Faccio un salto all’Avana

Faccio un salto all’Avana

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Privo di qualsivoglia interesse sociologico o antropologico, e geneticamente inadatto alla risata, Faccio un salto all’Avana si regge solo parzialmente sulla verve attoriale di Francesco Pannofino, che fa da spalla a un pessimo e monocorde Enrico Brignano.

Riuscirà il nostro eroe a ritrovare il fratello proditoriamente fuggito a Cuba?

Da quando suo fratello è scomparso, Fedele è praticamente intrappolato in una vita che non riesce più a sopportare, a causa di sua cognata, ma anche di sua moglie. Un giorno però scopre che suo fratello Vittorio non è morto, ma se la spassa a Cuba. [sinossi]

Sono passati poco più di due anni dalle giornate del RIFF (Rome Indipendent Film Festival) in cui venne presentato al pubblico Narciso, ultimo lungometraggio diretto da Marcello Baldi e completato in fase di montaggio dal figlio Dario dopo l’improvviso decesso del regista a riprese appena ultimate: nella sala del Nuovo Cinema Aquila si assistette a una delle scene tragicamente più rappresentative di un certo cinema “indipendente” nostrano, con buona parte della troupe a protestare contro il produttore Paolo Ghezzi, colpevole di non aver mai provveduto ai pagamenti dovuti per il lavoro sul film. Non era facile immaginare che nell’incontrare nuovamente il cinema di Dario Baldi ci si sarebbe trovati a dover puntare l’occhio sull’altro lato dello specchio: dalle produzioni pulciose e piene di debiti Baldi è infatti passato alla superpotenza per antonomasia della cinematografia nazionale, la berlusconiana Medusa. Abbandonate le timbriche mélo e intimiste di Narciso, il giovane regista (già apprezzato al di fuori dei confini nazionali per Pablo, con cui sperimenta un lavoro interamente orchestrato con attori di strada) si affida per il suo ingresso ufficiale nel “sistema” cinematografico italiano al genere più abusato degli ultimi decenni: la commedia vacanziera. Strizzando l’occhio, almeno all’apparenza, più alla commedia degli anni Sessanta e Settanta che ai cinepanettoni, alle cinecolombe e ai cinecomeri, Baldi porta in scena la storia di due fratelli, divisi da un carattere agli antipodi e soprattutto da migliaia di chilometri: il primo, Fedele, vive a Roma una vita succube, schiacciato com’è da una famiglia (acquisita) prepotente e sprezzante; il secondo, Vittorio, vista la malaparata ha pensato bene di farsi dare per morto e se n’è fuggito a L’Avana, dove vive di espedienti illegali nei confronti dei turisti che raggiungono l’isola del Caribe per sfruttare la prostituzione locale. Una volta scoperto che l’amato fratello non è mai morto, Fedele parte alla volta di Cuba per trovarlo e riportarlo a casa…

Sceneggiato senza alcuna verve e costruito su una sequela di frammenti che non hanno molto a che spartire gli uni con gli altri (il personaggio di Barbara, alla ricerca del suo amato Vittorio, è completamente fuori luogo e tutti i suoi interventi in scena rasentano il ridicolo), Faccio un salto all’Avana procede a singhiozzo, non aiutato certo da una regia che non sembra possedere il tocco e il ritmo necessari per risollevarne le sorti. Quel che ne viene fuori è un prodotto sghembo, certamente inadatto al grande pubblico e al contempo vuoto di qualsiasi significato che possa avvalorarne la riscoperta: la capitale di Cuba è vista come una città colorata in cui l’unica preoccupazione degli abitanti è quella di ballare, sempre e comunque; la storia del Paese passa necessariamente in secondo piano, ma è anche occultata con attenzione, se si esclude il riuscito personaggio del colonnello Esteban (Mimmo Mancini), romano che partì alla volta de L’Avana ai tempi della rivoluzione castrista e che della sua patria rimpiange solo i ristoranti di Trastevere.

Il problema di fondo, con ogni probabilità, è la scarsa vena di Enrico Brignano, che non sembra sprecarsi più di tanto, accontentandosi di adagiarsi nella parte del buono e ingenuo protagonista, destinato a una storia d’amore con la locale Alma. E proprio il personaggio interpretato da Aurora Cossio permette di aprire il fianco a un’altra considerazione: Faccio un salto all’Avana sembra costruito a tavolino per dare visibilità alle nuove starlette da lanciare in casa Medusa. Oltre alla già citata Cossio, cosa dire infatti del vacuo personaggio regalato a Isabelle Adriani, quello della misteriosa donna messa alle calcagna dei due fratelli dal ricco e detestato suocero? Privo di qualsivoglia interesse sociologico o antropologico, e geneticamente inadatto alla risata, il film sprofonderebbe completamente se non fosse per la straordinaria verve attoriale di Francesco Pannofino, in grado di illuminare ogni singola sequenza in cui è in scena. Peccato che il suo ruolo sia essenzialmente quello della spalla, e soprattutto che Brignano non abbia alcuna intenzione di seguirne la scia, cercando al contrario di inaridirne la vena comica con una recitazione accentratrice e narcisista.
Al di là di Pannofino, ciò che davvero rimane del film è l’ascolto della sempre splendida Perfidia, scritta da Miguelito Valdés e orchestrata da Xavier Cugat: ma per sopperire a tale mancanza non è necessario recarsi in sala, ma basta collegarsi a youtube…

Info
Faccio un salto all’Avana, trailer.

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