Inside Job

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Lucida e attenta disamina che seziona chirurgicamente il “corpo del reato”, il documentario Inside Job è un potente destro sferrato alla bocca dello stomaco dello spettatore. Presentato fuori concorso nella sezione L’Altro Cinema/Extra della quinta edizione del Festival Internazionale del Film di Roma.

La bolla che scoppia

La scioccante verità che si cela dietro la crisi economica del 2008. Il crack finanziario globale di oltre 20 miliardi di dollari che è costato il posto di lavoro e la casa a milioni di persone e che ha messo in pericolo la stabilità economica di paesi industrializzati, dagli Stati Uniti all’Islanda, dalla Cina alla Grecia… [sinossi]

Inevitabile che prima o poi tutti  i nodi venissero al pettine, anche se gli interessi in ballo erano talmente vasti da far presagire il solito e machiavellico piano di occultamento da parte dei piani alti. Una fitta rete tessuta da quei pochi che stringono fra le proprie mani il destino di tanti, una rete che due anni fa si è spezzata innescando una sorta di reazione a catena che ha messo letteralmente in ginocchio miliardi di persone in tutto il mondo. Un virus che dagli Stati Uniti si è esteso a tutte le latitudini, mandando in crash l’economia globale. A fare luce sui motivi di una crisi che per portata può essere paragonata solo a quella della Grande Depressione ci ha pensato Charles Ferguson nel suo Inside Job, presentato fuori concorso nella sezione L’Altro Cinema/Extra della quinta edizione del Festival Internazionale del Film di Roma.

Lucida e attenta disamina che seziona chirurgicamente il “corpo del reato”, il documentario del regista statunitense classe 1955, che si era fatto conoscere fra gli addetti ai lavori grazie al folgorante No End In Sight: The American Occupation of Iraq (Premio Speciale della Giuria al Sundance Festival e candidato all’Oscar nel 2008), è un potente destro sferrato alla bocca dello stomaco dello spettatore. Ferguson si spinge ben oltre i tentativi di Oliver Stone in Wall Street: il denaro non dorme mai e Michael Moore in Capitalism: A Love Story di spiegare al mondo intero le vere cause del crollo economico avvenuto nel 2008 in seguito al fallimento di alcune delle superpotenze bancarie americane. Il risultato è un reportage sul campo di straordinaria efficacia, scioccante per le scomode verità che riesce a rivelare, capace di penetrare con abilità ectoplasmatica tra le crepe di un Sistema corrotto e malato.

Come solo l’inarrivabile Frederick Wiseman nelle sue spietate e glaciali visioni della società a stelle e strisce, Ferguson firma un documentario che prende via via le sembianze di una mostruosa ibridazione, il cui DNA filmico mescola il più tremendo degli horror apocalittici con il più intricato dei thriller. In Inside Job, l’autore scava fino alla radice del male, dando finalmente un volto ai responsabili del disastro. Lo fa con lo spirito provocatorio di un uno Spurlock o di un Moore, ad eccezione che non ci mette la faccia come i più quotati colleghi ma la sua voce fuori campo e il voice over di Matt Damon, che diventa il filo conduttore di un lungo interrogatorio nel quale tutti, nessuno escluso, sono testimoni informati dei fatti.
Ferguson ha il merito di riuscire a dare delle risposte, quelle che il nostro Giovanni Pedone in Crisi di classe, affrontando lo stesso argomento, non è riuscito minimamente a fare. Il regista americano preferisce puntare sugli addetti ai lavori (politici, economisti, agenti di borsa, presidenti, ecc…), quelli che lui considera a tutti gli effetti carnefici, piuttosto che raccogliere le testimonianze di quelle che possono essere considerate le vittime (la gente comune, il popolo, i semplici lavoratori) di questa sorta di gioco al massacro. Una scelta ben precisa, condivisibile oppure no, ma comunque una scelta che porta fino in fondo senza alcun ripensamento.

Info
Inside Job su facebook.
Il sito ufficiale di Inside Job.
Inside Job sul sito del Festival di Cannes.
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