Rapunzel – L’intreccio della torre

Rapunzel – L’intreccio della torre

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Archiviamo il prenatalizio e tridimensionale Rapunzel – L’intreccio della torre come l’ennesima ripetizione di uno schema apprezzabile ma inevitabilmente logoro e, soprattutto, assai distante dalla magia delle storiche produzioni della Casa del Topo.

Nella torre poco intreccio

Flynn Rider, il bandito più ricercato e più affascinante del regno, si ritrova costretto a stringere un patto con una ragazza dai lunghissimi capelli d’oro che vive imprigionata all’interno di una torre. L’improbabile coppia intraprende una rocambolesca fuga in compagnia di un cavallo “poliziotto”, un camaleonte ultra protettivo e una burbera banda di balordi. Grazie al suo bell’aspetto, la sua parlantina e una discreta dose di fortuna, il baldo fuorilegge ha sempre avuto vita facile. Ma una volta rifugiatosi nella misteriosa torre la buona sorte sembra avergli voltato le spalle per sempre. Flynn viene messo fuori combattimento, legato e preso in ostaggio dalla bella e stravagante Rapunzel, i cui oltre venti metri di capelli non sono la sua sola stranezza… [sinossi]

La nuova Disney targata Lasseter si muove come un gambero, compiendo decisi passi in avanti (Bolt – Un eroe a quattro zampe) e tornando immediatamente indietro (La principessa e il ranocchio), ancora una volta sedotta/corrotta dalle glorie passate, dagli incassi fuorvianti degli anni Novanta, dall’irresistibile tentazione di buttarla sempre in musica, sacrificando struttura narrativa e sviluppo dei personaggi sull’altare del musical animato formato famiglia. In attesa delle prossime produzioni in animazione tradizionale, Winnie the Pooh (2011) e Frozen – Il regno di ghiaccio (2013), archiviamo il prenatalizio e tridimensionale Rapunzel – L’intreccio della torre come l’ennesima ripetizione di uno schema apprezzabile ma inevitabilmente logoro e, soprattutto, assai distante dalla magia delle storiche produzioni della Casa del Topo. Nonostante la variante della computer grafica e del 3D, questa simpatica rielaborazione della favola dei fratelli Grimm è ancora una volta una copia carbone di un canovaccio che già alla fine degli anni Settanta mostrava evidenti segnali di logoramento. E se durante i terribili anni Ottanta (Red e Toby – Nemiciamici, Taron e la pentola magica, Basil l’investigatopo e Oliver & Company) e gli illusori anni Novanta (La sirenetta, La Bella e la Bestia, Aladdin, Il re leone e via discorrendo) la Disney poteva ancora contare su un monopolio apparentemente inscalfibile, la rinnovata Casa del Topo deve o dovrebbe fare i conti con un immaginario collettivo ben più maturo e complesso, oltre a una concorrenza tanto agguerrita da essere oramai difficilmente raggiungibile. Rapunzel, infatti, nonostante l’ottima computer grafica e il buon 3D, ci consegna una major che non è più capofila, che insegue non solo la Pixar ma, ahinoi, persino la Dreamworks.
Abbandonata temporaneamente ed erroneamente la strada maestra dell’animazione tradizionale, la Disney si ritrova assai lontana dai fasti economici e soprattutto artistici di un tempo. Ancora una volta, più delle tecnica, sarebbe utile concentrarsi sulle idee. Ma il cambiamento non sembra alle porte e Lasseter difficilmente remerà contro la Pixar.

Del vivace ma prevedibile e troppo leggero Rapunzel è presto detto. Dal punto di vista tecnico-artistico, nonostante l’ammirevole cura per i luccicanti fondali e per i dettagli, continuano a non convincere le scelte del character design, con gli occhi fuori misura e i volti quasi ricalcati dalle celebri bambole della Mattel. Peccato che sia tramontata la linea grafica, cromatica e anche narrativa dei più convincenti Lilo & Stitch e Koda, fratello orso, ultimi sussulti dell’animazione tradizionale prima della chiusura del 2004.
Lo struttura narrativa, come sempre sacrificata dai siparietti musicali, regala qualche sequenza convincente, con una buona alternanza di scenette divertenti e atmosfere cupe, quasi lugubri, che riecheggiano vagamente le suggestioni orrorifiche del capolavoro Biancaneve e i sette nani. Qualche bimbetto verserà più di una lacrima o avrà bisogno di una presenza rassicurante.
Non convince appieno nemmeno la colonna sonora di Alan Menken, storico compositore della Disney: la partitura ci sembra decollare, sostenuta da buone trovate comiche, solamente durante la sequenza della locanda, con I’ve Got a Dream cantata da Rapunzel e da un’improbabile schiera di mastodontici e agguerriti freaks. La componente musical di Rapunzel cannibalizza metri di pellicola senza regalare coreografie o melodie memorabili, lontanissima dalle vette che lo stesso Menken aveva raggiunto nel 1989 con Under the Sea.

Nonostante i discreti tempi comici, due simpatici e immancabili animali (il cavallo e il camaleonte), l’ottima animazione e una regia misurata, che non eccede in gratuiti movimenti di macchina virtuali, Rapunzel – L’intreccio della torre ci lascia quel retrogusto amaro che accompagna da troppo tempo le visioni dei film targati Disney.

Info
Il sito ufficiale di Rapunzel.
Rapunzel su facebook.
Il trailer italiano di Rapunzel.
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