Il passato è il mio bastone

Il passato è il mio bastone

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Qualcosa non torna alla fine dei 43 minuti de Il passato è il mio bastone, presentato a Venezia 2008 alle Giornate degli Autori: è divertente assistere agli sforzi dei vari critici che si susseguono davanti alla videocamera, ma alla fin fine il gioco rischia di farsi vagamente sterile.

Chi critica la critica

Siamo partiti per realizzare un extra da inserire nel nostro primo dvd Ottimismo Democratico, una raccolta di cortometraggi in bianco e nero da noi girati tra il 1990 e il 1999. Poi, dopo averlo montato con cura insieme a Barbara Faonio, l’extra si è trasformato a nostra insaputa in documentario. Oltre la fisicità che ci appartiene, emerge quella dei critici cinematografici che si sono gentilmente prestati al gioco… [sinossi]

Tra le (non troppe) certezze che abbiamo riguardo al cinema italiano contemporaneo, i nomi di Antonio Rezza e Flavia Mastrella si trovano a sgomitare senza alcun dubbio tra le primissime file: siamo infatti convinti che la loro produzione (di lungometraggi, di corti, ma anche quella teatrale e televisiva) rappresenti una splendida anomalia non solo nel perimetro dello stivale ma anche confrontandolo a livello europeo e mondiale. Una poetica della crudeltà, così straordinariamente capace di sposare Antonin Artaud a Tristan Tzara, con ipotesi surrealiste e lettriste – e dunque situazioniste, ça va sans dire – pronte a farsi largo in più occasioni, che non assomiglia a nulla di ciò che ha preceduto la coppia e non ha finora trovato epigoni degni di questo nome. Anche a causa delle altissime aspettative che abbiamo nei confronti di Rezza e Mastrella e della loro arte troviamo che un lavoro come Il passato è il mio bastone nasconda tra le proprie pieghe il pericoloso germe della comodità; certo, riconosciamo al mediometraggio l’ironia insita nell’idea stessa di un autodocumentario che metta sotto torchio la critica e la trascini gioco forza sotto la luce dei riflettori, in un ribaltamento della prassi che appartiene – questo sì – al gesto iconoclasta proprio delle opere precedenti del duo nettunese.

Ciononostante c’è qualcosa che non torna alla fine dei 43 minuti di cui è composto Il passato è il mio bastone (frase che riprende un celebre distico di De Civitate Rei, soap-opera medioevale realizzata nel 1994), e sul quale ci siamo arrovellati non poco al termine della visione prima di riuscire a individuarlo: è divertente assistere agli sforzi dei vari critici che si susseguono davanti alla videocamera, ma alla fin fine il gioco rischia di farsi vagamente sterile. I vari Ferzetti, Ghezzi, Silvestri, Morandini e via discorrendo sono più o meno a loro agio nel doversi rivolgere alla videocamera sghemba e fuori bolla di Rezza/Mastrella, ma si tratta pur sempre di un lavoro “in amicizia”: sarebbe stato più interessante, e più sanamente provocatorio, cercare di lavorare con critici che non vivono in maniera così diretta e/o partecipe l’operato del duo. Allora il discorso teorico si sarebbe senza dubbio irrobustito, e Il passato è il mio bastone avrebbe acquistato un valore ulteriore, invece di restare il semplice divertissement che è ora. A destare realmente interesse giungono, invece, i dietro le quinte dei cortometraggi: nell’avere sotto gli occhi la scelta autarchica e la prammatica di set del tutto estranea a qualsivoglia regola scritta, si può realmente comprendere – qualora non fosse ancora chiaro – il valore destabilizzante, quasi terrorista, che l’esperienza autoriale di Flavia Mastrella e Antonio Rezza rappresenta per il cinema mondiale. Nelle immagini dei vari Il piantone (per chi scrive, tra i cortometraggi più geniali della storia del cinema), Suppietij, Fiorenzo, Hai mangiato? ecc. si muove un cinema inafferrabile, eretico, rigorosamente autarchico. Qualcuno si sente in dovere di criticarlo?

Info
Il trailer de Il passato è il mio bastone.
La scheda de sul sito delle Giornate degli Autori.

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