Silent Souls
di Aleksei Fedorchenko
L’impressione è che Silent Souls segni un punto fondamentale all’interno della carriera del cineasta di Orenburg (ai confini con il Kazakhstan, area ricca di culture ed etnie), che riesce a coniugare una sceneggiatura ispirata, tratta da un racconto di Aist Sergeyev, a una messa in scena rigorosa e allo stesso tempo straordinariamente altra rispetto alla prassi. Silent Souls è stato presentato in concorso a Venezia 2010.
Elegia dell’amore
Alla morte dell’adorata moglie Tanya, Miron chiede al suo migliore amico, Aist, di aiutarlo a dirle addio secondo i rituali della cultura Merya, un’antica tribù ugro-finnica del lago Nero, pittoresca regione della Russia centro-occidentale. Nonostante la popolazione Merya sia stata assorbita da quella russa nel XVII secolo, i suoi miti e tradizioni si sono perpetuati nella vita moderna. I due uomini partono per un viaggio che li porterà per migliaia di chilometri attraverso terre sconfinate. Assieme a loro, due piccoli uccelli in gabbia. Lungo la strada, Miron condivide i ricordi più intimi della sua vita coniugale. Ma quando raggiungono le rive del lago sacro dove si separeranno definitivamente dal corpo, Miron si accorge di non essere stato il solo ad amare Tanya… [sinossi – Venezia 67]
Memoria parla consolante
succedono le età meravigliose
C.S.I., Esco
La Grande Madre Russia, terra sconfinata, inespugnabile tanto ai tempi dello zar (quando tentarono l’invasione le truppe di Napoleone Bonaparte) quanto a quelli delle repubbliche sovietiche (a soccombere fu stavolta la Germania di Adolf Hitler), è composta da un numero infinito di etnie e culture, che la attraversano e la arricchiscono, pur finendo spesso per scomparire di fronte al potere dominante di Mosca e dei suoi dintorni. È in questo universo in disfacimento che in Silent Souls si muove l’automobile su cui viaggiano due uomini vivi e una donna morta: la donna è la moglie dell’autista, direttore di una cartiera industriale; colui che accompagna il vedovo è invece un fotografo. La meta del viaggio è il rito funebre per commemorare la defunta, come vuole la tradizione dei merya (o merja), popolo del ceppo ugro-finnico inglobato dalla cultura russa quattro secoli or sono. Ma le tradizioni non muoiono mai, al massimo si trasformano, e un’eco permane nei discendenti. Il viaggio di Miron e Aist (narrato con un’efficace ed emozionante voce fuori campo da quest’ultimo) non è solo la “solita” metafora dell’elaborazione del lutto, ma minuto dopo minuto, inquadratura dopo inquadratura, prende le forme di un attraversamento, funereo e rasserenante allo stesso tempo, di una terra in via d’estinzione, dispersa tra le lande desolate e i campi lunghissimi di un panorama formidabile e all’apparenza cristallizzato nello spazio-tempo.
È la Russia di cui solitamente non si parla, quella della regione della Kostroma, attraverso la quale scorre il fiume Neya, e dove la cultura merya aveva posto la sua capitale, la splendida Molochai o Sarskoye Gorodishche (“era per noi ciò che rappresenta Parigi per l’Europa”, sentenzia mestamente Aist) oramai diventata una delle tante periferie sperdute nella nebbia di Rostov Veliky. Ed è proprio il panorama, composto di campi lunghissimi e silenziosi, l’emblema stesso della messa in scena verso cui opta Aleksei Fedorchenko.
Giunto alla sua opera quarta per quel che concerne i lungometraggi di finzione, Fedorchenko è uno dei nomi più rappresentativi dell’attuale scena cinematografica russa, insieme ad Aleksei German jr. e a Kirill Serebrennikov: il suo esordio nel lungometraggio, l’esaltante mockumentary First on the Moon, passato nella sezione Orizzonti di Venezia cinque anni fa, faceva già intuire molto, sia sull’insubordinazione alla prammatica registica sia – soprattutto – sulla continua tensione verso la ricostruzione di una memoria. Se però il viaggio a ritroso si trasformava in First on the Moon in un divertissement, considerata l’assoluta irrealtà di quanto narrato, nel caso di Silent Souls il discorso si sposta in maniera sensibile. Non c’è fantasia nella memoria dei due protagonisti di questa pellicola, perché i merya esistevano, e forse in parte esistono ancora. Restano però invisibili ai più, esattamente come gli zigoli, i passerotti verdi e gialli che Aist porta con sé durante il viaggio: un viaggio costellato di pochi incontri, eppure così straordinariamente pieno di vita. Un film che parla di morte e di dissoluzione, ma si conclude con un’elegia dell’amore che lascia annichiliti, stravolti, perfino stupefatti. Un progetto, quello di Fedorchenko, che non si esaurisce certo qui: già il precedente Šošo, sua opera seconda, si muoveva in direzione di un recupero delle tradizioni ancestrali delle antiche popolazioni russe, e anche The Railway proponeva un curioso ibrido tra road-movie e situazioni al limite del surreale.
L’impressione, comunque, è che Silent Souls segni un punto fondamentale all’interno della carriera del quarantaquattrenne cineasta di Orenburg (ai confini con il Kazakhstan, altra area ricca di culture ed etnie), che riesce qui a coniugare una sceneggiatura ispirata, tratta da un racconto di Aist Sergeyev, a una messa in scena rigorosa e allo stesso tempo straordinariamente “altra” rispetto alla prassi.
Molte delle soluzioni visive scelte da Fedorchenko riescono a prendere di sorpresa anche lo spettatore più smaliziato: vedere per credere come viene risolta la scena d’amore tra i due errabondi e le ragazze incontrate sul ponte, o l’improvvisa irruzione del caos portato in automobile dalla fuga degli zigoli. Momenti di altissimo cinema, che si incollano letteralmente agli occhi e ne sfondano le orbite fino a raggiungere il nervo ottico, e a irretirlo. E quando, nel crescendo finale, la voce narrante arriva a toccare argomenti abusati e che si credevano immutabili, stravolgendoli in un punto di vista intimo, l’emozione deborda una volta per tutte.
In un concorso finora dagli esiti altalenanti e (cosa ancor più grave) abitato da opere spesso fredde e calcolatrici, Silent Souls rappresenta una boccata d’ossigeno necessaria. Breve e al contempo immarcescibile, come solo il vero amore – trascinato dalle acque della Neya – sa essere.
Info
Il trailer italiano di Silent Souls.
Il trailer originale di Silent Souls.
- Genere: drammatico, sentimentale
- Titolo originale: Ovsyanki
- Paese/Anno: Russia | 2010
- Regia: Aleksei Fedorchenko
- Sceneggiatura: Denis Osokin
- Fotografia: Mikhail Krichman
- Montaggio: Sergey Ivanov
- Interpreti: Artem Habibulin, Igor Sergeev, Ivan Tushin, Larisa Damaskina, Leisan Sitdikova, Olga Dobrina, Olga Gireva, Sergey Yarmolyuk, Viktor Gerrat, Viktor Sukhorukov, Vyacheslav Melekhov, Yulia Tushina, Yuliya Aug, Yuri Tsurilo
- Colonna sonora: Andrei Karasyov
- Produzione: Aprel MIG Pictures, Media Mir Foundation
- Distribuzione: Microcinema
- Durata: 75'
- Data di uscita: 25/05/2012

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