Sotto il vestito niente – L’ultima sfilata

Sotto il vestito niente – L’ultima sfilata

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A distanza di 26 anni dall’originale ecco che i fratelli Vanzina disegnano Sotto il vestito niente – L’ultima sfilata; un film imperfetto ma che viene comunque naturale difendere, perché non rappresenta di certo il male della produzione nazionale.

Nostalgia, nostalgia canaglia

Alla sfilata del famoso stilista Federico Marinoni, il pubblico va in visibilio per Alexandra, la splendida top model legata da anni alla griffe del couturier. Per lei quella è una consacrazione e un trionfo… Ma sarà anche l’ultima sfilata. Poche ore dopo, infatti, viene travolta da un pirata della strada, che fugge. A indagare sul caso è l’ispettore Vincenzo Malerba, che non è convinto dalla tesi dell’incidente. Intanto, Marinoni sostituisce la sua compianta icona Alxandra con Britt, il cui arrivo crea rivalità e ripicche in famiglia. La più gelosa è Cris, una modella che era la migliore amica di Alexandra. Pensava che sarebbe stata lei a prendere il suo posto, e ora medita vendetta. Ma non fa in tempo a metterla in pratica perchè viene uccisa da un misterioso assassino. I presunti colpevoli, sospettati dall’ispettore Malerba, ora sono tanti… [sinossi]
Nostalgia, nostalgia canaglia 
che ti prende proprio quando non vuoi 
Ti ritrovi con un cuore di paglia 
e un incendio che non spegni mai.
Nostalgia, nostalgia canaglia – Al Bano e Romina Power, 1987

Chi ci legge sa quanta poca indulgenza abbiamo verso le cinemonnezze tricolori, quelle commedie che con la scusa di rinverdire il genere si fanno portavoce del più bieco ciarpame, veicolate nelle casse di risonanze delle nostre tv, dai salotti di Vespa come del palco dell’Ariston. In particolare il sottoscritto, ove possibile, ha sempre, magari con approdi talvolta contrastanti o per nulla condivisibili, cercato di leggere anche nei film di genere più commerciali i “segni” che potessero essere più validi e interessanti; evitando, talvolta rischiando la solenne spernacchiata dei colti, di bocciare “senza se e senza ma” l’opera di un regista magari indifendibile. Fare della critica insomma ma sempre con gli occhi ben aperti. Perché, direte voi, questa lunga divagazione iniziale che sembra togliere posto alla solenne stroncatura dei Vanzina bros.?

Perché questa pellicola non merita stroncatura, perché non sono film come questi che fanno male alla cinematografia nazionale, perché in fin dei conti è un film che si fa vedere. Ma, più di tutto, perché Sotto il vestito niente – L’ultima sfilata, fin dalle prime inquadrature, sembra un film già datato, appartenente a un passato cinematografico che non esiste più e che non ha alcun aggancio con il reale, con la nostra vita di tutti i giorni. Il cinema nostalgico da “tempo delle mele” dei Vanzina giunge con questa pellicola ad un punto di non ritorno: sintomatico che tutto ciò avvenga da parte di quelli che hanno, volenti o nolenti, inventato e codificato il cinepanettone, con il suo corollario di scempi e volgari risate. Appare infatti chiaro come coloro i quali hanno dato il là ad una nuova vita della commedia italiana (e per vita intendiamo solamente per ciò che concerne gli incassi, degni davvero dei periodi d’oro del nostro cinema) oggi si siano defilati, o siano stati accantonati, sorpassati a destra da una sequela di figliocci (Brizzi, Martani, Bruno), di aziendalisti (Genovese, Miniero) ma soprattutto da chi, fino a l’altro ieri, lavorava con loro: attori e presunte maschere (Christian De Sica su tutti), registi (Neri Parenti) e soprattutto produttori (De Laurentiis). Tutti lì a mungere la vacca della commedia mentre i Vanzina, troppo avanti o troppo indietro (propendiamo per la seconda ipotesi) provano a divincolarsi, fuori tempo massimo, andando a resuscitare un genere mezzo defunto come il thriller, evitando di fatto di fare un remake (nel tempo degli amichetti che tornano al cinema addirittura dal ‘400…). Non siamo certo nel campo delle scelte coraggiose e impavide quanto questa sembra piuttosto la radicale continuazione, per non dire esacerbazione, di un percorso antirealistico e soprattutto antiattualistico portato avanti dai due fratellini fin dall’inizio del loro cinema. È (anche) per questo motivo che non ci sforzeremo mai di ripetere che il cinema dei Vanzina non va letto come specchio dei tempi, nei cui riflessi vedere insomma lo stato delle cose italiane, quanto piuttosto come un cinema rivolto al passato, ad un pugno di nostalgici che si divertono a collezionare parti di mondo come fossero cartoline e a darsi le arie citando piccoli grandi capolavori del cinema. Non si tratta, dunque, di voler rivalutare il cinema dei Vanzina attraverso questa analisi critica, ma semplicemente di constatare il tracciato di un percorso cinematografico che, occorre dirlo, va avanti da 35 anni ormai.

