Vienna Independent Shorts 2014
Undicesima edizione del Vienna Independent Shorts, una finestra sul mondo del cortometraggio con diverse notevoli sorprese, tra cui The Questioning di Zhu Rikun.
Ci sono molte strade per approcciarsi al mondo del cortometraggio. La più banalizzante è quella che identifica il corto in una sorta di palestra per accedere all’empireo del lungometraggio. A livello di prassi industriale, probabilmente spesso accade così, ma è forse limitante interpretare in senso puramente vettoriale il percorso, univoco e unidirezionale, da corto a lungo. Sarebbe anzi auspicabile che anche i grandi autori continuassero a coltivare parallelamente il racconto breve, come facevano i grandi classici della letteratura alternando romanzo e racconto. In tal senso gli esempi in realtà non mancano nemmeno nel cinema, ma in ogni caso il cortometraggio si configura ormai come un mondo espressivo anche autosufficiente, in cui il racconto classico spesso affianca parallelamente sperimentazione e avanguardia. Sicuramente è più ampia la libertà produttiva rispetto all’industria del lungometraggio. Meno soldi, meno obblighi, più libertà. Da un lato, sbirciando tra le evoluzioni del linguaggio “short” possiamo farci un’idea del cinema di domani. Dall’altro, possiamo anche venire a conoscenza di tutto un universo creativo che procede per conto proprio, che gioca e sperimenta su se stesso, in aperta alternativa alle regole del lungo.
Il VIS, il festival Vienna Independent Shorts, giunto alla sua undicesima edizione e in corso dal 23 al 29 maggio, sposa anche quest’anno con determinazione la coerenza estetica del mondo “short”. Articolata in più sezioni parallele, competitive e non, la kermesse propone ad ampio raggio sperimentazioni in tutte le direzioni possibili. Sempre meno praticato appare semmai il racconto convenzionale, con piena e libera espressione delle provocazioni più diverse su codici, linguaggi e contenuti. L’edizione di quest’anno, che sta avendo luogo in questi giorni nella capitale austriaca negli spazi della Kuenstlerhaus e dello Stadtkino, mostra infatti il linguaggio-cinema in stretta connessione con la propria multiformità. Anzi, pare rinnovarla, visto che tale multiformità è spesso dimenticata e rimossa da logiche industriali. Spirito fortemente internazionale (le opere giungono da ogni parte del mondo), libera compresenza di “feature film”, documentario, animazione e videoclip, ampiezza di contenuti. La sezione “monografica” del festival è dedicata al Radicalism in prospettiva storica e geografica. Tramite un interessante esempio di collaborazione tra festival, il Vienna Independent Shorts ha dato spazio infatti a tre programmi di cortometraggi in sinergia coi festival di cortometraggi di Bristol e Riga; le delegazioni dei tre festival gemellati hanno così messo insieme ciascuna una selezione di corti su Radicalism e dintorni.
Per quanto riguarda le sezioni competitive del festival, invece, tra le molte opere passate in concorso spicca senz’altro The Questioning di Zhu Rikun, che ha già fatto molto parlare di sé nei festival di settore e che sicuramente guadagnerà ampia visibilità. Si tratta infatti di un’opera fortemente interrogativa nei confronti del pubblico. Un gruppo di amici, tra i quali lo stesso Zhu Rikun, si reca in visita da amici nella provincia di Jiangxi, dove imperversano da anni movimenti indipendentisti contro il governo centrale cinese. Gli amici sono attivisti di tali movimenti, e questo suscita nella polizia locale sospetti nei confronti dei visitatori alloggiati in un albergo. Al momento dell’irruzione della polizia nella stanza d’albergo, il filmmaker ha azionato di nascosto la propria videocamera ponendola in posizione di camera fissa, e ricavando così un intrigante saggio di cinéma-vérité in circa 20 minuti di piano-sequenza che gradualmente si trasforma in involontario cinema fiction dell’assurdo. Casuale e non preparato, il film mostra infatti una spontanea, miracolosa e non preordinata struttura narrativa, tutta basata sulla ripetizione e su conseguenti effetti grotteschi che sfidano i migliori sceneggiatori di fiction. Dietro l’apparente casualità e “fortuna” nell’aver realizzato per caso un fantastico cortometraggio, si avverte in realtà una forte scelta ideologica a monte: aver scelto di accendere la videocamera, e “vedere come va, eventualmente butto tutto”, si profila già come una dichiarazione di estetica. Il cinema che crea la realtà. Una conferma di più della fertilità del codice-short, che può permettersi libertà spesso inconcepibili nel lungometraggio.