Oranges and Sunshine

Oranges and Sunshine

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Oranges and Sunshine è cinema dossier, è un trasparente reportage del “caso Humphreys” (più che del “caso Bindoon”), è la ricostruzione poco spettacolarizzata di un dramma e di un’ingiustizia di inquietanti proporzioni. Didascalico negli intenti, ma anche nella realizzazione, l’esordio di Loach jr. risente probabilmente della corposa esperienza televisiva, dimenticando a larghi tratti le possibilità espressive e linguistiche della Settima Arte.

Lontani da Brigadoon

Ispirato a uno degli scandali più recenti della storia inglese, il film narra la storia di Margaret Humphreys, assistente sociale di Nottingham, che ha saputo svelare un segreto nascosto per anni dal governo britannico: 130.000 bambini inglesi indigenti inviati all’estero, nei paesi del Commonwealth e principalmente in Australia, alla fine degli anni ‘50. Bambini di poco più di quattro anni, a cui fu detto che i loro genitori erano morti, rinchiusi in istituti agli antipodi e spesso oggetto di terribili abusi. A questi bambini era stata promessa un’esistenza migliore “piena di arance e sole”, ma hanno incontrato privazioni, orfanotrofi, preti poco evangelici. Margaret, lottando da sola contro ogni difficoltà, è riuscita a ricongiungere migliaia di famiglie, ponendo le autorità di fronte alle proprie responsabilità e attirando l’attenzione mondiale su un caso esemplare di malagiustizia… [sinossi]
Baby, I love you
But if you wanna leave, take good care
I hope you make a lot of nice friends out there
But just remember there’s a lot of bad and beware
Cat Stevens – Wild World

Dopo una lunga gavetta televisiva, esordisce sul grande schermo il quarantenne londinese Jim Loach, figlio del celebre Ken Loach, nome di punta da cinque decenni del cinema d’impegno civile e politico [1]. Il confronto padre/figlio appare inevitabile, scontato, anche alla luce dei contenuti dell’onesto Oranges and Sunshine, selezionato in concorso al Festival del Film di Roma 2010. Background familiare e formazione professionale si riflettono parzialmente in questa opera prima, ben confezionata, troppo didascalica e diligente, soprattutto nella prima parte, e sostenuta da un cast di assoluto valore. Il lungometraggio di Loach, ammirevole nella scelta del soggetto, attuale da sempre e (purtroppo) per sempre, possiede la forza e i limiti di quel cinema che, guardando al sociale, alla politica e alle sue storture e alle iniquità del mondo, tende pericolosamente ad appiattirsi, inseguendo a testa bassa la chiarezza del messaggio e della narrazione. Oranges and Sunshine è cinema dossier, è un trasparente reportage del “caso Humphreys” (più che del “caso Bindoon”), è la ricostruzione poco spettacolarizzata di un dramma e di un’ingiustizia di inquietanti proporzioni. Didascalico negli intenti, ma anche nella realizzazione, l’esordio di Loach jr. risente probabilmente della corposa esperienza televisiva, dimenticando a larghi tratti le possibilità espressive e linguistiche della Settima Arte.

Impreziosito dalle performance di Emily Watson (Margaret), Hugo Weaving e David Wenham, Oranges and Sunshine si focalizza più sugli aspetti psicologici diretti e indiretti della vicenda che sul complesso contesto sociale. Girando attorno alla figura salvifica di Margaret Humphreys, inarrestabile ma non indistruttibile paladina della giustizia, Loach cerca di scandagliare gli animi, tra vittime e carnefici, di questa paradossale e agghiacciante vicenda. Relegati in secondo piano, tra abbozzo e sfocatura, restano troppi personaggi e situazioni. La famiglia di Margaret, in primis il fedele marito, entra in scena quasi a cadenza regolare, come una sorta di promemoria dei sacrifici e delle rinunce personali; le autorità latitano sia nella finzione che nella realtà, nonostante l’evidente lavoro di ricostruzione; le testimonianze degli ex-deportati, infine, avrebbero forse meritato uno spazio più ampio e una rappresentazione più diretta, più coraggiosa e non solo affidata al ricordo e alle parole. Oranges and Sunshine spiega e racconta, riordina le idee e i fatti, ma solo nel finale cerca, con buoni risultati, di affondare il coltello, di uscire dai consueti binari della narrazione lineare, didascalica: la lunga sequenza nella monumentale Bindoon, cattedrale nel deserto che cela terribili segreti (ma sono poi tanto segreti?), scuote un film troppo diligente, guarda e mostra finalmente il volto della Bestia.

Più promettente negli intenti che nel risultato, Oranges and Sunshine spezza comunque una lancia in favore dei figli d’arte: Jim Loach si dimostra un esordiente con le idee abbastanza chiare. L’opera seconda ci dirà probabilmente di più.

Note
1. Numerosi i lavori per il piccolo schermo realizzati da Jim Loach, a partire dal documentario Watchdog Healthcheck, datato 1996. Poi, tra le altre, Coronation Street (2000), Bad Girls (2003-2006), Waterloo Road (2006-2007) e Holby City (2007-2009).
Info
Il trailer originale di Oranges and Sunshine.
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