Bel Ami – Storia di un seduttore

Bel Ami – Storia di un seduttore

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Materializzazione visiva del romanzo di Guy de Maupassant così precisa e dettagliata da sfociare nel formalismo, Bel Ami di Declan Donnellan e Nick Ormerod mantiene in ogni caso il suo fascino, sia per la naturale fluidità del racconto che per le belle interpretazioni del prestigioso cast.

Il giovane rampante

Dopo essersi congedato dall’esercito, Georges Duroy arriva a Parigi con l’intento di fare fortuna. Il giovane inizialmente trova un modesto impiego, ma l’incontro con suo ex-commilitone, Forestier, gli apre le porte del giornalismo e lo porta a entrare in contatto con persone di un certo livello. Furbo e seducente, Georges sa farsi avanti con ogni mezzo, ma soprattutto servendosi delle donne, in un mondo corrotto e pieno di tumulti come quello della politica e del giornalismo… [sinossi]

Nel corso della storia del cinema il romanzo Bel Ami, seconda incursione di Guy de Maupassant nella letteratura “realista” dopo Una vita, ha ricevuto in dote un buon numero di adattamenti, trovando ulteriore spazio in alcune mini-serie televisive. Il fatto che torni a far capolino nelle sale cinematografiche di mezzo mondo nel corso del 2012 potrebbe apparire come un dato puramente accessorio, di secondaria importanza: al contrario, proprio in un’epoca come quella attuale, in cui il sistema capitalistico su cui si è strutturata l’economia dell’Occidente sta vivendo la sua peggiore e forse irreversibile crisi, un’opera come quella di de Maupassant si riveste di nuovi riflessi, aprendo il fianco alle speculazioni più disparate. Nelle intenzioni del romanziere francese Georges Duroy non doveva apparire solo come il simbolo di un rampantismo sociale preoccupante e “volgare”, ma anche e soprattutto come il frutto inevitabile di una società malata, ipocrita e in grado di trovare giustificazioni a qualsiasi aberrazione in nome della propria sussistenza.
Non v’è dubbio che, per lo meno in minima parte, l’intento sia rispettato anche in questa nuova versione per il grande schermo, presentata in anteprima mondiale fuori concorso all’ultima edizione della Berlinale e ora pronta a fronteggiare il pubblico italiano: lo dimostra lo sguardo acidulo con cui i due registi Declan Donnellan e Nick Ormerod (all’esordio dietro la macchina da presa per un lungometraggio, ma già apprezzati per il lavoro sulla breve distanza The Big Fish, girato però la bellezza di venti anni addietro) mettono in scena l’alta società parigina, dove anche il più subdolo e crudele dei tradimenti è all’ordine del giorno e gli affari si fanno con la guerra coloniale.

La materializzazione visiva delle pagine del romanzo è così precisa e dettagliata da sfociare però ben presto in un formalismo eccessivo, debordante, adattamento pedissequo al punto da soffocare qualsiasi intento puramente artistico. Succubi della scrittura dell’autore de Le domeniche di un borghese a Parigi, Il fusticino e L’Horla, Donnellan e Ormerod si accontentano di donare credibilità a un’ambientazione che appare in tutta franchezza fuori tempo massimo, anche perché impossibilitata a fungere da metafora dell’oggi e limitata a vivere esclusivamente come rappresentazione di un tempo oramai passato, cristallizzato nel tempo e nello spazio. Eppure l’operazione mantiene in ogni caso parte del suo fascino, sia per la naturale fluidità del racconto – a distanza di centoventisette anni dalla data di pubblicazione Bel Ami continua a distinguersi per la straordinaria forza del suo impianto narrativo – sia per le belle interpretazioni del prestigioso cast scelto per la bisogna: se attori di collaudata classe ed esperienza come Colm Meaney, Kristin Scott Thomas e Uma Thurman non faticano più di tanto a donare corpo e voce all’establishment francese dell’epoca, dando vita a una serie di duetti imperdibili, l’epicentro del film ruota in maniera indiscutibile attorno a una splendida Christina Ricci, forse impegnata nell’interpretazione più convincente della sua intera carriera. È lei, moderna Clotilde de Marelle, a rubare la scena a tutti, grazie a un fascino che vive sul sottile e invisibile confine che divide l’ingenuità dalla malizia: ed è dunque in sua compagnia che un Robert Pattinson monocorde quanto richiede la parte (il personaggio di Duroy deve giustamente apparire come un oggetto bello e vacuo allo stesso tempo) riesce a dare il meglio di sé, donando profondità a una messa in scena per il resto, come già accennato, troppo impegnata nei calligrafismi per comprendere fino in fondo la potenza rivoluzionaria, dolente e sarcastica della penna di Guy de Maupassant.

Info
Il trailer di Bel Ami.
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