Belluscone, una storia siciliana

Belluscone, una storia siciliana

di

Il Belluscone di Franco Maresco è il simbolo di un cinema irrimediabilmente ghettizzato, escluso dal proscenio nazionale, costretto all’esilio. Divertente e allo stesso tempo amaro, fondamentale e già dimenticato.

Cose nostre

Il film che avrebbe voluto raccontare il rapporto unico tra Berlusconi e la Sicilia, attraverso le disavventure dell’impresario palermitano di cantanti neomelodici, organizzatore di feste di piazza, Ciccio Mira – imperterrito sostenitore di Berlusconi e nostalgico della mafia di un tempo – e dei due artisti della sua “scuderia”, Erik e Vittorio Ricciardi, che in cerca di successo decidono di esibirsi insieme nelle piazze palermitane con la canzone scritta dal primo, dal titolo “Vorrei conoscere Berlusconi”. [sinossi]

Sui titoli di coda di Belluscone, una storia siciliana, i pensieri che attraversano il cervello sono molti, e spesso tra loro persino divergenti: si prova la sensazione, forte, di aver assistito a una delle opere più divertenti, spassose, del cinema italiano contemporaneo, eppure si nutre allo stesso tempo la convinzione che Franco Maresco abbia posto la firma in calce a un film doloroso, amaro, in grado di smorzare il sorriso sulle labbra.
Le intuizioni di Maresco, la sua innata capacità di trovare personaggi, (pseudo) attori, situazioni così grottesche da far scaturire la più cristallina e pura delle risate, non cancellano la sensazione di trovarsi di fronte a un film che ha lo sgradevole retrogusto del postumo. In queste giornate al Lido di Venezia, durante la settantunesima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica (dove Belluscone, una storia siciliana è inserito nel concorso di Orizzonti), ogni volta che qualcuno prende la parola su Maresco ne parla al passato, puntando l’accento sugli insormontabili problemi che ha dovuto fronteggiare per portare a termine il film. Altri rievocano i tempi di Cinico Tv, quando ancora faceva coppia con Daniele Ciprì, come se si trattasse di un epitaffio funebre, pietra tombale sulla carriera di un genio incompreso.

E invece il genio di Maresco è tutto lì, nell’ora e trentacinque minuti durante i quali si dipana la storia del film nel film: perché Belluscone parla di Belluscone, prima di ogni altra cosa… Sorta di creatura multi-cefala, cui spuntano nuove teste a ogni pie’ sospinto neanche si trattasse dell’Idra di Lerna combattuta da Eracle, Belluscone, una storia siciliana è la dimostrazione palese di quanto sia indispensabile il cinema di Maresco per una terra martoriata come quella italiana (e siciliana). Non si tratta solo di una riflessione di tipo “artistico”, intenzionata a prendere in esame l’estetica di Maresco e della sua creatura, ma si allarga per focalizzare l’attenzione, in maniera inevitabile, sull’intero panorama nazionale. Il cinema di Maresco non è una creatura “altra” rispetto alla prassi per via di bizze surreali, vagheggiamenti onirici o bizzarrie assortite: la sua alterità va rintracciata nell’essenza stessa del suo esistere, nella profondità di una costituzione mai abiuratasi a favore della prassi e della logica comune.
Inno sarcastico ma mai insincero alla Sicilia, come sempre nei suoi film, Belluscone, una storia siciliana ragiona con spietata autoanalisi sull’impossibilità stessa a fare cinema, nei modi e nei tempi che vorrebbe Maresco: in un’Italia spietata e sbrindellata, in cui la cattiva televisione diventa pretesto per ancor peggiori film, e in cui il “pensiero libero” si è addormentato su una collocazione di potere che non possiede nulla di “contro”, se non le sbandierate intenzioni, Maresco risulta persino indigesto, ed è per questo vessato, ghettizzato, martoriato fino alle estreme conseguenze (chi non ricorda il vergognoso processo a cui andò incontro Totò che visse due volte?).

