The Last Reel

The Last Reel

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The Last Reel di Kulikar Sotho segna la prima volta del cinema cambogiano al Far East Film Festival di Udine. Un melodramma intenso sulla memoria della Storia e del cinema. Che a volte si legano in maniera indissolubile.

L’ultimo cinema

Dopo un litigio con il suo arrogante fidanzato Veasna, Sophoun entra in un cinema di Phnom Penh. Sullo schermo scorrono le immagini di un film degli anni Settanta, un melodramma in costume. Nel ruolo della protagonista Veasna riconosce il volto della madre. Scoprirà che, prima della dittatura di Pol Pot, sua madre era un’aspirante attrice, e che il film che ha visto è rimasto incompiuto. Come regalo alla madre, Veasna decide di terminare il film, interpretando lei il ruolo che fu della genitrice nel rullo mancante… [sinossi]

Il genocidio cambogiano, attraverso il quale la Kampuchea Democratica (lo stato socialista retto da Pol Pot e dai khmer rossi e attivo tra il gennaio del 1976 e quello del 1979) epurò tutti gli oppositori del regime, non si basa su dati verificabili. Considerando che lo stesso Pol Pot, durante il processo che lo riguardò, parlò di ottocentomila vittime, e che gli oltre tre milioni di morti dichiarati dal governo vietnamita sembrano eccessivi alla maggior parte degli storici, si stima che a morire furono circa due milioni di cambogiani, vale a dire un terzo della popolazione della piccola nazione indocinese. Quali che siano le statistiche, si tratta di una delle più grandi aberrazioni dell’ultimo secolo, paragonabile all’Endlösung der Judenfrage nazista, ai gulag staliniani, al Medz Yeghern armeno, o alla repressione dei militanti comunisti da parte del regime di Suharto in Indonesia. Quest’ultimo esempio è il più calzante, visto che si trattò essenzialmente di un auto-genocidio giustificato da “preoccupazioni” ideologiche.
La folle politica anti-intellettuale e anti-borghese di Pol Pot è esplosa sul grande schermo grazie alle memorie di Rithy Panh, la cui potenza espressiva cerca di restituire giustizia e stabilità a un trauma irrisolto e insuperabile. Collettivo e intimo allo stesso tempo.

La presenza di The Last Reel di Kulikar Sotho alla diciassettesima edizione del Far East Film Festival, prima apparizione della Cambogia sullo schermo del Teatro Nuovo Giovanni da Udine, segna un punto di interesse non solo per la curiosità di avvicinarsi a una cinematografia ancora misteriosa per lo spettatore occidentale (anche il più appassionato), ma perché permette di cogliere la volontà di confrontarsi con i fantasmi del recente passato anche per l’industria dedita al popolare e distante da pretese autoriali.
Nel mettere in scena la storia di Sophoun, giovane cambogiana che scopre che la madre, prima della dittatura, era stata attrice protagonista in un film rimasto incompiuto e decide di portarlo a termine girando l’ultimo rullo del titolo, Sotho narra il rimosso di un’intera nazione. Nella sua criminale ossessione di rieducare la classe intellettuale a una vita contadina, Pol Pot si accanì in particolar modo sugli artisti. In Cambogia, prima del 1975, si producevano più di trecento film all’anno; solo una trentina di questi fu preservato dalla distruzione.
Prima ancora di essere un trattenuto melodramma familiare, non privo di retorica e a volte incline ad abbandonarsi a cliché e luoghi comuni, The Last Reel è un dovuto e sentito omaggio a un mondo massacrato, epurato, eliminato materialmente dalla storia (non solo quella del cinema).

È qui che si rintraccia il senso più profondo e doloroso del film: il resto, la vita di Sophoun e del suo sbandato fidanzato, l’intreccio amoroso che coinvolse la madre a ridosso della dittatura, i sensi di colpa di buona parte dei protagonisti, sono puro corollario, costruito con diligenza e professionalità ma in fin dei conti inessenziale.
Nel film nel film, in quell’incompiuto che è forse il destino di ogni Storia e storia, si respira una tragica verità che va forse oltre perfino alle intenzioni della regista. Come se l’arte potesse risorgere, resistendo alla ferocia umana, per restituire giustizia alle vittime di un eccidio. Senza mostrare (anzi, è proprio nelle sequenze in campagna, in quelli che furono luoghi di detenzione, tortura e morte, che il film annaspa maggiormente), ma raccontando la messa al bando e la scomparsa dell’immateriale, la volontaria distruzione dell’immaginario, The Last Reel racconta l’urgenza del cinema, e dell’arte nel suo complesso.

Info
The Last Reel, il trailer.
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    di Rithy Panh racconta lo stermino della propria famiglia da parte degli uomini di Pol Pot, e per farlo si affida a personaggi in plastilina. Vincitore di Un certain regard al Festival di Cannes, e presentato nella sezione TFFdoc.