Ciò detto, Sotto il vestito niente – L’ultima sfilata non è tanto un’opera minore quanto una sorta di divertissment cinefilo, che prende tanto da Bava e Argento, disegnando persino qualche ottimo momento (l’omicidio di una “simpatica” modella, tutto girato con un pianosequenza stretto sulla protagonista della scena che si interrompe improvvisamente nel momento dell’attacco da parte del killer) dimostrazione che il “cinema”, soprattutto il Vanzina regista (Carlo, e questa è un’opera praticamente tutta sua, a differenza di quelle in cui è più forte la firma del fratello Enrico, tipo il recente nonché pessimo Ti presento un amico), lo sanno anche fare.  Continua a non convincerci invece il presunto “cosmopolitismo” del cinema dei Vanzina. Questo non stare mai fermi, questo girare il mondo come si attaccano le bandierine in una celebre applicazione di Facebook (stando dunque tranquilli e seduti sulla propria sedia di casa), non è la dimostrazione di chissà quale spinta cinetica dei bros., quanto piuttosto la conferma di quanto sia da cartolina questo loro viaggiare, questo spostare locations nei posti più estremi del mondo. Non serve a dare un respiro internazionale al film (come la Nuova Zelanda inzeppata a forza in Ex di Brizzi…), non fosse altro per quella smania di ricorrere sempre e comunque alla didascalia, per paura magari che lo spettatore non s’accorga dei tramonti svedesi o delle vallate svizzere. E i Vanzina non sembrano credere nemmeno a una rinascita della “Milano da bere” visto che la Milano protagonista del primo film, quella sì terra di yuppies e modelle (e ci credo, era il 1985!), qui è praticamente assente, fatto salvo per un Duomo simbolico (da cartolina…) all’inizio del film, per il resto si veleggia lungo l’asse laghi lombardi, Svizzera e Svezia, con Milano a fare da comparsa. Da bere, nella Milano della Moratti, è rimasto davvero poco o nulla. Così come del mondo della moda, praticamente assente in questa seconda avventura.

Detto ciò, detto tutto. Di un film il cui intreccio giallo non ha nulla di sorprendente, ma riesce comunque a barcamenarsi e a catturare l’interesse fino alla fine, rimangono alcune interpretazioni: Vanessa Hessler è bella e fa la sua parte, il giovane Francesco Montanari sta diventando una bella certezza dopo le esperienze televisive che lo hanno reso famoso, ma un palmo sopra a tutti sta Richard E. Grant, direttamente da Prêt-à-Porter, il celebre attore altmaniano rende alla grande nella parte del talentuoso e disturbato stilista, che si innamora della sua nuova modella sfiorandola come fosse un rarissimo vaso Ming. Una carezza lunga una vita.

Info
Sotto il vestito niente – L’ultima sfilata, il trailer.

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