Mister Morgan

Mister Morgan

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Incapace di sfondare la parvenza di limpidezza della superficie per indagare la ben più interessante profondità dell’animo umano, Mister Morgan rimane un’opera inerte, rinfrancata solo dalla presenza scenica dell’ottantunenne Michael Caine e dalla verve della trentaduenne Clémence Poésy.

Il vedovo

Dal giorno in cui Pauline gli dà una mano sull’autobus, Matthew Morgan, testardo e annoiato dalla vita, ritorna piano piano alla felicità. Totalmente conquistato dalla vitalità disarmante e dall’incrollabile ottimismo della giovane donna, il silenzioso insegnante diventa un improbabile studente di vita… [sinossi]

Cosa ci fa un professore di filosofia statunitense in pensione, inconsolabile vedovo ottuagenario, a Parigi, dato che non riesce neanche a comprendere la differenza che intercorre tra s’il te plaît e s’il vous plaît e non è in grado di ordinare una baguette? Il giovedì pranza con la sua unica conoscente, e per il resto del tempo rimane nel suo lussuoso appartamento, tra libri e squarci di ricordi dell’amata consorte. Mentre si crogiola in questo stato d’animo si imbatte in Pauline, che all’apparenza sembra l’esatto opposto del suo mondo: giovane, vitale, illetterata, capace di discorrere senza problemi sia in francese che in inglese. Eppure anche lei è sola, e piange da anni la morte del padre…
Parte da questa comunione di spiriti solinghi Mister Morgan, opera quinta di Sandra Nettelbeck, resasi nota finora per titoli come Ricette d’amore e Helen, drammi (e commedie) al femminile intensi quanto vanagloriosi nella loro improvvisa discesa nell’abisso di un melodramma in fin dei conti inessenziale.
A conti fatti non è da meno anche la storia dell’austero Mister Morgan, che rintraccia nell’indole della giovane conoscenza (e a quanto pare nei tratti somatici) le eco della moglie venerata quasi come una divinità.

Non c’è però ossessione alcuna nascosta tra le pieghe del cinema della Nettelbeck, né si avverte la presenza di alcun rimosso da indagare, tanto che anche un tema scottante e ricco di sfumature come quello dell’eutanasia viene affrontato in Mister Morgan senza traumi, né reali sorprese. Morgan non è lo Scottie Ferguson di Vertigo, la figura di Pauline non evade mai dalla gabbia angelica in cui è stata reclusa per preservarne la purezza agli occhi dello spettatore, e perfino le evidenti implicazioni morbose nel rapporto tra la ragazza e il figlio di Morgan (nel quale trova sfogo fisico l’innamoramento intellettuale e pudicamente rispettoso dell’anagrafe che la ragazza vive nei confronti del professore in pensione) limitano l’ovvia specularità padre/figlio a un siparietto (poco) comico sul modo di ordinare una baguette farcita.

Incapace di sfondare la parvenza di limpidezza della superficie per indagare la ben più interessante profondità dell’animo umano, Mister Morgan rimane un’opera inerte, rinfrancata solo dalla presenza scenica dell’ottantunenne Michael Caine e dalla verve della trentaduenne Clémence Poésy (già vista, tra gli altri, nella saga di Harry Potter, dove interpreta l’allieva di Beauxbatons Fleur Delacour, in 127 ore di Danny Boyle e in In Bruges di Martin McDonagh). Anche il reduce di Weeds Justin Kirk si impegna a dovere, ma è davvero arduo farsi coinvolgere da un melò familiare in cui i contrasti decennali si risolvono nell’arco della notte, gli amori nascono dopo una chiacchierata in albergo e ogni singolo tassello può trovare una propria naturale collocazione senza sovrapporsi in alcun modo agli altri.
Cinema poco coraggioso (“classico”, lo appellerà erroneamente qualcuno), artefatto, in cui i sentimenti sono creati a tavolino in maniera quasi scientifica. Di fronte a questa discutibile operazione viene quasi naturale parteggiare per il personaggio più ambiguo e squallido, la figlia di Morgan interpretata da una sulfurea Gillian Anderson. Peccato che rimanga in scena solo per pochi minuti…

Info
Il sito di Officine Ubu, casa di distribuzione di Mister Morgan.
La pagina Facebook ufficiale di Mister Morgan.
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