A Crazy Little Thing Called Love

A Crazy Little Thing Called Love

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A Crazy Little Thing Called Love, uno dei grandi successi commerciali del cinema thailandese contemporaneo, permette a Puttipong Promsakha Na Sakonnakorn e Wasin Pokpong di dirigere un coming of age prevedibile ma non necessariamente banale. Al Far East Film Festival di Udine nel 2011.

Ugly Duckling in Love

Una giovane studentessa, Nam, si innamora di un compagno di scuola più grande di lei, Shone, ma ha paura di dimostrargli i suoi sentimenti, anche perché Chone è il bello della scuola mentre lei si considera impopolare, scialba e mediocre. Apparentemente non possiede nulla che possa attirare la sua attenzione. Fa di tutto per vederlo di nascosto, durante le pause, al mattino, al pomeriggio, mentre lui gioca a calcio con gli amici. Con l’aiuto delle sue tre migliori amiche Nam poco per volta si trasforma, a partire dall’aspetto fisico, per farsi notare da lui… [sinossi]

Nonostante la crisi politica che continua a gravare come una spada di Damocle sulla vita sociale ed economica della nazione, la cinematografia thailandese ha vissuto un anno insolitamente prospero, anche per via del ritorno di immagine garantitogli dalla vittoria della Palma d’Oro al Festival di Cannes con lo splendido Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti di Apichatpong Weerasethakul. A beneficiare della rinascita dell’industria sono stati anche molti registi che non avevano avuto finora occasione di dimostrare il proprio valore: tra questi vanno sicuramente annoverati Puttipong Promsakha Na Sakonnakorn e Wasin Pokpong (le co-regie in quello che un tempo veniva chiamato Siam sono all’ordine del giorno), che con A Crazy Little Thing Called Love hanno letteralmente sbancato i botteghini, sorprendendo gli stessi addetti ai lavori. Le motivazioni di un successo così clamoroso sono molteplici, ma è interessante focalizzarne alcune per cercare di comprendere a fondo le mutazioni in corso a Bangkok e dintorni.

Il dato saliente che risalta per primo agli occhi è indubbiamente la ricerca, da parte del pubblico thailandese, della commedia: in tempi di crisi l’horror (negli ultimi anni il genere di riferimento per la macchina industriale del paese) è stato scalzato da un approccio più scanzonato e rilassante. In questo senso va anche fatto notare come, a fronte di un prodotto comico che spesso e volentieri oltrepassa le frontiere del buon gusto per cadere nella risata grossolana – al demenziale hanno attinto nel corso degli anni anche alcuni degli autori conclamati della cinematografia thai – A Crazy Little Thing Called Love si muove invece in direzione contraria, inseguendo timbriche delicate, gentili, relegando le scorie meno raffinate al solo personaggio della professoressa di inglese In, interpretata da Tukky Budprom. Sakonnakorn e Pokpong sono riusciti a portare a termine un teenage movie in piena regola, innervando la radice statunitense del genere con alcuni cliché narrativi prettamente thailandesi: l’ambientazione liceale, invece di rinchiudersi nell’arco di un anno, si protrae per l’intero corso di studi, donando alla narrazione una libertà temporale che non è certo abituale per i canoni del genere – libertà che appare a dir poco esagerata nel finale, quando il tutto scivola in là di addirittura nove (ingiustificati) anni – e che fa assumere alla pellicola tonalità degne di un melò d’antan. Se la storia d’amore inespresso tra Nam, brutto anatroccolo destinato a diventare cigno (convincente la giovane Pimchanok Luevisetpaiboon, che tratteggia bene la sottile e continua metamorfosi propria dell’instabilità adolescenziale), e il kalos kai agatos Shone (un po’ monocorde Mario Maurer, assai meno ispirato rispetto ai tempi di Love of Siam di Chookiat Sakveerakul e Rahtree Reborn di Yuthlert Sippapak) non aggiunge un granché allo stuolo di film simili che hanno visto la luce in ogni angolo del mondo nel corso dell’ultimo trentennio, è la freschezza del racconto a vivificare un’opera che altrimenti avrebbe corso il serio rischio di finire ben presto nel dimenticatoio.

Senza mai forzare i toni o lasciarsi prendere eccessivamente la mano, i due cineasti conducono in porto un coming of age in grado di raccontare con una certa sincerità l’adolescenza thailandese: le laceranti separazioni dalle amiche di sempre vengono cicatrizzate da uno stonato canto collettivo, un rigore sbagliato con annessa crisi psicologica viene risolto di comune accordo tra le due squadre, la più sofferta delle dichiarazioni d’amore finisce con una caduta in piscina, le donne cercano di attirare l’attenzione dell’oggetto dei loro desideri improvvisando goffe distorsioni alla caviglia. Coraggiosa e vincente la scelta di spostare il film dalla solita ambientazione metropolitana di Bangkok per arricchirlo di un contesto campagnolo che spiazza lo spettatore e giustifica l’anonimato di un non-luogo che rappresenta, giocoforza, l’intera nazione thailandese.
Questa è la reale forza di A Crazy Little Thing Called Love, racconto di formazione prevedibile ma al contempo piacevole da guardare, al quale viene naturale perdonare anche l’inutile ipertrofia dello sdolcinato finale “televisivo”.

Info
A Crazy Little Thing Called Love, un trailer.
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