Our Grand Despair

Our Grand Despair

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Presentato in concorso alla Berlinale, Our Grand Despair mette in scena una serie di cambiamenti: dalla tragedia familiare di Nihal alla nuova “famiglia” con Ender e Çetin, dalla paura di invecchiare dei due amici alla raggiunta laurea di Nihal. Sullo sfondo, Teoman cattura angoli di Ankara, cercando di metterne in scena le contraddizioni, le tensioni al vecchio e al nuovo, la portata culturale. Ennesima riprova dello stato di salute del cinema turco.

La strana coppia

La convivenza pacifica tra due scapoli Ender e Çetin viene interrotta quando consentono alla sorella di un amico di andare a vivere con loro. I due trentenni, amici di lunga data, sono sopraffatti dalla presenza della taciturna Nihal. Che cosa li ha spinti ad accettare la responsabilità di avere una studentessa universitaria nella loro casa?  [sinossi]

Interessante commedia dolceamara Our Grand Despair, aka Bizim Büyük Çaresizligimiz, del regista e sceneggiatore turco Seyfi Teoman, alla seconda prova dietro la macchina da presa dopo Summer Book (Tatil kitabi, 2008). Gradevole, sorretto soprattutto da un’affiatata coppia di attori e dalla freschezza e raffinata bellezza della giovane Gunes Sayin (Nihal), il film di Teoman regala al concorso della 62a edizione del Festival di Berlino cento minuti di intrattenimento intelligente, non privo di spunti. Opera lieve, Our Grand Despair getta le premesse per un cupo dramma intimista per poi virare delicatamente verso un buddy movie con dolce (e irresistibile) intrusa: una sorta di The Odd Couple con regresso post-adolescenziale ed elaborazione del lutto.

Teoman pone molta attenzione nella scrittura e nella caratterizzazione di Ender (Ilker Aksum) e Çetin (Fatih Al, attore dalla notevole presenza scenica e di immediata simpatia), scapoli e conviventi, amanti mancati, eterni ragazzi che perdono prevedibilmente la testa per la dolce fanciulla. Ed è grazie alle marcate differenze caratteriali e fisiche dei due protagonisti, all’ironia e ad alcune gag davvero riuscite che Our Grand Despair, prodotto ben confezionato e non banale, riesce a distinguersi in un concorso berlinese con pochi titoli importanti (su tutti, senza dubbio, The Turin Horse di Béla Tarr e Nader and Simin, a Separation di Asghar Farhadi) e molte delusioni [1]. Le partite di calcetto (Hagi e Cruyff), l’imbarazzo per l’arrivo degli amici di Nihal, il tuffo in mare di Ender e Çetin, la feta e la marmellata, la prima cena con Nihal (verrà, non verrà), la serata in discoteca: Teoman riesce a descrivere le dinamiche di un’amicizia maschile solida e sincera, di due ragazzi che forse non troveranno l’anima gemella o forse l’hanno già trovata, ma senza implicazioni sessuali. E molto riuscite ci sono sembrate anche le dinamiche dell’infatuazione per la bella Nihal, in una sorta di svagato e tenero (e impossibile) triangolo. Meno convincente, nonostante l’indubbia presenza scenica, la caratterizzazione di Nihal e la performance attoriale di Gunes Sayin, volto dalle buone potenzialità.

Sullo sfondo, Teoman cattura angoli di Ankara, cercando di metterne in scena le contraddizioni, le tensioni al vecchio e al nuovo, la portata culturale. Our Grand Despair, in fin dei conti, mette in scena una serie di cambiamenti: dalla tragedia familiare di Nihal alla nuova “famiglia” con Ender e Çetin, dalla paura di invecchiare dei due amici alla raggiunta laurea di Nihal. Ennesima riprova dello stato di salute del cinema turco – non è un caso che l’Orso d’Oro della sessantesima edizione della Berlinale sia stato assegnato proprio a Honey (Bal, 2010) di Semih Kaplanoglu.

Note
1.
Tra le varie delusioni, la più cocente, tenendo conto delle elevate attese, è probabilmente rappresentata dalla pellicola coreana Come Rain, Come Shine (Saranghanda, Saranghaji Anneunda) di Lee Yoon-ki.
Info
La pagina facebook di Our Grand Despair.
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