Green Room

Green Room

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Il regista di Blue Ruin torna dietro la macchina da presa con Green Room, un altro grandissimo thriller carico di tensione, sangue e risate nerissime.

Nazis vs. Rockers

Un gruppo punk rock si reca in un locale nella provincia americana per un concerto. Si ritrovano, loro malgrado, testimoni di un delitto commesso dai gestori del locale, tutti affiliati ad un gruppo di neonazisti. Chiusi dentro il loro camerino, senza via di scampo, i musicisti devono trovare un modo per sopravvivere all’assalto implacabile… [sinossi]

Chi conosce Jeremy Saulnier, autore della commedia horror Murder Party e del thriller Blue Ruin, quest’ultimo molto ben accolto a festival come Cannes, Locarno e Torino, potrebbe farsi trarre in inganno al cospetto di Green Room (selezionato, come il suo predecessore, nella Quinzaine cannense), un film che in apparenza segna il passaggio del suo regista al mainstream, almeno a giudicare dal cast: tra gli “eroi” ci sono Anton Yelchin (il Chekhov della nuova saga di Star Trek), Alia Shawkat (Arrested Development) e Imogen Poots (She’s Funny That Way), mentre nei panni del temibile Darcy, narcotrafficante e leader del gruppo neonazista che costituisce la minaccia principale all’incolumità dei protagonisti, c’è un mostro sacro come Patrick Stewart, la cui formazione shakespeariana dà al suo personaggio una dignità e un carisma che trascendono la potenziale caricatura. Al suo fianco ritroviamo Macon Blair, il bravissimo protagonista di Blue Ruin.

Una selezione di prim’ordine che, come dicevamo, potrebbe trarre in inganno circa le intenzioni di Saulnier. Il quale, fedele alla propria poetica, non si trattiene dalla brutalità e dall’humour nero che caratterizzavano i suoi film precedenti. Dopo la rilettura personale e inedita del linguaggio del revenge movie all’interno di Blue Ruin, il cineasta newyorkese si dà ora al film di guerra, trasformando il camerino – la stanza verde del titolo – in un bunker e reinterpretando, con un simbolismo alquanto beffardo, il conflitto fra americani e (neo)nazisti. L’operazione riesce grazie all’energia incontenibile di Saulnier, che non si ferma neanche per un secondo dopo aver innescato lo scontro, e ad un’economia di scrittura che tratteggia dei personaggi semplici, per non dire archetipici, ma comunque completi e lontani anni luce da possibili stereotipi legati all’ambientazione o ai cliché di genere (si veda, ancora una volta, la performance di Stewart, nazista che predilige il verbo all’azione e mantiene una calma infernale per tutta la durata della pellicola).

E in mezzo al sangue scorre anche un fiume (in piena) di comicità nerissima, strumento fondamentale per i personaggi (per alleviare la tensione fra una sparatoria e l’altra) e per il pubblico (per evitare una visione che avrebbe potuto essere troppo cupa e insostenibile). Un susseguirsi di risate macabre che continuano fino all’apoteosi conclusiva, dove vita e morte si ibridano in un epilogo esilarante e beffardo, il punchline perfetto per una delle barzellette più cruente dell’anno.

Info
Il trailer di Green Room.
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