Words with Gods
di Amos Gitai, Álex de la Iglesia, Bahman Ghobadi, Emir Kusturica, Guillermo Arriaga, Hector Babenco, Hideo Nakata, Mira Nair, Warwick Thornton
In Words with Gods nove registi dai quattro angoli del globo si confrontano sul tema del divino, trovando le traiettorie più diverse e gli esiti più disparati. Fuori Concorso a Venezia 71.
Mio dio!
Words with Gods mostra nove potenti storie in cui le credenze religiose giocano un ruolo centrale. Diretto da alcuni dei registi più celebri al mondo, questo film è il racconto di tante culture diverse viste attraverso gli occhi di nove registi, profondamente coinvolti, anch’essi diversi tra loro per esperienze di vita e provenienza. Questdo film racconta come l’umanità affronta l’esperienza della nascita e della morte, la fede perduta e quella ritrovata. [sinossi]
Il tema del divino è quello che, ragionando sull’immateriale e sull’invisibile, viene più facile accostare alla ricerca perpetua di creazione di immagini in movimento, istanti di possibili mondi che nascono e muoiono nell’arco di minuti, a volte di ore. Una riflessione quasi immediata, pressoché inevitabile, ma che non giustifica a conti fatti un’operazione come quella orchestrata da Guillermo Arriaga che, con la supervisione di Mario Vargas Llosa, ha coinvolto registi di ogni formazione, età e cultura per cercare di rintracciare sul grande schermo l’eventuale presenza di un’entità superiore.
Nasce così Words with Gods, presentato in anteprima mondiale alla settantunesima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, dove è stato ospitato nel fuori concorso: nove registi impegnati in nove cortometraggi che ragionano sul divino prendendo spunto da nove religioni diverse. C’è così spazio per l’animismo aborigeno, per l’induismo, per l’islamismo, per il cattolicesimo, per la cristianità ortodossa, per il mix di culti africani e cattolicesimo che ha prodotto la brasiliana umbanda, per il buddismo, per l’ebraismo e, dulcis in fundo, anche per l’ateismo.
Inutile sottolineare che, come ogni opera collettanea, anche Words with Gods vive di un’inevitabile altalena stilistica e filosofica: il prezzo da pagare per derive così costruite a tavolino, tematiche, alle quali manca l’irruenza epidermica della necessità di espressione. Si va dunque da cadute di stile e di tono francamente poco perdonabili (La stanza di Dio di Mira Nair, sarabanda familiare con tanto di apparizione allucinatoria di Ganesh), a risalite improvvise, cambi di rotta continui e incessanti, saliscendi emozionale che cozza duramente con l’idea di compattezza che dovrebbe appartenere a un percorso tematico.
Appare abbastanza significativo che i due interventi più lucidi e cinematograficamente consapevoli arrivino dagli unici due episodi in grado di ragionare sul rapporto con la religione in maniera ironica, sarcastica, perfino irriverente: La confessione di Álex de la Iglesia ribalta in continuazione il punto di vista dello spettatore, giocando con il genere fino alle estreme conseguenze; ancor più riuscito il lavoro di Bahman Ghobadi che, con A volte alza lo sguardo, riflette anche sul senso della dialettica, sulla prospettiva cangiante, sugli infiniti approdi della ragione e sulle sue meccaniche misteriose.
Già, il mistero. Ecco cosa viene meno nella stragrande maggioranza dei cortometraggi che compongono Words with Gods: tutto diventa superficiale, tangibile, materico, nulla viene lasciato nell’ottundente buio dello sguardo. La messa in scena ripetuta, quasi pornografica, di cieli lindi o tersi, nuvole in viaggio, animali di varia foggia e dimensione, foglie, che invade lo schermo in molti dei lavori, è la dimostrazione di una fallacia così evidente nel rapporto con la macchina/cinema da non lasciare dubbi sulle proprie “colpe”: in tal senso l’episodio diretto dall’australiano Warwick Thornton (sicuramente il meno celebre dei nomi coinvolti alla regia) è il paradigma ideale per comprendere l’entità del problema. Tra digressioni interessanti per quanto parzialmente incompiute (Sofferenze di Hideo Nakata), sterili egocentrismi (La nostra vita di Emir Kusturica) e banali incursioni nelle sfere dell’ateismo (Sangue di Dio di Guillermo Arriaga, che chiude il film senza l’atteso colpo di coda), Words with Gods si assesta nel mare magnum del prodotto medio, senza mai riuscire ad ambire allo scopo che si era prefissato e dal quale aveva assunto forma.
Info
Il sito ufficiale di Words with Gods.
- Genere: commedia, drammatico
- Titolo originale: Words with Gods
- Paese/Anno: Messico, USA | 2014
- Regia: Amos Gitai, Álex de la Iglesia, Bahman Ghobadi, Emir Kusturica, Guillermo Arriaga, Hector Babenco, Hideo Nakata, Mira Nair, Warwick Thornton
- Sceneggiatura: Amos Gitai, Álex de la Iglesia, Bahman Ghobadi, Dunja Kusturica, Emir Kusturica, Guillermo Arriaga, Hector Babenco, Hideo Nakata, Jorge Guerricaechevarrìa, Reema Kagti, Warwick Thornton, Zoya Akhtar
- Fotografia: Adrian Teijido, Giora Bejach, Igor Martinovic, Kiko de la Rica, Martin Sec, Sergio Yazbek, Shanker Raman, Tetsuro Sano, Warwick Thornton
- Montaggio: Bahman Ghobadi, Franziska Von Berlepsch, Ide Lacreta, Isabelle Ingold, Nobuyuki Takahashi, Pablo Blanco, Richard Chew, Roland Gallois, Shimit Amin, Svetolik Mica Zajc
- Interpreti: Amardeep Jha, Amir A. Fekri, Barbara Paz, Chico Diaz, Demian Bichir, Emilio Echevarria, Emir Kusturica, Imma Cuesta, Juan Fernandez, Kazuya Takahashi, Makiko Watanabe , Masatoshi Nagase, Menderes Samancilar, Miranda Tapsell, Miu Tsushima, Paco Zagarzazu, Pepon Nieto, Pooneh Hajimohammadi, Raj Kumar Yadav, Ram Kapoor, Regiane Vieira, Sarai Gitavy, Shefali Shah, Tanuja, Yaël Abecassis , Yamamoto Oshiba, Yilmaz Erdogan, Zohar Strauss
- Colonna sonora: Elizabeth Lansen, Joan Valent, Kenji Kawai, Lorne Balfe, Patrick McCloskey, Shellie Morris, Sneha Khanwalkar, Stribor Kusturica, Tali Weisman
- Produzione: Bn Films
- Durata: 134'