Alieni in soffitta

Alieni in soffitta

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Se si esclude la parentesi padre-figlio, persino stucchevole nel suo scontro reiterato, Alieni in soffitta può esser preso per un divertissement piacevole, capace di eludere la trappola del sentimentalismo e di concedersi qualche breve eversione di crudeltà.

Children vs. Aliens

Il mondo è minacciato dall’invasione di una razza aliena, che, con le armi che le permettono di controllare la mente, ha intenzione di conquistare tutto il mondo. I piccoli Tom e Jake, insieme ad altri loro parenti, scoprono che queste armi non hanno alcun effetto sui giovani, ma solo sugli adulti. Capiranno, allora, che la salvezza del mondo e della specie umana sta tutta nelle loro mani, e si daranno da fare… [sinossi]

Nella perniciosa (cinematograficamente parlando) stagione estiva, capita non di rado di imbattersi in opere lanciate sul mercato nostrano più per “dovere contrattuale” che per reale desiderio di esporne le grazie al pubblico: è così che ci si ritrova a fare i conti con film senza arte né parte, spesso e volentieri indifendibili. Storia vecchia e conosciuta, sul quale non è neanche il caso di soffermarsi più del dovuto, ma che ci permette di entrare a pie’ pari nella disamina di Alieni in soffitta.

In effetti il film diretto da John Schultz (già cinque lungometraggi alle spalle, nessuno di particolare rilievo, se si eccettua – in parte – l’esordio Bandwagon, anno domini 1996) appare a prima vista come il paradigma perfetto del discorso intrapreso poc’anzi: storia per famiglie (stra)vista, che ruba a piene mani tanto dai film Disney con protagonisti infanti o giù di lì quanto da E.T. (senza la deflagrante componente favolistica) e Mars Attacks! (senza il sublime cinismo messo in mostra da Tim Burton), e che non ha grandi speranze di poter attecchire sul pubblico della penisola, non fosse altro per l’infame data di uscita, un Ferragosto torrido che più torrido non si può che chiunque ne abbia le possibilità cercherà di passare spalmato su qualche spiaggia o sperduto tra le montagne, e per la presenza di mastodonti a impedirne il successo al botteghino – con gli ultimi fuochi di gloria di Harry Potter e il Principe mezzosangue e l’alba de L’era glaciale 3-D ad approssimarsi. Eppure qualcosa da salvare in questo Alieni in soffitta c’è, e sarebbe davvero ingiusto non riconoscerglielo. Abbiamo detto della prevedibilità di scrittura, con la ripresa di uno dei topoi del cinema vacanziero a stelle e strisce, vale a dire il viaggio in famiglia come panacea contro i mali proliferati per via del gap generazionale, e non possiamo fare altro che ribadirlo: tutti gli sviluppi sinottici che vi verranno in mente dopo le prime cinque inquadrature si riveleranno, siamo pronti a scommetterlo, straordinariamente precisi. Dopotutto la marcata tipizzazione dei personaggi (il giovane genio incompreso, lo stupido e ricco bullo, il cugino strafottente ma leale, la dolce bambina, i gemellini iper-tecnologici) non può che muovere l’intero corso della pellicola su binari a dir poco frequentati nel corso degli ultimi trent’anni.

Ma torniamo all’eppure con cui aprivamo una frase solo poche righe or sono; al di là dei suoi difetti endemici – ma sarebbe più esatto parlare di mediocritas alla base dell’idea fondante della pellicola – Alieni in soffitta è una commedia dal ritmo decisamente sostenuto, sorretta da un cast scelto con la dovuta cura e in cui spiccano l’istrionico Robert Hoffman e il gruppo di bambini capitanati da quel Carter Jenkins di cui prediciamo glorie dai tempi delle sue fugaci apparizioni in serial come Scrubs ed Everwood; la battaglia che infuria tra le mura domestiche, con i bimbi che si trovano a fronteggiare un manipolo di agguerriti ma in fin dei conti scalcinati alieni decisi a conquistare il mondo, ha dalla sua un ché di epica buffonesca che non può non cogliere di sorpresa anche lo spettatore più smaliziato, portandolo alla risata. L’idea di far lavorare i bambini sul loro “territorio”, con tanto di combattimenti condotti a forza di joypad, con gli adulti scelti in qualità di personaggi della disputa, nasconde in sé una lettura dell’epoca dell’ultravisione tutt’altro che banale: certo, si obietterà che si tratta di un’analisi estranea alle volontà primarie del team di sceneggiatori, ma queste sono francamente capziosità che lasciano il tempo che trovano. Se si esclude la parentesi padre-figlio, persino stucchevole nel suo scontro reiterato e destinato, ça va sans dire, a una riconciliazione finale, Alieni in soffitta può esser preso per un divertissement piacevole, capace di eludere la trappola del sentimentalismo e di concedersi qualche breve eversione di crudeltà – solitamente concentrata contro il personaggio di Ricky, viziato e subdolo ragazzo di buona famiglia – mai dannosa, e non così prevedibile in una produzione di questo tipo.

Nel complesso se avete la sfortuna di dover trascorrere il Ferragosto in città, con lo sguardo invidioso a inseguire le file di automobili in fuga verso lidi meno metropolitani, non snobbate con troppa sicurezza Alieni in soffitta: potreste pentirvene.

Info
Il trailer di Alieni in soffitta.

  • Alieni-in-soffitta-2009-John-Schultz-01.jpg
  • Alieni-in-soffitta-2009-John-Schultz-02.jpg

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