Il caso Kerenes

Il caso Kerenes

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Con Il caso Kerenes, Netzer scandaglia le dinamiche malsane di una relazione madre-figlio e si focalizza sullo stile di vita della classe agiata. Ed è uno sguardo impietoso, che non fa sconti di nessun genere all’arroganza, alla superficialità e alle piccole e grandi ipocrisie esibite dalla neonata borghesia romena, sviluppatasi senza grosse propensioni etiche sulle ceneri del defunto regime di Ceausescu.

Il poco fascino della borghesia romena

Focus sulla relazione tra una madre e il figlio trentaduenne. Dopo la morte di un giovane in un incidente d’auto provocato dal figlio, la madre – una donna molto influente – tenta di scagionarlo dall’accusa e rifiuta di accettare il fatto che ormai lui sia un uomo adulto… [sinossi]

Quello di Călin Peter Netzer è un cinema che pare condividere, nelle sue coordinate di base, il rigore, le tensioni etiche e l’impronta minimalista che abbiamo già riscontrato nelle opere di alcuni tra i più importanti cineasti della scena romena contemporanea. Si sta qui alludendo a gente come Mungiu e Porumboiu, per intenderci. In Il caso Kerenes (Pozitia copilului in originale, Child’s Pose secondo il titolo internazionale) la ricerca estetica, analoga per molti versi a quella dei connazionali testé citati, è tutta orientata verso un nudo realismo che si riflette nella naturalezza estrema dei dialoghi, nei tempi dilatati, nel tono dimesso di riprese che calano lo spettatore in ambienti approcciati con uno stile quasi documentaristico, senza troppi fronzoli. L’austerità di tale impostazione registica è poi al servizio di una urgenza morale che, rispetto all’autore, non ci giunge certo nuova: Calin Peter Netzer, già segnalatosi all’esordio nel lungometraggio col pluripremiato Maria (2003), aveva poi sfornato nel 2009 un altro racconto cinematografico capace di scandagliare in profondità le tare e le contraddizioni dell’odierna società romena. Trattasi di Medal of Honor (Medalia de onoare), film incentrato sulla spirale ossessiva in cui precipita un anziano, allorché gli viene conferita una decorazione militare di grande prestigio, a distanza di parecchi anni dall’azione valorosa a lui attribuita; episodio, questo, che dovrebbe recargli onore e qualche beneficio economico, ma che lo trascinerà invece in un susseguirsi di inghippi burocratici assurdi, quasi kafkiani.

Del precedente lungometraggio questo Il caso Kerenes condivide il gusto per la metodica acquisizione di dettagli, descrizioni d’ambiente e analisi comportamentali, da cui deriva un quadro antropologico accurato e credibile. Nel caso specifico l’attenzione dell’autore si focalizza sullo stile di vita della classe agiata. Ed è uno sguardo impietoso, che non fa sconti di nessun genere, quello indirizzato dal regista nei confronti dell’arroganza, della superficialità, delle piccole e grandi ipocrisie esibite dalla neonata borghesia romena, sviluppatasi senza grosse propensioni etiche sulle ceneri del defunto regime di Ceausescu. L’episodio spartiacque viene introdotto nella storia dopo alcune scene preparatorie, invero piuttosto irritanti, che permettono allo spettatore di prendere confidenza col modo di agire e di pensare dei protagonisti, ovvero una donna in carriera come Cornelia qui ritratta insieme a parenti e ad amici, tutta gente di un certo livello. Il fatto destinato a creare scompiglio in questo microcosmo sonnacchioso, opulento e così poco altruista è la notizia di un grave incidente, causato dal figlio Barbu; la sconsideratezza dell’ombroso e inetto rampollo, lanciato a folle velocità sul suo macchinone nelle stradine dei vicini sobborghi, ha infatti causato la morte di un ragazzino, proveniente da una modesta famiglia del luogo. Da quel momento in poi a colpire sono lo squallore, il cinismo e i modi anaffettivi che Cornelia, architetto di successo, esibisce nei confronti della povera vittime e dei suoi famigliari; l’unico obiettivo della donna, impersonata con l’ormai abituale finezza interpretativa da una colonna del cinema rumeno, Luminiţa Gheorghiu, pare essere quella di blandire quelle persone interiormente distrutte e di corrompere le autorità o i testimoni, affinché l’apatico e menefreghista figliuolo abbia un trattamento di favore al processo, evitando pesanti anni di carcere.

C’è da dire che prima di arrivare alla sequenza dell’incontro riparatorio tra le due famiglie, nel povero villaggio dove abitava il ragazzino investito dall’auto, lo stile con cui è girato Il caso Kerenes può apparire fin troppo sobrio, per non dire piatto; pochi accorgimenti, se non l’agire in funzione degli attori e della loro bravura, caratterizzano i lunghi piani-sequenza e le inquadrature nervose, ruvide, che accompagnano il tentativo di appianare la questione da parte di una donna disposta a mercanteggiare su tutto, anche sulle sofferenze degli altri. Ma la tensione fin lì accumulata, attraverso un plot che sa mettere sapientemente in rilievo il latente conflitto di classe, esplode poi in una parte finale realmente intensa; dall’ingresso nella casa in cui i poveri genitori piangono la giovanissima vittima, fino al crollo nervoso che investe all’improvviso i componenti della famiglia più ricca, capaci infine di mostrare un po’ di reale empatia (ed evitando così, da parte dell’autore, un eccessivo manicheismo), ogni singola inquadratura acquisisce maggior spessore. E quell’elegante movimento di macchina, col conseguente e indovinatissimo giochino di messa a fuoco sullo specchietto retrovisore della macchina, si rivela il suggello ideale al fatidico incontro.

Info
Il sito della Teodora Film, distribuzione de Il caso Kerenes.
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