Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve

Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve

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Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve è una commedia nera rocambolesca e urticante, variopinta e qualunquista, tratta dall’omonimo best-seller mondiale di Jonas Jonasson.

Armiamoci e partite

Dopo una vita lunga e intensa, il centenario Allan Karlsson finisce in una casa di cura. Proprio pochi giorni prima di spegnere la centesima candelina, Allan decide di sfuggire una volta per tutte dalla tediosa vita quotidiana. Così, scappa da una finestra e dà inizio ad una serie di eventi inattesi, tra cui l’incontro con una gang di criminali, omicidi, una valigia piena di bigliettoni, un elefante e un poliziotto incompetente. Per chiunque altro sarebbe stata l’avventura di una vita, ma per Allan, è semplice routine, nel corso della sua lunga vita, ha assistito infatti ad alcuni degli eventi più importanti del XIX secolo. [sinossi]

Il classico personaggio dell’idiota che attraversa, non senza un pizzico di inconsapevolezza, una serie di vicissitudini magari anche dal portato storico ponderoso, non è esclusivo appannaggio della letteratura e del cinema statunitense. Sorta di novello Forrest Gump in salsa nord europea, Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve di Felix Herngren, tratto dall’omonimo best-seller di Jonas Jonasson, è un curioso pamphlet storico il cui punto di vista sugli eventi è affidato a un personaggio “sui generis” che, anziché avere una qualche tara sul versante del quoziente intellettivo, la possiede da quello riproduttivo (è stato privato di questa possibilità in seguito ad esperimenti eugenetici) con l’aggravante, in epoca contemporanea, di un’età avanzata sulla quale aleggia il sospetto della demenza senile.

Bambinone assai cresciuto (ha appena raggiunto il centesimo anno d’età), l’antieroe di questa storia, Allan Karlsson (Robert Gustafsson) è appena fuggito dall’ospizio in cui risiedeva per trovarsi coinvolto in una rocambolesca avventura, i cui continui e quasi nevrotici rivolgimenti (tutto ruota intorno a una valigia ricolma di euro) riportano via via a galla, attraverso copiosi flashback, le sue avventure del passato. Si va dalla guerra di Spagna all’Urss Stalinista, dall’incontro con Franco a quello con Truman, dal possesso di un prezioso uovo Fabergé al concorso attivo nella costruzione della bomba atomica. Il nostro Allan attraversa tutto con ostentata leggerezza, ma non senza una ficcante cattiveria, vendica la morte del suo gatto facendo esplodere un’altrettanto innocente volpe, non ha rimorsi né considera l’omicidio una colpa da biasimare troppo a lungo, specie se a soccombere sono i cattivi. La sua arma segreta è l’imprevedibilità, ma il turbinio di improbabili concatenazioni tra cause (bislacche) ed effetti (più o meno giocosi) che attraversa incolume finisce presto per diventare, per una malvagia ma inesorabile legge del contrappasso, a sua volta prevedibile.
Così tra l’esotismo bislacco di un elefante nella foresta, personaggi circensi e amori improbabili tutto in Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve è grazioso, a tratti spassoso, orgogliosamente arbitrario. Quel che però, si immagina, nelle pagine del romanzo possa suonare originale e insolito, una volta trasposto sul grande schermo, che per sua natura non si scompone di fronte alla follia creativa, si perde in una fantasmagoria gratuita, appesantita tra l’altro da un sense of humour non sempre di facile presa né comprensione.

La pecca maggiore del film risiede poi in un forse evitabile qualunquismo storico, per cui il personaggio di Allan si ritrova ad essere, tra le altre cose, ora franchista ora antifranchista, cosa che crea non pochi problemi di identificazione spettatoriale. Il nostro Zelig centenario, appesantito da un make up che fa pensare più ai nostrani Soliti idioti che al modello made in Usa di Il curioso caso di Benjamin Button, è il classico personaggio in cerca d’autore, ma anche una figura fortemente ambigua, perennemente in bilico tra il politicamente scorretto e il cattivo gusto, ma anche tra il demenziale e lo stucchevole. Non mancano infatti incursioni nei buoni sentimenti, soprattutto grazie al personaggio del timidissimo Benny (David Wiberg), impegnato in una lunga e tentennante strategia di seduzione – il cui finale non è difficile da intuire – con la corpulenta bifolca Gunilla (Mia Skäringer).
Proprio il personaggio di Benny lascia intravedere la possibilità che il film assuma un suo spessore: egli è infatti con la sua atavica indecisione una sorta di doppio speculare per il nostro protagonista. Ma questa idea, forse meglio sviluppata nel romanzo di partenza, balugina solo al tramonto di questa pellicola, che con il suo carrozzone di buffe figurine bidimensionali e situazioni grottesche, non riesce mai a trovare una direzione, né tantomeno un approdo.

 

INFO:
La pagina dedicata a Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve sul sito della distribuzione italiana
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