Il primo giorno d’inverno

Il primo giorno d’inverno

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Il primo giorno d’inverno segna l’esordio nel lungometraggio di Mirko Locatelli, apprezzato regista di corti. Presentato a Venezia nel 2008.

Adolescenza inquieta

Valerio è un adolescente solitario che non riesce a vivere la sua meravigliosa età come molti coetanei: si limita a osservare i suoi compagni tentando di imitarli e di trovare dei pretesti per comportarsi come loro, rimanendone però distaccato. Cerca e rifugge la loro presenza in un incessante e ambivalente confronto, e si isola dal mondo che lo circonda ritirandosi nella natura, nel cielo, nel fiume, negli alberi. Un giorno, all’improvviso, un evento inaspettato sconvolge la sua vita inducendolo a compiere un errore fatale. È appena trascorsa la notte più lunga dell’anno e il ragazzo, con molto coraggio, va incontro alla sua punizione. Valerio verrà schiacciato dal peso della colpa e non sarà più lo stesso… [sinossi]

Il primo lungometraggio di Mirko Locatelli è sofferto come il titolo che si porta appresso. E se di solito un primo film – come ogni nuovo inizio – è sempre una primavera, ciò evidentemente non vale per Locatelli che si affida ad una stagione molto meno “facile”, anzi, dura e aspra come solo il freddo pungente dell’inverno sa essere. Ciò che ci impressionò in Crisalidi – il documentario che nel 2005 si portò a casa parecchi premi da molti festival italiani – riesce a emergere anche in quest’opera e già questo è un piccolo miracolo. La vita c’è, ecco, i personaggi che si muovono sullo schermo, seppur con gradazione e specifiche diverse, sono tangibili – cinematograficamente parlando – e questa è una caratteristica che il cinema italiano sta perdendo pian piano da anni. Il primo giorno d’inverno è popolato di vita (sfocata, a volte) ma è pur sempre vita. E sembra avere le idee molto chiare Locatelli nel raccontare questa storia d’iniziazione, questo romanzo di formazione dai toni freddi e apparentemente distanti: fin dall’inizio fa capire, infatti, che alcuni tratti, alcune risposte sui suoi personaggi non vuole darle, come se non fosse interessato a intessere storie ed accumulare situazioni (come spesso capita in un esordio…) così alla rinfusa. L’obiettivo è chiaro ed è Valerio, quel ragazzone alto dalla parlata lenta protagonista del film, un ragazzo che si domanda come sarà essere grandi con una voce bassa e rauca che tradisce una risposta ancora da trovare.

Tutto il resto a Locatelli non interessa, con tutti i problemi che una scelta del genere può portare (su tutti, alcuni personaggi che restano solamente abbozzati, la madre per esempio), però con la coerenza di aver preso una strada e averla seguita fino in fondo. Ci sarà tempo e modo per costruire narrazioni più complete e stratificate, per ora basta aver affrontato questa piccola grande battaglia che è l’adolescenza, forse la più dura della vita. Locatelli probabilmente aveva il timore di abbandonare il suo personaggio ad un destino cui non era pronto e allora lo ha seguito e lo ha continuato a seguire mentre questi a piedi o in motorino provava a muoversi e a sbagliare, come è giusto che sia. In questo, Valerio e il regista, hanno percorso un sentiero insieme, intimo e unico come solo quello che lega un personaggio al suo creatore può essere.

Info
Il presskit de Il primo giorno d’inverno in formato PDF.
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