El premio

El premio

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Si rintraccia facilmente, tra le piege di El Premio, la necessità e l’onestà del racconto, della memoria, il legame simbiotico tra l’opera e l’autrice, il valore affettivo, la cura. Un film non facile da realizzare, indubbiamente doloroso, eppure immediato, comunicativo, empatico. Assai apprezzabile, tra l’altro, la lucida rappresentazione della dittatura, coi suoi “ridicoli cerimoniali”, ancor più ridicoli in un territorio ben lontano dai poteri centrali. Presentato in concorso alla Berlinale 2011.

Estan locos

La storia semi-autobiografica di una ragazzina, figlia di dissidenti politici, che cresce in una località di mare, nell’Argentina degli anni Settanta, governata dalla giunta militare. In occasione di una competizione scolastica, incentrata sul miglior tema sull’esercito, la bambina mette involontariamente i suoi genitori nei guai, riportando nel tema quello che sua madre dice a casa… [sinossi]

Selezionato in concorso alla sessantunesima edizione del Festival di Berlino, El Premio è il lungometraggio d’esordio della regista e sceneggiatrice argentina Paula Markovitch, classe 1968 [1]. E già dalle intenzioni – un racconto fortemente autobiografico con evidenti implicazioni storico-politiche – la Markovitch si rivela autrice da seguire con attenzione: la sicerità e il realismo del racconto/ricordo messo in scena e l’accuratezza della rappresentazione impreziosiscono questa opera prima intrisa di minimalismo. El Premio, nella sua semplicità e chiarezza narrativa, riesce a catturare lo sguardo altro dell’infanzia, l’innocenza di una vivace bimbetta immersa in un contesto storico, umano e ambientale ingiusto, grigio, a tratti invivibile. Ma il film della Markovitch riesce a raccontare anche l’orrore e la miseria del fascismo. E, in alcune sequenze sottilmente commoventi, il complesso e tormentato rapporto madre-figlia.

Si rintraccia facilmente, tra le piege di El Premio, la necessità e l’onestà del racconto, della memoria, il legame simbiotico tra l’opera e l’autrice, il valore affettivo, la cura. Un film non facile da realizzare, indubbiamente doloroso, eppure immediato, comunicativo, empatico. Assai apprezzabile, tra l’altro, la lucida rappresentazione della dittatura, coi suoi “ridicoli cerimoniali”, ancor più ridicoli in un territorio ben lontano dai poteri centrali: emblematica la premiazione del concorso letterario, misera eppure pomposa, grottescamente trionfalistica nei toni.

Paula Markovitch, che parla di una selezione del cast risolta in modo quasi “miracoloso”, si concentra soprattutto (e quasi inevitabilmente) sui ruoli femminili: Ceci (la piccola protagonista, Paula Galinelli Hertzog), Lucia (la madre, Laura Agorreca), Silvia (l’amichetta, Sharon Herrera) e Rosita (la maestra, Viviana Suraniti). Ed è sorprendente la performance attoriale della giovanissima Galinelli Hertzog, bambina dal volto solare, capace di tenere testa alla brava Agorreca e di interpretare con naturalezza qualsiasi stato d’animo, qualsiasi sfumatura. Talento naturale e, ovviamente, ottima direzione degli attori.
L’accuratezza e l’ispirazione della Markovitch non si limitano alla scrittura e alla direzione degli attori: El Premio, infatti, è un film che riesce a mettere in scena l’asprezza di un territorio poco ospitale, soprattutto attraverso il comparto sonoro. Coadiuvata dai tecnici del suono Isabel Muñoz, Alexis Stavropulos e Sergio Diaz, Markovitch cattura il fischio incessante del vento, rendendo percepibile persino il freddo pungente. El Premio, anche per la colonna sonora scarna ma efficace, è un film da ascoltare: le onde, la plastica che sbatte, i suoni ovattati e poi in primo piano, la marea che entra in casa…

Raccontando l’Argentina degli anni Settanta, Paula Markovitch riesce comunque a rievocare la naturale spensieratezza dell’infanzia, traducendola in immagini e piccoli gesti: la preparazione per la scuola, le lunghe camminate con l’amichetta Silvia, i capitomboli sulle dune di sabbia, le canzoni, le risate e le lacrime. Ricordi che in alcuni momenti sfumano, vanno fuori fuoco, forse anche per pudore, perché si è già raccontato abbastanza, perché si è già capito.

Note
1. Nata a Buenos Aires, Paula Markovitch si sposta con la famiglia a San Clemente del Tuyú nel 1976 e successivamente a Córdoba, dove comincia a scrivere poemi e testi teatrali. Emigrerà quindi in Messico, che considera la sua vera patria.
Info
Il trailer originale de El Premio.
El Premio sul sito della Berlinale.
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