Troppo amici

Nonostante le buone intenzioni e un gruppo di attori che sanno fare il loro mestiere, storia e sceneggiatura non convincono. A Troppo amici, ripescato dalla Moviemax, manca del tutto la compattezza del racconto che (ri)troveremo in Quasi amici.

Famiglie disfunzionali

Quando Alain ha sposato Nathalie non sapeva che averbbe sposato anche tutta la sua famiglia. C’è Jean-Pierre, il cognato accompagnato dalla moglie Catherine e la perfettissima nipote Gaëlle. C’è Roxane, la cognata, che in preda all’accelerazione del suo orologio biologico assilla la vita di Bruno. Stasera tutti a cena da Jean-Pierre… [sinossi]

Quello che a prima vista potrebbe sembrare un sequel dell’azzeccatissimo Quasi amici, successo planetario della passata stagione cinematografica firmato dall’accoppiata Nakache-Toledano, nonché possibile candidato all’Oscar come miglior film straniero, è in realtà un passo indietro nella filmografia dei due registi. I due milioni e mezzo di spettatori registrati nei mesi scorsi solo in Italia, devono essere stati un incentivo sufficiente per convincere la nuova Moviemax a rispolverare questo “nuovo” titolo la cui distribuzione è in realtà ferma da ben due anni.
Visto in anteprima alle Giornate del Cinema d’Essai organizzate dalla FICE a Mantova, Troppo amici delude le aspettative, specialmente di chi aveva apprezzato il film precedente (che poi sarebbe il successivo) e si aspettava quindi un lavoro altrettanto organico e irresistibilmente comico. Per prima cosa, è bene chiarire che, sebbene il titolo italiano tenda a suggerire il contrario, le due pellicole sono del tutto scollegate fra loro. Nessun nesso, filo conduttore o tematica ricorrente ad eccezione della presenza di Omar Sy, stavolta in una parte minore e decisamente più contenuta rispetto al travolgente Driss, badante delle banlieue che si occupava di un miliardario tetraplegico in Quasi amici.

Troppo amici, commedia divertente solo a tratti, ruota attorno a una famiglia disfunzionale in cui a essere problematici sono, in primis, i personaggi e conseguentemente anche i rapporti che li legano. Alain (Vincent Elbaz), il protagonista, è un quarantenne di bell’aspetto, immaturo cronico la cui evoluzione è ferma alla ridente stagione durante la quale lavorava come animatore turistico in un Club Méditerranée. Sposato e con prole fin troppo vivace, non riesce ad adattarsi alla nuova dimensione manifestando una crescente (e più che condivisibile) allergia nei confronti dell’intera, invadente, esasperante famiglia della moglie (Isabelle Carrè). Messo a confronto con il parentado, questo novello Peter Pan è in realtà uno dei personaggi più equilibrati della storia. Lo circondano il cognato Jean-Pierre (François-Xavier Demaison) e la moglie Catherine (Audrey Dana), genitori “perfetti” e prototipo della famigliola borghese dall’antipatia insostenibile, e la più giovane Roxane, psicolabile commessa in un supermercato che si invaghisce del bel Bruno (Omar Sy) perseguitandolo con le sue assurde pretese.
Nonostante le buone intenzioni e un gruppo di attori che sanno fare il loro mestiere, storia e sceneggiatura non convincono. Manca del tutto la compattezza del racconto che troveremo in Quasi amici, in cui ogni elemento drammaturgico è invece sotto controllo e straordinariamente efficace. Nakache e Toledano andavano dritti alla meta senza perdersi in mille rivoli dosando fatti e battute e portando così felicemente a termine un percorso lineare, senza sbavature. Il contrario di ciò che accade in questo film in cui ci imbattiamo in troppi elementi che si affastellano alla rinfusa generando un caotico muro del suono che rende spesso difficile comprendere dove i registi vogliano esattamente andare a parare. Il tono della commedia sfocia nella farsa, salvo poi dare l’impressione di volersi riportare verso una direzione più realistica e precisa. Gli spunti narrativi tuttavia si moltiplicano e si perdono senza che nessuno dei temi affrontati sia stato sviluppato a dovere: la famiglia, la crescita, l’assunzione di responsabilità, i modelli (sia familiari che sociali),la convivenza interraziale e interreligiosa. Forse persino troppo per una semplice commedia.

Il risultato somiglia in ogni caso a un girotondo caotico e scomposto, mentre il finale edificante, che dovrebbe regalarci un momento di commozione e dare senso all’intera storia, giustificandone anche gli eccessi e le derive insensate, risulta invece artificioso e pedante. Una volta tanto, insomma, per tenere così a lungo sopita la distribuzione di un film, una ragione magari c’era. C’è un unico messaggio che emerge dal film che ci sentiamo di promuovere e condividere pienamente: se i vostri figli si dimostrano particolarmente “irrequieti”, prima di ricorrere a psicologi o farmaci, provate semplicemente a offrire loro più coccole.

Info
Il trailer di Troppo amici.

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