World War Z

World War Z

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World War Z non è poi tanto diverso dalla popolare serie televisiva The Walking Dead, che sperpera con le sottotrame interpersonali l’affascinante ambientazione post-apocalittica. Mancano la cattiveria, l’insaziabile fame di carne umana dei morti che camminano, il sangue, le viscere, l’orrore, la tragedia dietro ogni angolo.

Verrà la morte e avrà i nostri occhi

In un giorno come tanti altri, Gerry Lane e la sua famiglia si trovano in auto bloccati nel traffico metropolitano. Lane, un ex-impiegato delle Nazioni Unite, ha la sensazione che non si tratti del classico ingorgo. Il cielo da lì a poco si riempie di elicotteri della polizia, e gli agenti in motocicletta sfrecciano all’impazzata da tutte le parti: la città è in preda al caos. Ovunque per le strade, orde di persone si avventano ferocemente tra di loro, contagiandosi con un morso di un virus letale che trasforma gli esseri umani in creature irriconoscibili e feroci. I vicini di casa si rivoltano tra di loro, le persone innocue diventano improvvisamente nemici pericolosi. Le origini del virus sono sconosciute, mentre il numero delle persone infette cresce di giorno in giorno, raggiungendo rapidamente i livelli di una pandemia globale… [sinossi]
La chiamano in molti modi: la Crisi, gli Anni bui,
la Peste ambulante, ma anche con nomi più trendy,
come guerra mondiale degli Zombi o prima guerra degli Zombi.
A me personalmente non piace quest’ultima etichetta,
perché presuppone una seconda guerra degli Zombi.
da Max Brooks, World War Z. La guerra mondiale degli Zombi,
Cooper editore, Roma 2007.

Non si può mettere in discussione l’efficacia spettacolare di World War Z, diretto con mano sicura da Marc Forster [1]. Ci sono invidiabili scene di massa che intrecciano action, caos e dettagli orrorifici (l’incipit, l’assedio di Gerusalemme); sequenze giocate sul filo della tensione, tra interni claustrofobici consueti (il palazzo di Philadelphia, il centro di ricerca) e meno prevedibili (l’aereo); un Brad Pitt mattatore, ben supportato dal resto del multietnico cast; scenari apocalittici sparsi per il globo e via discorrendo. Insomma, una grossa produzione, un blockbuster dal budget mastodontico.

In fin dei conti, il film parte bene, con l’elegante split screen diagonale dei titoli di testa e il montaggio incalzante che introduce la devastante pandemia. Un ritmo narrativo elevato, chiaro e lineare, come nella macrosequenza della fuga da Philadelphia, prima in macchina, poi a piedi, quindi in camper. Forster mette in scena un caos organizzato, tra dettagli e totali, pianificando la rappresentazione di una inevitabile anarchia: è la resa delle forze dell’ordine (significativo il siparietto del poliziotto nel supermercato), delle città, degli Stati, del genere umano. La Terra è in fiamme, messa in ginocchio da se stessa, dagli effetti della sovrappopolazione, dai continui attacchi a una Natura stremata e indispettita, dalle condizioni estreme del Terzo Mondo e tutto quel che segue.

World War Z prende per mano lo spettatore e lo porta in giro per il pianeta: in macchina, in aereo, in nave, in elicottero, negli Stati Uniti, in Corea del Sud, in Galles, a Gerusalemme… Incollati a Brad Pitt, protagonista e produttore, veniamo trascinati in una detection più thriller che horror, declinata per il grande pubblico, per e sulle famiglie. Al centro di questo costoso zombie movie c’è infatti la famiglia, tallone d’Achille di tanto cinema hollywoodiano: Gerry Lane/Pitt è prima di tutto un padre, un Ulisse contemporaneo deciso a riabbracciare una Penelope fin troppo passiva. Ed è proprio questo il grande limite del film, questo suo essere “per tutti”, magari inquietante ma mai spaventoso, spettacolare ma blandamente orrorifico, mai splatter, semmai sentimentale.

La produzione, Forster e il manipolo di sceneggiatori hanno scelto di normalizzare il romanzo e le suggestioni di Max Brooks – World War Z. La guerra mondiale degli zombi (2006) ma anche e soprattutto l’imprescindibile Manuale per sopravvivere agli zombi (2003). E così il racconto diventa lineare, con buona pace della costruzione a flashback e del lavoro sulla documentazione, mentre il discorso politico è all’acqua di rose, lontano anni luce dalle scudisciate romeriane. Gli zombi corrono e saltano, restano spesso a stomaco vuoto e si distinguono giusto per la sequenza del muro di Gerusalemme. Spettacolare, ancora una volta, ma nelle nostre orecchie risuonano due colpi: uno al cerchio e uno alla botte.

World War Z non è poi tanto diverso dalla popolare serie televisiva The Walking Dead, che sperpera con le sottotrame interpersonali l’affascinante ambientazione post-apocalittica. Mancano la cattiveria, l’insaziabile fame di carne umana dei morti che camminano, il sangue, le viscere, l’orrore, la tragedia dietro ogni angolo. L’apocalisse è ben orchestrata ma troppo asettica, non si sporca le mani e nemmeno la bocca.

Note
1.
Della filmografia di Forster, ricordiamo almeno Monster’s Ball – L’ombra della vita (2001), Neverland – Un sogno per la vita (2004), Stay – Nel labirinto della mente (2005), Vero come la finzione (2006) e Quantum of Solace (2008).
Info
Il sito ufficiale di World War Z.
World War Z su facebook.
Il trailer italiano di World War Z.
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