Under the Skin

Under the Skin

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Tratto dall’omonimo romanzo di Michel Faber e presentato in concorso a Venezia 70, Under the Skin di Jonathan Glazer ce la mette tutta per essere originale e stupefacente, ma cade vittima della sua stessa protervia.

Un’aliena gira la Scozia con il suo camioncino in ricerca di prede umane di genere maschile da fagocitare dall’interno, sgonfiandole come palloncini. [sinossi]

Non occorre rievocare la sempiterna lezione dei miti greci per sapere che a volte l’ambizione tira brutti scherzi. Nella trappola è rovinosamente caduto anche Jonathan Glazer, trascinato giù dal suo nuovo, prometeico lungometraggio: Under the Skin, tratto dall’omonimo romanzo di Michel Faber e presentato in concorso a Venezia 70. Dopo l’intrigante Birth –Io sono Sean, dove un’attonita Nicole Kidman (splendido il suo lungo primo piano finale) si confrontava con un ragazzino proclamatosi la reincarnazione del suo defunto marito, stavolta Glazer affronta il sottogenere della fantascienza “filosofica”, assegnando a Scarlett Johansson il ruolo di un’aliena predatrice che ha scelto le Highlands scozzesi come territorio di caccia. Date le sue abitudini alimentari, la poverina si ritrova ad avere, naturalmente, qualche problema di integrazione e, tra l’altro, avendo come unici talenti l’arte venatoria e la guida sicura del suo camioncino, di fare carriera per lei proprio non se ne parla. Né il film d’altronde, a esclusione delle ultimissime sequenze, sembra avere a cuore il tema della differenza razziale tra uomo e alieno, nonostante l’abbondante esibizione dell’epidermide dell’attrice e delle sue vittime.

E in fondo dunque anche parlare di “fantascienza filosofica” può apparire eccessivo, dal momento che non siamo dalle parti dei recenti Moon e Prometheus né tantomeno da quelle di 2001: Odissea nello spazio, Solaris o L’uomo che cadde sulla terra, sebbene sia forse proprio quest’ultimo il referente più calzante. Under the Skin é infatti il mero frutto di un’elaborata ricerca di immagini belle e senz’anima, impenetrabili al ragionamento, opache al punto che anziché stimolare il pensiero finiscono solo per lasciare pensierosi.
Inutile assemblare dunque in maniera così scomposta scenografie algide e surreali, immergere i personaggi in un nero liquido amniotico, sgonfiarli dall’interno fino a farne restare solo la pelle, perché tutto, mancando di struttura d’insieme, finisce solo per ricordarci il lungo curriculum del regista in campo pubblicitario e videoclipparo. Ed è inevitabile che ciò accada, in una pellicola che si arroga il diritto di fare a meno della narrazione, senza riuscire davvero a stupire né a comunicare qualcosa. La situazione si aggrava ancor di più, sfiorando un discorso di semplice opportunità e buon gusto, quando ci accorgiamo che a segnare il punto di svolta nel percorso della bella (almeno in superficie) protagonista è l’incontro con un simil-elephant man. Il film vorrebbe dirci che sono uguali, ma non riesce in alcun modo a farci dimenticare che quella che abbiamo di fronte è Scarlett Johansson.

Detto ciò è evidente che Under the Skin non riesce nemmeno nell’intento di donare una nuova immagine alla sua interprete (simbolico sarebbe in tal senso il cambio di pelle). In questo tripudio di visionarietà la povera Johansson, non avendo di fatto un vero personaggio da interpretare, incarna in maniera meramente assertiva soltanto l’icona di se stessa. Ma magari per qualcuno il fatto di vedere la diva nei panni di un’aliena o il regista affannarsi per stupire varrà il prezzo del biglietto, per altri però questo Under the Skin resterà un fulgido esempio di quanto tedio possa arrecare nello spettatore un eccesso di creatività egocentrica.

NOTE
Under the Skin al Toronto Film Festival.
Il sito ufficiale di Under the Skin.
Under the Skin su facebook.
Il trailer originale di Under the Skin.
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