Locarno 2014
Come ogni anno, ad agosto il cinema invade il Canton Ticino: tutti i nostri articoli e le nostre recensioni da Locarno 2014.
È iniziato, prima ancora dell’inizio, con I predatori dell’arca perduta e I quattrocento colpi: due classici del cinema mondiale, riproposti in digitale sullo schermo della Piazza Grande. Il Festival Internazionale di Locarno può essere compreso e analizzato, a ben vedere, anche partendo e arrivando ai due eventi che hanno anticipato l’inizio della sessantasettesima edizione: dietro la visione del primo capitolo delle avventure di Indiana Jones e Antoine Doinel, vertici tra loro così (dis)simili della Hollywood rigenerata degli anni Settanta e della Nouvelle vague, si nasconde il senso di una kermesse che continua imperterrita per la sua strada, anno dopo anno, decennio dopo decennio, direttore dopo direttore. Rispetto alle miserie culturali italiane, in cui ogni singolo festival vive e respira solo a seconda dei ghiribizzi e dei voleri volatili dei politicanti di turno, di chi detiene il “potere”, Locarno appare come una certezza, un monolite dietro il quale trovare riparo dalle folate delle lotte intestine, delle guerre di logoramento condotte a distanza e spesso becere, palesamento di un imbarbarimento collettivo che è il primo segnale della decadenza di una democrazia sempre più traballante, insicura, affascinata da venti di egemonia.
Di fronte a questo squallido panorama in cui la piazza è stata sostituita da asettici salotti televisivi, il festival di Locarno rifulge, e non solo per la sua statuaria possanza acquisita nel corso del tempo: anche quest’anno il lavoro portato a termine da Carlo Chatrian e dai suoi collaboratori acquista un valore in più, certificando al di là di ogni dubbio un progetto che si muove in linea con la storia del festival senza per questo farvisi asservire o soggiogare.
Dai film che passeranno la sera in Piazza Grande ai titoli del concorso, dai “cineasti del presente” agli omaggi di cui il festival è storicamente disseminato, fino alla splendida retrospettiva dedicata alla Titanus: in poco meno di due settimane il Canton Ticino diventerà l’epicentro di un maestoso e incessante interscambio di idee, istanze, pratiche ed esperimenti tra loro distanti anni luce. In concorso Lav Diaz, autore imprescindibile della contemporaneità, sfiderà colleghi più o meno affermati, più o meno inquadrati, più o meno allineati: da Pedro Costa a Matias Piñeiro, da Eugène Green a Paul Vecchiali, da J.P. Sniadecki a Bonifacio Angius, che approda in concorso dopo aver stupito con la sua (per i più invisibile) opera prima, Sagràscia. [continua a leggere]
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