Fatti corsari

Premio speciale della giuria in Italiana.doc al Torino Film Festival, Fatti corsari di Stefano Petti e Alberto Testone è un omaggio a Pasolini costruito a partire dal corpo attoriale dello stesso Testone, incredibilmente somigliante all’autore di Scritti corsari.

Storie della città di Dio

Alberto Testone è un odontotecnico romano di cinquant’anni incredibilmente somigliante a Pier Paolo Pasolini. Nato nella borgata di Fidene, teatro delle gesta dei ragazzi di vita di pasoliniana memoria, Testone ama da sempre l’opera dell’autore degli Scritti corsari. Non può stupire la scelta, complice l’amore per il teatro, di “divenire” Pasolini, in una continua rincorsa in cui la mimesi con il personaggio di Pasolini si fonde con l’omaggio e la curiosità verso l’uomo, e in cui realtà e palcoscenico diventano una cosa sola… [sinossi]
Ma naturalmente per capire i cambiamenti della gente,
bisogna amarla.
Pier Paolo Pasolini, Il vuoto di potere in Italia (1975)
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Il nome di Pier Paolo Pasolini evoca a Roma, ancora oggi, un microcosmo umano, poetico e politico che non ha eguali nella storia recente della cultura italiana: un luogo d’incontro in cui si fusero miracolosamente le esigenze più auliche, ultraterrene del pensiero filosofico con le necessità umorali, terracee, semplici e ingarbugliate di un popolo vivo, schietto, il cui sorriso si confonde in maniera indissolubile col ghigno coatto, l’irreprimibile insubordinazione dei bulli, la crudele tenerezza di una città eterna e sbriciolata. Pensare (a) Pasolini equivale a ripassare con la mente i percorsi che si inerpicano negli anfratti del Mandrione e della Portuense, e che trovavano sublimazione nella vita quotidiana di Pigneto, di Tormarancia, della Garbatella, della borgata Gordiani, dell’Ostiense. Pasolini, alterità bolognese trapiantata nella Capitale senza troppi scossoni, è con ogni probabilità l’intellettuale italiano su cui si è più discusso, prima e dopo la sua morte: un personaggio così universale che nel 1973 John Cleese ne vestì i panni in uno sketch fulminante, inserito nel celebre contenitore televisivo Monty Python’s Flying Circus.
Dopo Cleese a riportarlo in vita sullo schermo furono Remo Girone (Strada Pia di Georg Brintrup, 1983), Andrea David-Quinzi (Un uomo fioriva: Pier Paolo Pasolini di Enzo Lavagnini, 1993), Marco Cavicchioli (Nerolio – Sputerò su mio padre di Aurelio Grimaldi, 1996), Arturo Paglia (Un mondo d’amore di Aurelio Grimaldi, 2002), Jean Menaud (Vie et mort de Pier Paolo Pasolini di Cyril Legann e Antoine Soltys, 2004), Stefano Benassi (Sicilia di sabbia di Massimiliano Perrotta, cortometraggio del 2011). Ma quanti di questi attori assomigliavano realmente a Pasolini?

Parte da questo gioco di identificazione Fatti corsari, documentario di Stefano Petti e Alberto Testone, presentato nella selezione di Italiana.doc all’ultimo Torino Film Festival dove ha ricevuto il Premio Speciale della Giuria. Alberto Testone, anche voce interiore narrante e personaggio guida del documentario, ha infatti una somiglianza notevole con il poeta, romanziere, saggista e regista, e in un certo senso è un Pasolini più pasoliniano di Pasolini stesso, visto e considerato che è nato e cresciuto nella borgata Fidene, antica sede della civiltà etrusca e ora (quasi tremila anni dopo) parte integrante del quarto municipio di Roma, che si estende da Montesacro a Tor San Giovanni, nella zona nord dell’Urbe.
Una borgata che fino a trent’anni fa era quasi isolata rispetto al centro cittadino, quartiere abitato da famiglie popolari, lavoratori e proletari, gli eroi sconfitti in partenza ma mai proni rispetto alla società descritti con sanguigna poesia in romanzi come Ragazzi di vita, Una vita violenta, e successivamente in film quali Accattone e Mamma Roma. Testone, dopo una giovinezza passata  in motocicletta con gli amici del quartiere, è diventato odontotecnico, ma ha continuato a sognare il mondo della recitazione. Quando gli è stata offerta l’occasione di interpretare il ruolo di Pasolini in una rappresentazione teatrale tenutasi a San Lorenzo l’ha dunque colta al volo, iniziando a suo modo un percorso di conoscenza della figura di Pasolini che è anche, o forse soprattutto, una riscoperta di una Roma che non c’è più, o giace comunque oramai in profondità.

