Tra cinque minuti in scena
di Laura Chiossone
Cinema e teatro, vita vera e finzione, una madre malata e una figlia attrice: Tra cinque minuti in scena è l’ambizioso esordio al lungometraggio di Laura Chiossone.
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Gianna è una figlia con una madre anziana e molto ingombrante di cui prendersi cura. È anche un’attrice, con uno spettacolo teatrale da portare in scena tra mille difficoltà. Non da ultimo è una donna, con una storia d’amore in punta di piedi cui è difficile trovare spazio… [sinossi]
Con gli ultimi sussulti di giugno arrivano anche i saldi di fine stagione cinematografica, in attesa della prossima che, come da copione, prenderà il via non appena calerà il sipario sulla settantesima edizione della Mostra di Venezia. Così tra un blockbuster e una mezza dozzina di rimasugli di magazzino, nella speranza di un utopico allungamento della stagione durante il bollente periodo estivo, le case di distribuzione nostrane sparano le ultime cartucce a disposizione per convincere lo spettatore di turno a preferire il refrigerio di una sala alla calura di una spiaggia. Di conseguenza, l’offerta dell’ultimo weekend di giugno è particolarmente abbondante e il rischio di inciampare in qualche spiacevole sorpresa è piuttosto alto. Non è per fortuna il caso di Tra cinque minuti in scena, nei cinema dei principali capoluoghi della Penisola grazie alle venti copie circa messe a disposizione dell’opera prima di Laura Chiossone dalla Parthénos.
Dopo una proficua esperienza nella produzione breve e nei commercial, la Chiossone si misura con la lunga distanza firmando una pellicola che fa dell’ibridazione e della contaminazione delle arti il proprio dna drammaturgico. In essa vanno a confluire in maniera armoniosa e simbiotica teatro e cinema, dando origine a uno scambio continuo tra le parti chiamate in causa che permette alla tridimensionalità spaziale della prima di fondersi con la bidimensionalità della seconda. Il risultato è un sistema di vasi comunicanti nei quali scorre la linfa vitale di entrambe, generando a sua volta un’architettura drammaturgica semplice, ma efficace, sorretta da liberi “giochi” di metalinguaggio. La vita lontano dalle assi di un palcoscenico diventa una cosa sola con la messinscena della vita stessa, alla pari dell’esistenza e della sua rappresentazione, del fluire naturale del tempo in uno spazio cangiante e dell’astrattezza della quarta parete, in una catarsi senza soluzione di continuità che racchiude in un corpo unico, l’uomo e l’artista, in questo caso l’attore e il personaggio che dovrà interpretare in uno spettacolo teatrale. Proprio da questo “magma” emerge un’opera che racconta l’autobiografica vicenda di una donna/attrice che ha deciso di prendersi cura dell’anziana madre non più autosufficiente, che per un bizzarro scherzo del destino viene scritturata per interpretare una figlia, anche lei alle prese con una madre anziana e malata. A vivere e a vestire i panni della protagonista, in un vero e proprio cortocircuito emozionale, una bravissima Gianna Coletti, donna e attrice, se stessa e altro, inspiegabilmente poco “usata” al cinema (solo cinque pellicole all’attivo tra cui Il bisbetico domato e Facciamo Paradiso), a differenza delle tante performance teatrali e televisive collezionate. È lei a doversi prendere cura nel quotidiano della vera madre, Anna Coletti. Le due finiscono con il regalare alla platea senza alcun dubbio i momenti più intensi e divertenti del film, quelli che la macchina cinema, testimone oculare silenzioso e mai invasivo non ha saputo per fortuna prevedere. Questo perché è la scrittura del reale, che passa attraverso l’essenza documentaristica, a catturare il tutto, non lasciando mai spazio in quei passaggi al calcolato artificio.
Quello della Chiossone è, infatti, un interessante esperimento di docu-fiction, dove a funzionare è il vero più che il falso. Meccanico e discontinuo nel plot con frequenti alti e bassi, seppur piacevole e scorrevole, il film nel suo complesso ha nella componente scritta a tavolino il tallone d’Achille che non le permette di spiccare il volo. Ennesima dimostrazione che la vita è la sceneggiatura più difficile da mettere in quadro. Come già accaduto in Tutto su mia madre e nel recente Cesare deve morire, anche in Tra cinque minuti in scena spetta alla Settima Arte l’arduo compito di osservare e catturare ciò che il teatro tenta di mettere in scena davanti a una macchina da presa. Per cui l’originalità nel progetto viene meno, ma non la capacità della regista di riproporre e re-inventare in chiave personale una formula più che collaudata, ma nella quale c’è ancora spazio per la sperimentazione. Il filo rosso del racconto è l’allestimento di uno spettacolo tra mille difficoltà organizzative e sentimentali, che la Chiossone attraverso altrettanti linguaggi e giochi cromatici scompone in tre livelli narrativi, ossia la vita di tutti i giorni, la messinscena e la preparazione. La bravura sta nell’essere riusciti a farli coesistere senza che l’uno entrasse mai in conflitto con l’altro.
Info:
Il trailer di Tra cinque minuti in scena su Youtube
- Genere: commedia
- Titolo originale: Tra cinque minuti in scena
- Paese/Anno: Italia | 2013
- Regia: Laura Chiossone
- Sceneggiatura: Gabriele Scotti
- Fotografia: Alessio Viola, Francesco Carini
- Montaggio: Walter Marocchi
- Interpreti: Anna Canzi, Anna Coletti, Elena Russo Arman, Gianfelice Imparato, Gianna Coletti, Luca Di Prospero, Urska Bradaskija
- Produzione: Albatros, Filmgood, Mare Mosso, RossoFilm
- Distribuzione: Parthénos
- Durata: 84'
- Data di uscita: 27/06/2013