Bellas mariposas

Bellas mariposas

di

Con Bellas mariposas Salvatore Mereu ci conduce in un viaggio nel profondo cuore della Sardegna contemporanea per restituirci un’istantanea sincera e diretta sull’adolescenza, affidata alle cure di un gruppo di giovanissimi attori.

Su e giù per Cagliari

Cate ha undici anni, tanti fratelli e un padre “pezzemmerda”. Vive alla periferia di Cagliari, ma vorrebbe fuggire: sogna di fare la cantante, non vuole finire come sua sorella Mandarina, rimasta incinta a tredici anni, o come Samantha, la ragazza-oggetto del quartiere. Solo Gigi, un vicino di casa, merita il suo amore. Ma oggi, 3 agosto, la vita di Gigi è in pericolo: Tonio, uno dei fratelli di Cate, vuole ucciderlo. Intanto Cate trascorre con Luna, la sua migliore amica, il giorno più lungo della loro vita, tra il quartiere, il mare e le strade del centro. Quando scende la sera tutto sembra perduto, ma dal nulla compare una bellissima donna, la Coga Aleni, una strega che può leggere il futuro delle persone… [sinossi]

Bellas mariposas, bizzarro film che Salvatore Mereu ha tratto dal racconto omonimo di Sergio Atzeni, non ha ancora una distribuzione certa nelle sale cinematografiche nazionali. Al di là del giudizio di merito nei confronti del film (dopo la proiezione stampa veneziana è stato possibile cogliere gli umori più disparati, dall’esaltazione fino alla vera e propria distruzione critica) quello appena segnalato è un dato che costringe a riflettere da vicino sulle potenzialità e le dinamiche del sistema cinematografico italiano. Come l’ancor più valido L’intervallo di Leonardo Di Costanzo (a sua volta presentato durante le giornate della sessantanovesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia), il terzo lungometraggio di Mereu ha il merito indiscusso di mettere in crisi una gestione della cultura a dir poco fallimentare: anche qualora dovesse infatti trovare spazio all’interno di qualche listino, Bellas mariposas resterebbe un film invisibile, perché dovrebbe scontrarsi con la cronica mancanza di sale, l’impossibilità o quasi a raggiungere i canali mediatici adeguati a un battage pubblicitario degno di questo nome, la sempre più evidente diffidenza del pubblico verso le produzioni nostrane che non si adeguino agli standard della commedia imperante.

Basterebbe poco per smuovere le acque stagnanti della Settima Arte italiana, ma l’impressione è che manchino reale volontà e competenza.Mereu, che torna a dirigere un film di finzione a distanza di quattro anni dall’interessante Sonetàula e addirittura a nove dall’esordio Ballo a tre passi, che al Lido si aggiudicò la Settimana della Critica del 2003 (ma nel 2010 è comunque da annotare la regia del documentario Tajabone), è un autore diseguale ma particolarmente prezioso: la sua volontà di ragionare da vicino sulla cultura sarda, mettendone a fuoco peculiarità e distonie, nonché scegliendo la lingua locale per permettere ai suoi attori di esprimersi con la maggiore sincerità possibile, è una rarità all’interno di una cinematografia sempre più tesa all’omologazione, culturale, estetica e perfino linguistica. La parola in Bellas mariposas assume invece un peso determinante, non solo da un punto di vista antropologico ma finanche politico: la scelta di girare in un quartiere dell’estrema periferia di Cagliari, non-luogo a se stante dominato da regole interne non scritte ma generalmente conosciute e rispettate, sembrerebbe spingere verso una nuda e cruda interpretazione del reale, pratica che da sempre ha trovato terreno fertile all’interno della cinematografia italiana. Al contrario Mereu, mettendo da parte patetismi e cliché delinquenziali, irrompe nella casa della disgraziata (e disgregata) famiglia della protagonista Cate con un’attitudine che riporta alla mente la libertà formale di Louis Malle alle prese con la letteratura di Raymond Queneau, con tutti i distinguo del caso. La tredicenne Cate, così come anche la sua amica del cuore (e potenziale sorella, vista la copiosa attività da fedifrago del padre di Sara all’interno del quartiere) Luna, si rivolgono direttamente in macchina, abbattendo il muro edificato tra ciò che avviene sullo schermo e il pubblico che vi assiste. Come la Zazie a zonzo per la Parigi abbeverata alla fonte della nouvelle vague, anche le due ragazzine vagano per Cagliari, attraversandola dall’estrema periferia al centro, con tanto di capatina al mare. Il loro peregrinare, privo di meta e contrappuntato da incontri ai limiti del surreale, rappresenta il cuore pulsante di Bellas mariposas, l’anima più leggera, sincera e convincente.