Fatti corsari persegue dunque un triplice scopo: segue la ricerca di Testone di Pasolini e di una carriera attoriale finalmente sul punto di concretizzarsi, riscopre insieme al suo protagonista Fidene e tutta la storia recente che accompagna la borgata, e infine si muove nella Roma periferica attuale cercando le tracce lasciate da Pasolini, dalla sua esperienza umana e dal suo pensiero artistico e filosofico. Se il primo segmento rischia di quando in quando di cadere nella reiterazione dei medesimi schemi (il ritorno ciclico a una registrazione radiofonica cui partecipò proprio Testone nel 2006, per esempio, o la riproposizione eccessiva della sua mimesi attoriale attraverso l’utilizzo di protesi dentarie che Testone si costruisce nel suo laboratorio odontotecnico), gli altri due rappresentano il sincero e accorato sguardo a un’umanità che troppo spesso, ancora oggi, viene relegata in secondo piano: la videocamera di Petti e di Eugenio Barzaghi si muove tra Fidene e Tor Bella Monaca, si sofferma sul greto del Tevere, nei punti dove fino a qualche anno fa i ragazzi di borgata ancora andavano a nuotare, sfidandosi l’un l’altro nell’attraversamento da una riva all’altra del fiume. Il film approda in alcuni dei luoghi pasoliniani per eccellenza, come ad esempio la trattoria “Al biondo Tevere” su via Ostiense (a pochi passi dalla Basilica San Paolo), dove il poeta si ritrovava a pranzo con Alberto Moravia, Laura Betti, Ninetto Davoli e gli amici più cari: l’intervista a Tarzanetto, uno dei ragazzi che da Pasolini fu istradato nel mondo del lavoro, è un momento di rara poesia urbana, semplice e commovente allo stesso tempo.

Ma è quando abbandona Pasolini per diventare puramente e sinceramente pasoliniano che Fatti corsari tocca i propri vertici: l’incontro tra Testone e Costantino Meloni detto er Caciara, amico di Fidene che da bambino ebbe una effimera gloria cinematografica, racchiude al suo interno l’intero pensiero di Pasolini senza dover nemmeno scomodarsi a citarlo in maniera pedissequa. Lo stesso valga per i tre giovani rapper di Tor Bella Monaca, retaggio di una Roma povera ma bella, orgogliosamente proletaria, riottosa e allo stesso tempo carica di una mesta dolcezza. La vita di Fidene, quel piccolo mondo antico che ancora vive negli occhi di Testone e dei suoi amici di sempre, è l’omaggio più doveroso che si sarebbe mai potuto immaginare per Pasolini e per il suo universo: un universo dominato da persone come er Caciara, er Miccia, Paraponzo, il figlio del Matumbo, er Ciriola, Bulbuliman, e che oggi correrebbe il rischio di sbiadirsi nel ricordo di chi lo visse in prima persona. Ma ancora in grado di vivere, pulsare e scorrere negli occhi degli spettatori di Fatti corsari. Perché dopo un quarto d’ora non si fa più caso alla somiglianza fisica tra Alberto Testone e P.P.P.: di somiglianza ne subentra un’altra, più profonda e insondabile, e per questo a suo modo intima e straziante.

Info
La scheda di Fatti corsari sul sito del Torino Film Festival.
 
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