The Paper Will Be Blue
di Radu Muntean
L’opera seconda di Radu Muntean, The Paper Will Be Blue racconta i tre giorni dell’insurrezione popolare rumena contro il regime di Ceausescu. In concorso a Locarno 2006.
I tre giorni che sconvolsero il mondo
Nel dicembre del 1989 in Romania scoppia la rivoluzione. Il 21 la popolazione, chiamata a sostenere Ceausescu – il cui potere è reso fragile da un’opposizione sempre più forte – schernisce il dittatore e l’esercito apre il fuoco sulla folla. A Bucarest è l’inizio dell’insurrezione. L’indomani, in tutto il Paese viene proclamato lo stato d’emergenza. Dopo violenti scontri, i manifestanti e l’esercito si alleano e Ceausescu lascia il potere. Gli subentra il Fronte di Salvezza Nazionale. Nonostante l’esercito aderisca al FSN, a Bucarest alcuni militari continuano i combattimenti fino alla notte del 23 dicembre. Il film inizia all’alba, quando un veicolo militare si ferma a un posto di blocco e due uomini in uniforme scendono a fumare una sigaretta. La comunicazione tra gli uomini in transito e il gruppo di militari che sorveglia il posto di blocco è difficoltosa; le guardie, sotto tensione, aprono il fuoco e uccidono tutti i passeggeri del mezzo blindato, senza neanche sapere se le vittime fossero dei loro. A questo punto il racconto torna alla notte precedente la tragedia. L’auto militare attraversa la città. Gli uomini a bordo non sanno se sostenere o combattere i terroristi che sembrano aver preso d’assalto gli studios della TV nazionale; all’interno dell’abitacolo si scambiano i loro punti di vista su una rivoluzione che non riescono a comprendere. [sinossi]
La rivoluzione non è un pranzo di gala,
non è una festa letteraria,
non è un disegno o un ricamo,
non si può fare con tanta eleganza,
con tanta serenità, con tanta grazia e cortesia…
la rivoluzione è un atto di violenza
Mao Zedong
Anche la Romania, come tutti gli stati che gravitavano intorno al Patto di Varsavia, ha avuto sul finire degli anni ottanta i suoi giorni che sconvolsero il mondo; per l’esattezza furono tre, andarono dal ventuno al ventitré dicembre del 1989 e segnarono di fatto il crollo del governo dittatoriale di Nicolae Ceausescu. In questi pochi giorni raggiunsero l’apice le rimostranze della popolazione, spinta in strada da un’opposizione che si faceva via via più forte mentre di pari passo l’architettura governativa mostrava le falle del suo sistema con evidenza sempre maggiore.
È in questo clima di instabilità e di violenza diffusa che si inserisce Hirtia va fi albastra (The Paper Will Be Blue), opera di Radu Muntean presente nella Compétition internationale al Festival di Locarno 2006. Il giovane cineasta rumeno, che firma anche la sceneggiatura insieme a Razvan Radulescu e Alexandru Baciu, mette in scena la rivoluzione con una scelta a dir poco coraggiosa: non si ha mai una vera e propria ricostruzione storica, non ci è mai permesso di avere uno sguardo d’insieme sui drammatici eventi di quelle ore.
La vicenda narrata segue solamente il vagare per le strade di Bucarest di un giovane militare che diserta per unirsi alla popolazione e della sua unità che cerca di riportarlo indietro per evitargli (ed evitarsi) le sanzioni a cui andrebbe incontro in caso di arresto. In poco più di un’ora e mezza tutto ciò che ci viene mostrato della rivoluzione è qualche scaramuccia e il caos totale; probabilmente questa scelta estetica è quanto di più vicino alla realtà si possa immaginare, ma concorderete con noi quando affermiamo di leggervi all’interno un’originalità rispetto a quanti, nel corso della storia del cinema, si sono cimentati con stravolgimenti politici di vario genere.
The Paper Will Be Blue non guarda la rivoluzione dall’alto, ma non la osserva neanche dal buco della serratura, osando piuttosto qualcosa di estremamente differente: non la vede, ne legge gli avvenimenti in maniera del tutto laterale.
