Il ragazzo invisibile

Il ragazzo invisibile

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Con Il ragazzo invisibile Gabriele Salvatores sperimenta anche in Italia il cinema di supereroi: il risultato è a tratti interessante ma goffo, rovinato da uno script inadatto a un progetto di questo tipo.

Il cinema incorporeo

Michele è un adolescente apparentemente come tanti che vive in una tranquilla città sul mare. Non si può dire che a scuola sia popolare, non brilla nello studio, non eccelle negli sport. Ma a lui in fondo non importa. A Michele basterebbe avere l’attenzione di Stella, la ragazza che in classe non riesce a smettere di guardare. Eppure ha la sensazione che lei proprio non si accorga di lui. Ma ecco che un giorno il succedersi monotono delle giornate viene interrotto da una scoperta straordinaria: Michele si guarda allo specchio e si scopre invisibile. La più incredibile avventura della sua vita sta per avere inizio. [sinossi]

Nel divertente (e profondamente divertito) Avventure di un uomo invisibile di John Carpenter, il Nick Halloway interpretato da Chevy Chase perdeva la materialità corporea durante una tempesta molecolarnucleare; a Michele, il giovane protagonista de Il ragazzo invisibile di Gabriele Salvatores in realtà basta e avanza concentrare la mente sull’idea di scomparire. Un vantaggio di non poco conto, se si è in grado di gestire la situazione…
C’è un pregio innegabile che va riconosciuto al cinema di Gabriele Salvatores: da quando esordì, trent’anni fa, con la versione rock e contemporanea di Shakespeare in Sogno di una notte d’estate, il regista meneghino – per quanto napoletano di nascita –  ha spesso cercato di muoversi in direzione di progetti del tutto anomali per gli standard produttivi italiani. Dalla fantascienza di Nirvana al noir sui generis Amnèsia, dal grottesco di Denti al thriller di Io non ho paura e Quo Vadis, Baby?, Salvatores ha dimostrato, al di là dei risultati estetici delle singole opere, di non temere il confronto con strutture narrative con troppa facilità dimenticate dalla produzione mainstream nostrana.

La conferma di quanto affermato la si può rintracciare senza particolare sforzo ne Il ragazzo invisibile, primo esempio di cinema di supereroi prodotto in Italia e ambiziosamente intenzionato ad allungare lo sguardo verso l’estero: la storia di Michele, ragazzino preso in giro dai compagni di classe che scopre di poter scomparire a proprio piacimento, avrebbe infatti tutte le potenzialità per incidere sui mercati stranieri, a partire dal mix tra supereroi e teen-movie che ha fatto la fortuna (tra gli altri dettagli) sia dello Spider-Man di Sam Raimi che del reboot affidato alle cure di Marc Webb. Il condizionale è però d’obbligo, perché se si esclude un buon lavoro tecnico, anche per quel che concerne gli effetti speciali, Il ragazzo invisibile delude profondamente anche lo spettatore più propenso a concedergli il beneficio del dubbio.
Il problema è collegato principalmente a una scrittura appena abbozzata quando non propriamente raffazzonata: come già capitava nel precedente Educazione siberiana, Salvatores lavora di continue semplificazioni narrative, scegliendo di non problematizzare mai la materia che si trova a maneggiare. In questo modo i personaggi risultano superficiali, spesso spediti nell’agone della contesa in maniera improvvida, creando un inevitabile spaesamento nello spettatore e impedendo quel percorso di identificazione che è al contrario indispensabile per un prodotto cinematografico di questo tipo. Gli stessi Michele e Stella, di fatto i veri e propri protagonisti della vicenda, appaiono in fin dei conti sfocati, scialbi agli occhi del pubblico, anche per una doppia scelta di casting in tutta sincerità poco convincente.

Ne viene fuori un guazzabuglio che ha bisogno di continui intermezzi esplicativi (il primo intervento in scena di Christo Jivkov, con tanto di breve chiacchierata con Michele, grida vendetta) per perpetuare il proprio senso sullo schermo. Le idee più interessanti, mutuate in parte anche dal capolavoro di Katsuhiro Ōtomo Akira, vengono sprecate in fretta e furia, come la descrizione dei vari cittadini russi che hanno acquisito poteri speciali dopo essere stati sottoposti all’esplosione di una centrale nucleare: l’aria si fa presto asfittica, e non viene mai considerato il tempo necessario per permettere allo spettatore di entrare a pieno nel racconto.
Peccato, perché l’impressione è che se solo si fosse lavorato con meno approssimazione Il ragazzo invisibile avrebbe potuto rappresentare una boccata d’ossigeno per il cinema italiano, sempre più in crisi e sempre più convinto di non esserlo.

Info
Il sito ufficiale de Il ragazzo invisibile.
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