Spaghetti Story

Spaghetti Story

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Il film d’esordio di Ciro De Caro, Spaghetti Story. Un piccolo e coraggioso film, che narra di attori in cerca di ruoli, spacciatori borgatari, prostitute cinesi, cuoche da concorso televisivo, amori e amicizie.

Maneki neko

Valerio è un bravo attore, ma si arrangia con impieghi part-time nell’attesa di poter vivere del proprio lavoro. Il suo amico Scheggia vive ancora con la nonna, ma sa già come crearsi “una posizione”. Serena è una studentessa, ma vorrebbe costruire una famiglia con Valerio. Giovanna lavora come massoterapista, ma sogna di diventare chef di cucina cinese. Quattro giovani adulti dei nostri giorni, che sembrano avere le idee chiare su chi sono e cosa vogliono ma di fatto restano ingabbiati nei propri schemi mentali. Ognuno giudica l’altro, ed è cieco di fronte alle proprie esigenze e potenzialità. Quando la giovane prostituta cinese Mei Mei entra a far parte delle loro vite, tutto cambia rapidamente… [sinossi]

La vera forza di un’opera come Spaghetti Story, esordio alla regia di Ciro De Caro, risiede nella risposta che, a suo modo, dà alle infinite speculazioni sul cosiddetto “cinema della crisi”. Lavorando praticamente senza budget, De Caro e la sua troupe mostrano una delle vie possibili per evitare di rimanere intrappolati nell’aura mediocritas di una nazione cinematograficamente imberbe, incapace oramai di ragionare e analizzare sul senso dell’inquadratura, sul perché si gira prima ancora che sul cosa si gira. Se preso come esperimento (im)possibile di sradicamento delle più bieche e turpi abitudini della Settima Arte nostrana, Spaghetti Story non può non essere considerato il paradigma salvifico di un cinema ancora vivo, pulsante, perfino “resistente”: un atto perfino scellerato, condotto con una passione che è possibile respirare a pieni polmoni durante la visione del film.
Non fosse stato infatti per l’irruzione in scena di Distribuzione Indipendente, che lo ha scelto come ideale punto di partenza del listino 2013-2014, con ogni probabilità Spaghetti Story sarebbe scomparso con una certa rapidità dai radar critici della penisola: ben poco, infatti, contano i successi, gli applausi e le belle parole raccolte durante la peregrinazione di festival in festival in giro per il mondo. Nemo propheta in patria, dopotutto, è un detto che va di moda nel mondo occidentale da quasi duemila anni…

Al di là di quanto appena affermato, Spaghetti Story non è un film perfetto, e sarebbe sbagliato e ingiusto cercare in lui le soluzioni adatte, il grimaldello indispensabile per scardinare gli ingranaggi del sistema-cinema in Italia. Ciro De Caro, in collaborazione con Rossella D’Andrea (anche tra le interpreti del film nel ruolo di Giovanna, sorella di Valerio, attore alla ricerca disperata di una parte), si dimostra penna arguta, in grado di costruire una serie di dialoghi al fulmicotone tutti puntuali nel centrare il bersaglio. Magari non sempre stabile nel gestire la sottotrama legata all’ambiente cinese, con ogni probabilità il punto debole dell’intera architettura narrativa studiata da De Caro e D’Andrea, la sceneggiatura ha il coraggio di puntare l’occhio su una descrizione della romanità piuttosto apprezzabile. A colpire è soprattutto la naturalezza quasi priva di artificio con cui il cast scelto per la bisogna si cala nei panni dei propri personaggi: a rubare la scena è in particolar modo Cristian Di Sante, giovane spacciatore che rappresenta l’anima più lirica, romantica eppur terracea di Spaghetti Story.
Laddove i nodi vengono maggiormente al pettine, invece, è nella messa in scena studiata da De Caro: prediligendo, come già accennato per quel che concerne la recitazione, uno stile mai palesemente artefatto e in grado di riprodurre la “natura” intrinseca di ciò che si sta raccontando, il giovane regista opta per una messa in scena frontale, in cui la macchina non riesce però a donare maggiore spessore alla percezione di “verità”. Anche l’utilizzo del taglio in asse, che spezza il ritmo dei piani sequenza, finisce per far rimpiangere una dilatazione del tempo irrimediabilmente perduta.

A risentirne è l’immaginario, che risulta inevitabilmente depauperato, eccessivamente trattenuto, volutamente ingabbiato in una confezione che fa di un’asciuttezza in alcuni frangenti anche troppo esibita il proprio tratto distintivo. Avrebbe potuto ergersi al livello di un’anomalia profonda rispetto al resto del panorama cinematografico italiano – indipendente e non –, e invece Spaghetti Story rimane “solo” un interessante esperimento, opera prima da non sottostimare e che con coraggio va a fronteggiare i colossi che si daranno battaglia sotto le feste.
Anche per questo viene in ogni caso naturale difendere lo spirito indomito, orgogliosamente indipendente (nel senso più intimo e profondo del termine), che ammanta e riveste Spaghetti Story. Se tra una corsa in centro per comprare i regali e una cena pre-natalizia vi venisse la voglia di andare al cinema, non snobbate questo piccolo e divertente film, anche e soprattutto con i suoi difetti. Perché la perfezione non è di questo mondo, ma il coraggio sì, anche se sempre più raro. Anche al cinema.

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