Tutto sua madre

Tutto sua madre

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Guillaume Gallienne esordisce alla regia con Tutto sua madre, una commedia spassosissima e spiazzante che affronta il tema della scoperta dell’identità sessuale attraverso il rituale collettivo del teatro (e del cinema).

Nello specchio di Narciso

Da quando Guillaume ha otto anni, tutti credono che sia omosessuale… Fino a quando, all’età di 30, incontra la ragazza che, dopo sua madre, diventerà l’altra donna della sua vita. [sinossi]

Narciso si sporse infine sul greto dello stagno e nelle sue torbide acque vide riflesso, il volto di sua madre. Succede al protagonista di Tutto sua madre (in originale, Les garçons et guillaume, à table!) che tra una lacaniana fase dello specchio incompleta e una fase edipica di freudiana memoria momentaneamente congelata, si ritrova ad affrontare una complessa fase di crescita personale che lo condurrà a separare, una volta per tutte, la propria immagine da quella dell’invadente, autoritaria eppur sublime genitrice.
Si muove dunque con innegabile eleganza tra farsa e tragedia, psicanalisi e bildungsroman il sorprendente esordio alla regia dell’interprete della Comédie-Française Guillaume Gallienne, che giunge ora anche dalle nostre parti dopo aver sbancato i botteghini in patria. Si tratta dunque senza dubbio dell’ennesima riconferma della vitalità della commedia d’oltralpe che – mentre la nostra annaspa rigiocandosi ad libitum le sue carte usurate, tra vecchi stereotipi e sparuti accenni alla contemporaneità tradotti in labili riferimenti alla crisi economica in corso – è in grado, come ben dimostra Tutto sua madre, di sfoggiare una freschezza e una sincerità a tratti spiazzante.

Tratto da un monologo teatrale d’ispirazione autobiografica firmato e messo in scena nel 2008 dallo stesso Gallienne (che vi interpretava tutti i personaggi), il film racconta la storia di Guillaume (incarnato dall’autore e regista), ritenuto dai componenti della sua famiglia (padre, madre e due fratelli maschi) omosessuale e come tale considerato ben oltre l’età adulta. Le ragioni della sua incerta identità sessuale sono però da rinvenire nel rapporto esclusivo con la madre (incarnata sul grande schermo sempre da Gallienne), una donna forte, volitiva e in un certo senso anche un po’ virile. Certo lo è più del timido, ben educato ed effemminato figliolo, che si ritroverà non a caso impelagato in una serie inarrestabile di situazioni ambigue e imbarazzanti, che il neo-regista tratteggia con un umorismo tagliente e mai banale. Così, tra imboscate subite nel bagno scolastico, un clistere praticato dall’eterea infermiera teutonica incarnata da Diane Kruger e l’incursione in un locale per soli uomini, il nostro schizofrenico protagonista si ritrova ad affrontare un crescendo di situazioni spassosissime ma anche vagamente inquietanti, che come una serie di piccoli shock lo condurranno dritto all’origine di ogni sua incertezza.

Certo, tra la turbolenta permanenza nel collegio francese, quella nel corrispettivo britannico di ben più ampie vedute, l’incursione nella Spa teutonica e una visita per il servizio militare che rievoca quella subita da Arlo Gutrie in Alice’s Restaurant (Arthur Penn, 1969), la struttura narrativa di Tutto sua madre sembra adagiarsi un po’ troppo su uno schema episodico. Ma proprio quando questo meccanismo inizia a mostrare la corda, ecco arrivare un colpo di scena che da narrativo riesce a farsi anche teorico e foriero di riflessioni nient’affatto scontate.
Dall’accumulo crescente di quadretti comici Tutto sua madre si dirige infatti con passo sicuro là dove era partito, verso un rituale collettivo – il teatro – dove noi stessi spettatori siamo chiamati a partecipare ad un rituale dionisiaco di liberazione, che diviene il punto di forza di un adattamento che non nasconde la sua matrice teatrale ma la sublima in cinema.

INFO
Tutto sua madre sul sito della Gaumont.
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