The Field of Magic

The Field of Magic

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Dalla Lituania arriva un documentario sconvolgente su un gruppo di persone stanziatosi in una foresta nei dintorni di una discarica che gli ha dato da vivere per anni: The Field of Magic è diretto da Mindaugas Survila.

Lontano da Dio, dagli uomini e persino da Bartas

Non solo Sharunas Bartas. Ogni tanto, dalla Lituania, escono fuori altri nomi, accanto a quello dell’autore già segnalatosi per opere cinematografiche memorabili come Lontano da Dio e dagli uomini, Freedom e Indigène d’Eurasie. Sarebbe sbagliato accostare meccanicamente la più compiuta e personale poetica di Bartas a quanto realizzato da altri registi, accomunati dall’essere originari della piccola nazione baltica, per quanto in alcuni di questi si possano talvolta ravvisare i germi di una emulazione stilistica, magari pedissequa. Eppure, nei casi più rilevanti, si finisce per confrontarsi con cineasti dotati di una prospettiva autonoma, originale, ma con una analoga attenzione per il rapporto tra l’essere umano e la cornice ambientale che fa da sfondo al suo agire, tra i personaggi e il contesto in cui vivono; con esiti che perciò possono caratterizzarsi validamente in senso antropologico, a conti fatti.

Sono per certi versi simili le riflessioni scaturite in noi dopo la visione, invero sconcertante, del documentario realizzato in un arco di tempo piuttosto lungo da Mindaugas Survila; il quale, dopo un contatto occasionale, ha voluto filmare l’esistenza ai limiti del vivere civile di un ristretto gruppo umano, ridottosi a campare con il riciclo dei rifiuti a circa 40 km dalla capitale, Vilnius; ovvero poche decine di uomini e donne, perlopiù anziani o di mezza età, che hanno deciso di accamparsi in baracche poste ai margini della foresta, per poter operare nella vicina discarica. E tutto ciò è andato avanti, come ci ha raccontato il regista, fino a poco tempo fa, ovvero fino a quando certe disposizioni introdotte a livello europeo non hanno impedito a questa gente di portare avanti la loro attività; tant’è che adesso, a detta dello stesso Survila, nella foresta di Buda sarebbero rimaste appena quattro persone, le più ostinate, con le quali il regista intrattiene ancora rapporti. Ci viene subito in mente, sia per il particolare contesto in cui si viene introdotti che per l’empatica adesione a esistenze problematiche, ridotte ai margini, la recentissima visione berlinese di An Episode in the Life of an Iron Picker, film di Danis Tanović premiato a Berlino.

Tornando al lavoro di Mindaugas Survila, ne vien da sé che questo suo The Field of Magic (Stebuklų laukas, il titolo originale, allude a un’espressione russa, usata per chi è impegnato nella raccolta degli oggetti di valore sparsi tra i rifiuti) è come l’istantanea di un mondo perduto, un mondo in cui dietro l’apparente degrado continuavano a celarsi parabole umane di grandissima dignità e intensità. Quattro anni, del resto, erano stati necessari all’autore per ottenere gradualmente la fiducia dei soggetti filmati e per poterli poi riprendere in una dimensione più intima, reale, autentica, lontana quindi dalla logica dell’exploitation cinematografica, così come da quella dei giornalisti in cerca di scoop odiati e giustamente scacciati dalla gente attiva nella discarica. Se allo sguardo di Survila, per altri versi così attento e partecipe, si può forse rimproverare qualcosa, tale critica va ricondotta con ogni probabilità alla sua formazione da biologo, che lo aveva precedentemente portato a realizzare Meeting the Ospreys: e cioè un altro documentario, apprezzatissimo in ambito naturalistico, sulle abitudini di rapaci piuttosto rari come i falchi pescatori. Ecco, in The Field of Magic si percepiscono ogni tanto dei tratti di discontinuità tra le suggestive immagini strappate all’ambiente circostante, in cui quasi magicamente le scorie della civiltà umana si incontrano/scontrano con la dimensione incantata della foresta, e le vicende umane intrappolate in questa realtà; vicende che propongono sullo schermo epifanie di un certo spessore (le artigianali riparazioni di una radio e di uno scalcinato slittino, riprese proprio all’inizio, ne sono valido esempio), ma che probabilmente potevano essere approfondite ancora di più.

Info:
Il trailer di The Field of Magic su Youtube
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