La canarina assassinata

La canarina assassinata

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Opera prima di Daniele Cascella, già aiuto regista per Scola, Tornatore e Ricky Tognazzi, La canarina assassinata esce sufficientemente dagli schemi, facendo sì che l’ironia di fondo del plot si fonda con altri elementi, almeno in parte inconsueti. Il titolo alquanto buffo fa il verso a un libro inventato di cui sentiamo discutere nel film e che si riflette in una spassosa locandina stile Giallo Mondadori.

Sogno cinema

Un produttore cinematografico, noto per la sua spregiudicatezza e per la sua mancanza di scrupoli, trova fortunosamente una location a buon mercato per un film da far dirigere a un regista non più giovane ma dalla coscienza immacolata: una splendida villa immersa in un parco del viterbese. Quando il produttore, insieme ad alcuni attori e al regista, si trasferisce nella villa per la preparazione del film, incontra la proprietaria, Anna, una donna sofisticata, non più giovanissima ma ancora molto bella, che vive sola nella villa in compagnia del suo enigmatico maggiordomo, Raffaele. La finzione del mondo del cinema riverbera negli atteggiamenti e nei rapporti dei suoi protagonisti rivelando senza pietà la sua incresciosa bassezza. Ma la vita vera, quella che dovrebbe essere rappresentata da Anna e da Raffaele, si rivelerà non meno finta di quella cinematografica: gli ospiti cinematografari non sono lì per caso… [sinossi]

C’è addirittura un Nuovo Cinema Paradiso, dimensione ultraterrena di serie B riservata beffardamente ai cineasti italiani, nel prologo onirico in cui si trova a vagare Franco, regista in crisi interpretato da Ignazio Oliva mixando, nella maniera a lui più congeniale, il carico di disillusione offerto dal ruolo e una naturale predisposizione per i caratteri introversi, prigionieri del proprio mondo interiore. Sin dalle prime sequenze il film dell’esordiente Daniele Cascella, con alle spalle esperienze di aiuto regista per Scola, Tornatore e Ricky Tognazzi, non lesina critiche al mondo dei cinematografari nostrani, palesando così una tentazione e un rischio: la tentazione di allestire un pungente affresco meta-cinematografico, il rischio che tutto alla fine si risolva nel solito piagnisteo. Per fortuna La canarina assassinata, titolo alquanto buffo che fa il verso a un libro inventato di cui sentiamo discutere nel film e che si riflette in una spassosa locandina stile Giallo Mondadori, esce sufficientemente dagli schemi, facendo sì che l’ironia di fondo del plot si fonda con altri elementi, almeno in parte inconsueti.

Come abbiamo lasciato intendere, le premesse non sono di quelle che fanno trasecolare, forte è il timore che tutto rientri nella classica denuncia di un cinema italiano abbandonato a se stesso e incapace di sopravvivere alle pressioni di sordidi interessi e produttori senza scrupoli. Il tono, però, non è quello delle geremiadi preconfezionate. La stralunata pellicola di Daniela Cascella sembra procedere per sbalzi di umore, adeguando il suo spirito ai farseschi colpi di scena che accompagnano la lavorazione di un film senz’anima, la cui location è quasi un personaggio aggiunto; già, perché la schiva proprietaria della villa affittata a Franco e alla sua troupe, una piacente signora di mezza età, costituisce insieme al fedele e scaltro maggiordomo una strana coppia su cui aleggia quella coltre di mistero, da cui si possono intuire rapporti non meno indecifrabili col produttore cinico, squallido, menefreghista, che sta progressivamente allontanando Franco dalla retta via del cinema d’autore. La villa con ampio parco e stanze degli ospiti a profusione diviene così non solo set cinematografico, ma anche mutevole riferimento topografico, palcoscenico di una grottesca commedia che riesce di tanto in tanto a sorprendere col suo incedere naif. Tra rivelazioni ottenute attraverso i tarocchi e omaggi a uno stuntman morto in circostanze tragiche, tra tresche clandestine e improbabili sgallettate cui viene promessa la parte previa raccomandazione di qualche politicante ammanicato, tra rinunce artistiche e improvvisi scatti d’orgoglio, lo stralunato plot de La canarina assassinata continua ad accumulare indizi che vanno sì in direzione della satira verso lo status comatoso di certo cinema italiano, senza escludere però l’inserzione di altri generi, dalla semplice parodia (con la doccia di Psycho rivisitata senza falsi pudori) al giallo rosa d’altri tempi.

Ecco, col mondo del cinema sempre nel mirino, può semmai sconcertare il fatto che l’opera di Cascella sembri, proprio nei momenti migliori, una specie di teatro filmato. L’impressione è rafforzata dalla bravura dei singoli, che sanno divertire senza eccedere nel macchiettismo; pescando quasi a caso in un cast ben amalgamato vale la pena di citare almeno Chiara Conti, Bruno Armando, Michele De Virgilio, Caterina Vertova, Paolo De Vita e Emilio Bonucci. Quasi una compagnia itinerante invitata a folleggiare nelle stanze e nel giardino della villa, grazie anche alla scioltezza dei dialoghi, scritti con brio e leggerezza assolutamente desueti; il che ci porta a evidenziare il ruolo del soggetto concepito a suo tempo da Alessandro Ninchi, scomparso nel 2005. Un altro apporto creativo, seppur relegato a poche scene, su cui non possiamo assolutamente glissare, è quello del grande Remo Remotti. Nei frammenti onirici del film lo vediamo gigioneggiare quale insuperabile Dio del Cinema. Per lui standing ovation garantita.

Info
Il trailer de La canarina assassinata.

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