Viaggio nel profondo cuore della Sardegna contemporanea, il film è anche e soprattutto un’istantanea sull’adolescenza (in questo, come già citato, appare evidente il possibile confronto con il film diretto da Di Costanzo), affidata alle cure di un gruppo di giovanissimi attori selezionati da Mereu attraverso un accurato lavoro di casting: la coppia composta da Sara Podda (Cate) e Maya Mulas (Luna) conquista lo spettatore e lo assoggetta al proprio volere, talmente potente è l’energia sprigionata dalle due piccole protagoniste. Laddove il film viene meno, disperdendo il ritmo, è invece nella gestione delle sequenze ambientate nel quartiere: non tanto nelle situazioni prettamente casalinghe (vivificate da un Luciano Curreli come sempre eccellente nella parte del padre di Cate e dei suoi innumerevoli fratelli e sorelle) quanto piuttosto nella vita di strada. Qui non tutti i conti sembrano tornare al loro posto, e a volte il film si addormenta su se stesso: la sequenza che vede l’intervento in scena di Micaela Ramazzotti nei panni di una maga in grado di predire il futuro è per esempio eccessivamente tirata per le lunghe, così come alcune dinamiche relative alle relazioni tra i personaggi secondari – Tonio e la signora Sias su tutte.

Ma Bellas mariposas è essenzialmente un film sulla prima fase dell’adolescenza, e Mereu con i ragazzini dimostra ancora una volta di saper lavorare molto bene, facendo loro esprimere un’autenticità sorprendente. E il finale, con quel bacio che in qualche modo omaggia lo splendido Fucking Åmål di Lukas Moodysson, riscatta anche le falle narrative più evidenti.

Info
Il canale youtube di Bellas Mariposas.
  • bellas-mariposas-2012-salvatore-mereu-01.jpg
  • bellas-mariposas-2012-salvatore-mereu-02.jpg
  • bellas-mariposas-2012-salvatore-mereu-03.jpg
  • bellas-mariposas-2012-salvatore-mereu-04.jpg
  • bellas-mariposas-2012-salvatore-mereu-05.jpg
  • bellas-mariposas-2012-salvatore-mereu-06.jpg
  • bellas-mariposas-2012-salvatore-mereu-07.jpg
  • bellas-mariposas-2012-salvatore-mereu-09.jpg

Articoli correlati

  • Buone feste!

    Fucking Åmål recensioneFucking Åmål

    di Fucking Åmål è l'esordio alla regia di Lukas Moodysson oltre che, a distanza di venti anni dalla sua realizzazione, il film più potente della carriera del regista e poeta svedese. Un teen-movie liberissimo e vitale, che sfascia le convenzioni sociali.
  • In sala

    We Are the Best!

    di Stoccolma, 1982. Bobo, Klara e Hedvig: tre ragazze di tredici anni che vanno in giro per la città e chiacchierano. Che sono coraggiose e dure e forti e deboli e confuse e sceme. Che sono state lasciate da sole troppo presto...
  • AltreVisioni

    Turn Me On, Dammit!

    di Nel villaggio in cui vive Alma c’è ben poco da fare, a parte telefonare alle hot line e andare a zonzo sognando Artur, il compagno di scuola, nelle vesti del principe azzurro...

Leave a comment