Baciami Kate
di George Sidney
Brillante esempio di stereoscopia anni Cinquanta, Baciami Kate è un musical shakespeariano con canzoni di Cole Porter. Più pop del pop, quasi metafisico. Presentato in versione restaurata alla 29esima edizione del Cinema Ritrovato.
Wunderbar
Due attori divorziati si ritrovano a recitare insieme, grazia a un piccolo intrigo di lui. Mettono in scena una versione musicale di La bisbetica domata e tra il palcoscenico e il dietro le quinte ritrovano il loro amore. [sinossi]
C’era un tempo in cui la meraviglia hollywoodiana si esplicava non in varie digitalizzate terre di mezzo pseudo-fantasy quanto in un tripudio di colori, di scenografie e di vitalità attoriale, di scrittura e di messa in scena. Era il musical, l’unico genere davvero morto e sepolto della storia del cinema (il western ogni tanto rivive, spesso sotto diverse forme), il genere più meta-cinematografico che sia mai esistito.
Ce lo conferma Baciami Kate, diretto da George Sidney nel 1953 dove, oltre all’elemento musicale, si aggiunse persino il 3D, enfatizzando e sottolineando con ciò la dimensione di stupore e sbalordimento intrinseca al genere.
A prima vista, Baciami Kate potrebbe apparire un esempio degradato e degradante di teatro filmato, visto che nasce da una doppia stratificazione: la commedia di Shakespeare La bisbetica domata e l’adattamento musicale di Cole Porter, messo in scena a Broadway a partire dal 1948. Arrivato buon ultimo, il film di Sidney però, invece di provare a nascondere le sue origini, le enfatizza e le stratifica donandoci così un perfetto esempio di cinema impuro (secondo la definizione baziniana), un cinema che usa il mezzo teatrale per sviluppare un gioco molto raffinato di mise en abyme. Baciami Kate inizia addirittura con un attore che interpreta Cole Porter e che si mette al piano per provare alcuni pezzi musicali con i due protagonisti. Subito dopo si è già sulle assi del palcoscenico con il pubblico in sala. E lì si resterà fino alla fine del film.
È dunque tutto intorno alla scena teatrale che si sviluppa Baciami Kate e che permette il dipanarsi delle evoluzioni sentimentali dei protagonisti. Sia sul palco che dietro le quinte gli attori bisticciano e si scontrano, poi si riappacificano o litigano nuovamente, o magari rimpiangono i bei tempi andati in cui erano poveri e si mantenevano con spettacoli di bassa lega in Germania (e qui scatta uno dei numeri musicali più belli, con la canzone intitolata Wunderbar). La regia segue i movimenti dei personaggi con precisi e avvolgenti movimenti di macchina, carrelli che spesso sfruttano lo spazio della scena più nella profondità che nella frontalità, proprio per dare corpo ad uno spazio che è prettamente cinematografico. E, mentre i colori primari si stendono tra scenografie e costumi, il 3D dà il suo contributo di wunderbar attraverso oggetti che vengono letteralmente lanciati verso il pubblico (ma perché si è deciso di non osare fino a questo punto con il 3D contemporaneo? Si ha forse paura di suscitare le proteste di qualche associazione per la salvaguardia di non si sa bene cosa?). Grazie a tutto questo, Baciami Kate diventa allora un esempio di pop ante-litteram, arrivando persino a lambire la metafisica dechirichiana in una serie di passaggi in cui il palcoscenico diventa una piazza sterminata con qualche rada architettura sullo sfondo.
Ci sarebbe ancora da dire dell’altro, qualcosa ad esempio sulle dinamiche di coppia (a tratti si arriva al rapporto sadistico, nel momento in cui la protagonista viene letteralmente sculacciata sulla scena) o qualcosa sulla magnifica voce dell’interprete femminile (il soprano Kathryn Grayson che dà il suo meglio nella canzone I Hate Men) o qualcosa ancora sui due gangster che vorrebbero interrompere la rappresentazione e che finiscono invece per arricchirla, esibendosi in un altro numero di livello altissimo (la canzone Brush Up Your Shakespeare, rispolvera il tuo Shakespeare, che ha anche un’evidente connotazione autoreferenziale), ma la ricchezza di questo film è tale che è difficile esaurire l’argomento in poche righe. Basti però segnalare, in conclusione, proprio questo: che un tempo il massimo della finzione cinematografica (come era di pertinenza del musical) si avvaleva comunque di strumentazioni tipicamente umane (il canto, l’abilità artigianale o di scrittura, il ballo, il corpo attoriale, ecc.). Oggi non è più così. Ed è probabilmente un male, perché un’azione girata in continuità (che sia essa una scazzottata, oppure come in questo caso un balletto a due o un battibecco) è sempre più wunderbar di qualsiasi effetto post-umano.
Info
La scheda di Baciami Kate sul sito del Cinema ritrovato.
- Genere: commedia, musical, sentimentale
- Titolo originale: Kiss Me, Kate
- Paese/Anno: USA | 1953
- Regia: George Sidney
- Sceneggiatura: Dorothy Kingsley
- Fotografia: Charles Rosher
- Montaggio: Ralph E. Winters
- Interpreti: Ann Codee, Ann Miller, Bob Fosse, Bobby Van, Carol Haney, Claud Allister, Dave O'Brien, David Bair, Howard Keel, James Whitmore, Jeanne Coyne, Kathryn Grayson, Keenan Wynn, Kurt Kasznar, Michael Dugan, Mitchell Lewis, Ron Randell, Ted Eckelberry, Tommy Rall, Willard Parker
- Colonna sonora: André Previn, Cole Porter, Conrad Salinger, Saul Chaplin
- Produzione: MGM
- Durata: 109'