Lascia che sia il paradossale incedere grottesco (naturalmente grottesco, che nessuna propensione all’artificio drammatico si palesa nel corso dell’opera) delle sequenze a evidenziare quelli che furono con ogni probabilità momenti fuori da ogni regola e da ogni raziocinio, costruendo almeno tre momenti di altissimo cinema: il primo è la telefonata incrociata che fa parlare alcuni esponenti della milizia con la madre del protagonista, prima che genitrice e figlio possano discutere tra loro e che il comandante del ragazzo discuta con i miliziani la liberazione del giovane. Il secondo è la lunga sequenza in casa del ragazzo, con la madre che in attesa di notizie sul figlio propone enormi quantità di cibo ai suoi commilitoni, e il terzo è la rilassata discussione musicale fra i militari chiusi nel carro blindato (con i nomi di Adamo, Falco e la Lambada che si mescolano a eroi del pop rumeno) che anticipa la tragedia finale. Tutte e tre le scene sono risolte con lunghi piani sequenza girati con la steadycam, escamotage visivo che è il tratto peculiare dell’intera pellicola: piani sequenza dunque parzialmente instabili, così come lo stato emotivo che accompagna i protagonisti. Quale parte bisogna scegliere? E come ci si deve comportare con coloro che sono rimasti dall’altra parte della barricata? E come si fa davvero a fidarsi gli uni degli altri?
Domande forse addirittura retoriche ma che colgono nel segno e accomunano gli sconvolgimenti politici di Bucarest e dintorni a qualsiasi altra rivoluzione della storia dell’umanità. Muntean mostra l’assoluta quotidianità di coloro che vissero quei giorni della furia, la loro incoscienza (il militare figlio di contadini che telefona a casa e dopo aver esordito con un serafico “va tutto bene…c’è una rivoluzione” chiede al padre se ha già macellato il porco che servirà da cena per il veglione di Capodanno), la loro paura, i loro sogni, e non li giudica mai.
Perché qui non siamo di fronte alla necessità di portare allo scoperto pagine oscure della storia del proprio paese – come poteva essere valido, per esempio, nell’ottimo L’Après-Midi d’un tortionnaire di Lucian Pintilie –, e non c’è la voglia di andare a scovare i perché della rivolta; il racconto di Muntean non ha alcunché di morale e giudicante, ma vive il desiderio piuttosto di una riflessione a vent’anni di distanza su quell’istante che a suo modo segnò come pochi altri la storia della Romania.
Senza lucidità, perché non avrebbe avuto senso ricercarla in un frammento di storia così spudoratamente umorale, e forse con l’amarezza di chi sa che i sogni sono destinati a infrangersi alle porte dell’alba (e proprio nelle prime ore del mattino si sviluppa il finale, che è poi anche l’inizio visto che il film si sviluppa in una struttura circolare), ma con un amore per il proprio popolo – sì, ci sentiamo di evidenziarlo questo termine – che conquista e ci fa considerare The Paper Will Be Blue una delle più belle sorprese festivaliere dell’anno. Complimenti a Muntean, che leggiamo dalle note del catalogo essere regista specializzato in videoclip e in spot pubblicitari ma che qui regala una direzione cinematografica essenziale e livida, come la Bucarest in attesa della luce che chissà se arriverà mai…
Info
Il trailer di The Paper Will Be Blue.
- Genere: drammatico
- Titolo originale: Hirtia va fi albastră
- Paese/Anno: Romania | 2006
- Regia: Radu Muntean
- Sceneggiatura: Alexandru Baciu, Radu Muntean, Răzvan Rădulescu
- Fotografia: Tudor Lucaciu
- Montaggio: Alexandru Radu
- Interpreti: Adi Carauleanu, Alexandru Georgescu, Alexandru Potocean, Andi Vasluianu, Dana Dogaru, Dragos Bucur , Ion Sapdaru, Mimi Branescu, Paul Ipate, Tudor Istodor
- Produzione: Multimedia Est
- Durata: 95'

STEFANO VALSECCHI 20/01/2019
Sarebbe bello che un giorno qualche film, invece, raccontasse una storia vera sul “golpe di Stato”, e non come invece anche voi sempre sostenete della “Rivoluzione (ma da “Cinecittà” come ha giustamente sostenuto uno storico), come quella avvenuta nel 1989 in Romania. Chissà se Herzog, ma ho dei grossi dubbi, intervistando Gorbachev gli ha posto una domanda su quegli avvenimenti, dato che è stato uno dei maggiori responsabili di quel colpo di stato, con 2000 comunisti fedeli al partito assassinati, come i coniugi Ceausescu.
Grazie per l’attenzione.
Stefano Valsecchi