Anche per questo Maresco filtra attraverso il materiale d’archivio la presenza di Silvio Berlusconi in scena, preferendo rifugiarsi, attraverso la figura guida di Tatti Sanguineti, tra i suoi cantanti neomelodici napoletani in trasferta palermitana, invasati critici cinematografici dalla parlantina incessante – lo spassoso cameo di Francesco Puma, habitué del cinema del regista siciliano –, organizzatori di eventi con evidenti collusioni mafiose, il popolo. Un popolo bonariamente scherzato ma mai crudelmente deriso, mai ridicolizzato: vittima, inconsapevole al punto di diventare persino complice, di un potere che ha messo da parte la trattativa Stato-Mafia e ora vive, semplicemente, la perfetta fusione tra i due elementi, pressoché indistinguibili.
Allo stesso modo, in Belluscone, una storia siciliana, la verità diventa indistinguibile dalla finzione, la ricreazione del reale si muove su passi e coordinate uguali (deformi, distorte, umbratili) alla realtà in senso stretto. Il reale in Maresco viene innervato di soluzioni grottesche, palesi dissertazioni comiche, interviste impossibili, resoconti umani ai limiti del credibile. È cinema totale, e per questo forse ancor più detestato da chi propone con precisa puntualità, sempre la stessa formula stantia, prevedibile e scontata: come Augusto Tretti, Franco Piavoli, Piero Bargellini (per citare autori dagli istinti e dalle abitudini estetiche differenti), anche Franco Maresco è un grande eretico del cinema italiano, ateo dissacratore di fedi costruite spesso più sul profitto che sull’indole. In questo ben lontano dall’esordio in solitaria di Daniele Ciprì, il deludente È stato il figlio, vittima invece di un imborghesimento malsano, piatta accettazione dell’ovvio, del precostituito, dell’industriale.
Fuori dalla macchina, luddista dal volto gentile, si aggira invece Maresco, fedele al suo cinema anche quando la linea sembra scomparire, o farsi difficile alla vista. Belluscone, una storia siciliana è uno splendido atto di resistenza, residuale memoria di una combattività cinematografica sempre più rara, straripante racconto popolare di un popolo martoriato, divertito e divertente ritratto di un’Italia da operetta. In un’edizione della Mostra finora avara di gioie cinefile, Franco Maresco appare come una delle poche certezze a cui valga ancora la pena di aggrapparsi.

Info
Belluscone, una storia siciliana sul sito della Mostra.
Il trailer di Belluscone, una storia siciliana.
  • belluscone-una-storia-siciliana-2014-02.jpg
  • belluscone-una-storia-siciliana-2014-01.jpg

Articoli correlati

Array
  • In sala

    La buca

    di L'opera seconda in solitaria di Daniele Ciprì. Una commedia farsesca senza ritmo, priva di verve, intrappolata in un'idea incapace di svilupparsi, simbolo a suo modo del cinema italiano contemporaneo.
  • Interviste

    Intervista a Franco MarescoIntervista a Franco Maresco

    In occasione dell'uscita nelle sale di Belluscone, dopo il successo veneziano, abbiamo intervistato Franco Maresco, per parlare del film e della sua idea di cinema e di arte.
  • Archivio

    La trattativa RecensioneLa trattativa

    di Con La trattativa - fuori concorso a Venezia 71 - Sabina Guzzanti realizza il suo film migliore, mettendo da parte gli schematismi dei suoi precedenti lavori.
  • Festival

    Venezia 2014Venezia 2014

    Per due settimane, a cavallo di settembre, il Lido si popola di film, registi e attori: tutte le nostre recensioni e gli articoli da Venezia 2014.
  • Venezia 2014

    Venezia 2014 – Minuto per minuto

    La terza edizione del Barbera-bis: annotazioni sparse sui film, sulle ovazioni e i fischi, sulle tendenze, le voci, le piccole e grandi polemiche...
  • Archivio

    È stato il figlio

    di La famiglia Ciraulo, che vive in povertà nel quartiere Zen di Palermo, perde la figlia più piccola per un proiettile vacante durante una sparatoria tra mafiosi. Come risarcimento per la perdita, i Ciraulo ottengono svariati milioni dallo Stato...