenza tra i miei film.
Perché ti interessi all’essere umano più come corpo che come interiorità? Per quale motivo i tuoi personaggi sono soggetti fisici piuttosto che psicologici, per esempio?
Shinya Tsukamoto: È vero che metto in scena dei corpi, ma al tempo stesso cerco di usarli in maniera espressiva per far sì che sia possibile riconoscergli una completezza fisico/psicologica. Vivendo nelle città a volte ci si dimentica di essere qualcosa più di un semplice corpo e ci si comporta come se si fosse privi di una mente, come se non si fosse veramente esseri umani.
Nella prima parte di Haze si ha l’impressione che il labirinto claustrofobico nel quale si trova il personaggio sia un luogo interiore…
Shinya Tsukamoto: (risata compiaciuta, N.d.A.) Sì, è un’interpretazione corretta.
Ora una domanda sull’uso del digitale in Haze: hai sempre lavorato con molti formati diversi, come ad esempio il 16 mm, ma che differenza comporta l’uso della pellicola o del digitale per quel che concerne il tuo lavoro di regista?
Shinya Tsukamoto: Il punto fondamentale che differenzia la videocamera dalla pellicola è l’uso che ne puoi fare. Il video è un supporto molto leggero, facile da usare, piccolo, il che ti permette una libertà di movimento molto maggiore. Al contrario la pellicola è pesante, e i tempi di lavorazione sono molto più lenti, mentre con un mezzo maneggevole come la videocamera puoi cambiare punto di vista durante le riprese con facilità e quindi provare e riprovare e riprovare da vari punti differenti. In questo è molto interessante.
Pensi di lavorare ancora con il digitale?
Shinya Tsukamoto: Beh, l’esperienza con la videocamera è stata molto vantaggiosa, ma non mi preoccupo troppo del fatto se la userò o meno ancora. L’importante è che lavori al mio meglio, con o senza videocamera.
Alla presentazione di Haze hai affermato che questo non si tratta del tuo primo film girato in digitale, ma francamente non ce ne vengono in mente altri…
Shinya Tsukamoto: Oh, questo perché non credo che il film sia uscito nel vostro paese: è stato prodotto solo per il Giappone e per il mercato di Hong Kong. È un film che si intitola Female e l’episodio che ho girato io si chiama Tamamushi. (Per la cronaca, gli altri episodi sono stati girati da Ryuichi Hiroki, Matsuo Suzuki, Miwa Nishikawa e Tetsuo Shinohara, N.d.A.)
Ci piacerebbe sapere qualcosa sull’uso che fai del colore nei tuoi film. Passi dal bianco e nero più sporco a quasi una sorta di monocromo, e in Haze suddividi il film in due blocchi, uno dai colori molto tenui e l’altro dai colori forti. Come organizzi il lavoro intorno al colore?
Shinya Tsukamoto: Il colore è sempre un elemento fondamentale di un film, tanto che è impossibile separarlo dal risultato finale. In questo film avevo bisogno di una luce blu, opprimente, e poi il colore della carne, della carne umana e il rosso, che sono gli elementi caratterizzanti in questo film.
Ma in questo ti ha aiutato il digitale? Che differenza ci sarebbe stata se avessi usato la pellicola?
Shinya Tsukamoto: La differenza fondamentale è il colore; con la videocamera è molto più manipolabile, tutto qui. È più semplice manipolare il colore.
Hai sempre sotto controllo tutti gli aspetti dei tuoi film (regia, fotografia, scenografia, montaggio). Come sei giunto a questa scelta? E, in particolare, come ti sei trovato a recitare per colleghi come Takashi Miike e Takashi Shimizu?
Shinya Tsukamoto: Questo è un punto molto importante, perché è molto diverso recitare per se stessi o per altri. Quando sono su un mio set mi viene naturale recitare, anche perché lavoro molto su me stesso, svolgo molti ruoli durante la lavorazione di un film. Ma recitare per qualcun altro è sempre qualcosa di molto… Molto difficile… Molto faticoso. A me piace tenere sotto controllo ciò che sto facendo, e quando giro per altri ovviamente non posso. Non so bene come spiegarlo, ma è completamente differente recitare per se stessi o per qualcun altro.
Un’ultima domanda: quali film sono alla base del tuo lavoro?
Shinya Tsukamoto: Oh, di fronte ai film sono come un bambino. In realtà ritengo che ogni film possa avere qualcosa di interessante… Ogni film ha un punto che ti potrà servire in futuro.
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