Mai morire

Mai morire

di

Classico film da festival, Mai morire del messicano Enrique Rivero è stato presentato in concorso alla settima edizione del Festival di Roma. Girato ottimamente, con dei paesaggi stupendi, ma leggermente estetizzante.

E la canoa va…

Chayo fa ritorno a Xochimilco, suo paese natale, per prendersi cura dell’anziana madre e affrontare la morte. Circondata da amore e da una bellezza sublime, Chayo si troverà a rinunciare a ciò che come donna e come madre è irrinunciabile. E sarà proprio questo il prezzo della sua liberazione… [sinossi]
E un bel giorno ti accorgi che esisti
Che sei parte del mondo anche tu
Non per tua volontà. E ti chiedi chissà
Siamo qui per volere di chi
Poi un raggio di sole ti abbraccia
I tuoi occhi si tingon di blu
E ti basta così, ogni dubbio va via
E i perché non esistono più.
E’ una giostra che va questa vita che
Gira insieme a noi e non si ferma mai
E ogni vita lo sa che rinascerà
In un fiore che ancora vivrà.
Da Il cerchio della vita di Ivana Spagna.

Per quanto non siamo soliti alle etichette, dopo aver visto Mai morire di Enrique Rivero sorge spontaneo il pensiero che sia proprio un film “da festival” e, ancor più, che sia quel genere di pellicola fatta apposta per trovarsi in un concorso internazionale, come è successo qui alla settima edizione del Festival di Roma; una percezione che viene restituita sin dalla prima inquadratura. Subito, sullo schermo, si staglia la natura con tutta la sua imponenza grazie a una fotografia sublime – elemento preponderante in grado di restituire quella ricerca di lirismo poetico che vien meno sul piano drammaturgico. Con un movimento in piano sequenza, la macchina da presa disegna un cerchio intorno alla protagonista (Margarita Saldaña). La donna sta attraversando il canale che separa la casa natale (dove vivono anche suo marito e i figli) dalla città, saluta così la vita vissuta fino a quel momento per tornare a quella che aveva lasciato in sospeso. A richiamarla è l’affetto verso la madre anziana combinato con l’ “essere la più piccola” del nucleo familiare per cui le tocca tornare al paese d’infanzia.
A Xochimilco «il tempo passa in modo diverso» e forse la scelta registica dei tempi dilatati è giustificata dalla volontà di questo ritorno alla cultura pre-colombiana: il problema è che il tanto amato lirismo, se non fosse per la rappresentazione paesaggistica, si ridurrebbe a una rincorsa al lirismo che si fermerebbe al piano estetico.

La madre – al limite dei cento anni – accetta e attende la morte, la figlia vorrebbe trattenerla e rimandare questo passo; allo stesso tempo Chayo torna ad essere presente per i suoi bambini (tenera la scena in cui accompagna il figlioletto dalla mucca Petra per vincere la paura che il bambino ha dell’animale). Rispetto ai dialoghi tra madre anziana e figlia emerge una scelta di messa in quadro specifica, in particolare nella scena in cui le due donne sono riprese in campo lungo, di spalle, mentre parlano di vita e morte, poi pian piano la macchina da presa restringe il campo restando sempre di spalle quasi stesse captando con discrezione il loro scambio sull’esistenza.

In Mai morire Rivero sceglie di mettere in scena gesti di routine – vedi la raccolta dell’acqua – e gesti rituali – tutti legati al culto dei morti – cui si accompagnano il racconto di storie leggendarie come quella della laguna del toro o della principessa Huipo. In virtù di quella maniera differente con cui scorre il tempo e la vita, in Mai morire si vive tra silenzi (non nel senso di “non detto”), respiri che si trasformano in sospiri e incubi legati a quel cordone ombelicale ancora da spezzare. Raggio di luce, o meglio, rigenerante sembra arrivare dalla natura che assume una valenza simbolica soprattutto se pensiamo all’acqua e alle piante da coltivazione che mettono i fiori.

Dopo esser stato premiato a Locarno 2008 per Parque via, il regista messicano conserva l’approccio documentaristico del precedente film nell’uso e nella rappresentazione che fa dei paesaggi e nell’attenzione che dimostra verso i dettagli, ma per quanto Mai morire abbia questi elementi positivi, non riesce a decollare, ci fa essere spettatori in attesa della morte dell’anziana senza rompere veramente la parete dello schermo con l’impatto empatico che dovrebbe provocarci. Quel canale che Chayo percorre si fa limen tra vecchio e nuovo mondo, tra ancestrale e civilizzato, ma la stilizzazione messa in campo da Rivero non ci permette di andare oltre quella storia particolare, di farcela appartenere fino in fondo ed è un peccato per un film che resta visivamente ottimo. Nonostante Mai morire non sia completamente riuscito per i motivi di cui sopra, va riconosciuta una linearità, o meglio, il ricorrere della circolarità (tra sequenza iniziale e finale) come richiamo al cerchio della vita.

Panta rhei os potamòs
(Trad. tutto scorre come un fiume)
Eraclito
Info
Il trailer di Mai morire.

Leave a comment