I 100 anni dalla nascita di Akira Kurosawa
Il 23 marzo del 1910 il grande cineasta giapponese nasceva a Ota. Pochi registi hanno segnato così in profondità l’immaginario collettivo come Akira Kurosawa, di cui oggi si festeggia il centesimo anniversario della nascita.
Al di là dell’immenso valore artistico attribuibile alle sue opere (31 lungometraggi distribuiti in cinquant’anni di carriera), il ruolo svolto da Akira Kurosawa nello sdoganamento del cinema giapponese in occidente è di primaria importanza. Quando Rashomon, uno dei suoi più acclamati capolavori, approdò al Lido di Venezia per partecipare alla 16ª Mostra internazionale d’arte cinematografica nel 1951, il pensiero comune lo leggeva più che altro come una bizzarria esotica. Nessuno, probabilmente, aveva previsto la vittoria del Leone d’Oro. Da allora i rapporti tra l’Europa cinefila e il Giappone andarono via via consolidandosi, permettendo a un’intera generazione di registi di ricevere la dovuta visibilità.
A distanza di cento anni dalla nascita di questo gigante del cinema mondiale, è impossibile non riconoscerne la statura storica, oltre che artistica. I suoi capolavori, che mescolano spesso con estrema sapienza l’archetipo culturale nipponico con quello occidentale – si pensi allo Shakespeare riletto in chiave No dell’immenso Il trono di sangue (1957) e alla fusione tra la figura di Mori Motonari e Re Lear in Ran (1985) -, rimangono pietre miliari di un mondo in evoluzione, simbolo di una terra passata dalla deificazione dell’imperatore alle lotte di classe del 1968. Ma ciò che probabilmente è più rilevante è che, nel chiederci cosa avrebbe girato oggi Kurosawa (a undici anni dalla sua morte), ci rendiamo conto che la contemporaneità in realtà ce la sta ancora descrivendo, con i suoi film. Come tutti i grandi registi.