The Sorcerer and the White Snake

The Sorcerer and the White Snake

di

Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2011, The Sorcerer and the White Snake oscilla indeciso tra combattimenti troppi confusionari e una storia d’amore abbozzata, compressa dalla componente action. La computer grafica della pellicola di Tony Ching Siu-tung, come di altre produzioni di Hong Kong, ha un marcato tratto videoludico che non sembra ancora in grado di sostenere i virtuosismi estetici dei wuxia di ambientazione fantastica.

Gli acchiappademoni

Un giorno, il giovane erborista Xu Xian va in montagna e cade per errore in un lago. Il Serpente Bianco, nelle sembianze di una bella donna, lo soccorre. La sua passione per questo giovane è irrefrenabile e con l’aiuto del Serpente Verde, il Serpente Bianco si avventura nel regno degli umani e si sposa con Xu Xian. Fahai, del Tempio di Jinshan, la cui missione è domare i demoni e uccidere i mostri, arriva in città e percepisce un che di malefico nella medicina fornitagli da Xu Xian… [sinossi – www.labiennale.org]

Il confronto tra Storia di fantasmi cinesi (1987), il lungometraggio più popolare di Tony Ching Siu-tung, e The Sorcerer and the White Snake, presentato nella sezione Fuori Concorso della 68. Mostra del Cinema di Venezia, ci costringe a una riflessione sull’utilizzo della computer grafica nell’industria dei sogni hongkonghese e cinese: l’abbondante ricorso agli effetti speciali, che hanno da tempo soppiantato le tecniche tradizionali, si rivela spesso un’arma a doppio taglio, soprattutto per la difficoltosa coesistenza con le arti marziali. Il digitale visto al Lido non riesce a essere un plus valore estetico, ma finisce per mortificare le coreografie e le gesta degli attori, in primis la star Jet Li: tra fasci di luce e fondali ricchi ma imprecisi, l’eleganza e la spettacolarità delle arti marziali si smarrisce, cannibalizzata da un caos visivo multicolore. La computer grafica di The Sorcerer and the White Snake, come di molte altre produzioni di Hong Kong (e più in generale dei fantasy asiatici), ha un marcato tratto videoludico che non sembra ancora in grado di sostenere i virtuosismi estetici dei wuxia di ambientazione fantastica – l’animazione classica ci offre un altro utile confronto: seppur lontanissima dall’universo dei wuxia, l’eleganza e la nettezza delle linee e dei colori di La leggenda del serpente bianco (Hakujaden, 1958) di Taiji Yabushita potrebbe rappresentare una valida alternativa agli eccessi cromatici dell’attuale computer grafica [1].

Il film di Ching Siu-tung sacrifica sull’altare dell’eccesso visivo il carisma di Jet Li, nome di richiamo a livello internazionale e, solitamente, sinonimo di garanzia sul piano puramente spettacolare. Tra sdolcinati animaletti in digitale e ambienti totalmente virtuali, la presenza fisica dell’artista marziale cinese passa in secondo piano: The Sorcerer and the White Snake oscilla indeciso tra combattimenti troppi confusionari e una storia d’amore abbozzata, compressa dalla componente action. Pur nel solco della tradizionale mescolanza dei generi cinematografici, non aiutano le parentesi comiche e la caratterizzazione superficiale dei personaggi – si veda, ad esempio, il giovane apprendista e il suo legame con Serpente Verde, sottotrama che avrebbe meritato un maggiore sviluppo.

Tra dramma e commedia, questa versione della celeberrima leggenda regala pochi momenti degni di nota: citiamo quantomeno la lunga sequenza in città, con gli incontri tra i due giovani e i due serpenti e il successivo combattimento tra il monaco Fahai e il demone pipistrello. Dopo il tonfo del taiwanese Warriors of the Rainbow di Wei Te-Sheng, fortemente orientato verso il cinema di Hong Kong, e la delusione di The Sorcerer and the White Snake, attendiamo speranzosi che The Sword Identity risollevi le sorti della spedizione cinese in salsa spettacolare.

Note
1. Il film di Yabushita, prodotto dalla Toei, ha segnato la nascita dell’industria degli anime. Segnaliamo altre due versioni della popolare leggenda cinese: i live action The Legend of the White Serpent (Byaku fujin no yoren, 1958) di Shiro Toyoda, coprodotto dalla nipponica Toho e dalla hongkonghese Shaw Brothers, e Green Snake (Ching Se, 1993) di Tsui Hark.
Info
Il trailer originale di The Sorcerer and the White Snake.
  • The-Sorcerer-and-the-White-Snake-2011-Tony-Ching-Siu-tung-01.jpg
  • The-Sorcerer-and-the-White-Snake-2011-Tony-Ching-Siu-tung-02.jpg
  • The-Sorcerer-and-the-White-Snake-2011-Tony-Ching-Siu-tung-03.jpg
  • The-Sorcerer-and-the-White-Snake-2011-Tony-Ching-Siu-tung-04.jpg
  • The-Sorcerer-and-the-White-Snake-2011-Tony-Ching-Siu-tung-05.jpg
  • The-Sorcerer-and-the-White-Snake-2011-Tony-Ching-Siu-tung-06.jpg

Articoli correlati

  • Cult

    Storia di fantasmi cinesi

    di Tra i prodotti più noti e di successo dell'epoca d'oro del cinema di Hong Kong, Storia di fantasmi cinesi colpisce ancora oggi per la fantasia delle soluzioni, le innovazioni stilistiche all'interno del wuxia e dell'action e la capacità di fondere melò, comicità e horror.
  • AltreVisioni

    Warriors of the Rainbow: Seediq Bale

    di Prodotto da John Woo e selezionato in concorso a Venezia, il film taiwanese è contrassegnato da un ricorso quasi sbalorditivo al ralenti, cifra stilistica che procede a braccetto con l’overdose di retorica.

Leave a comment