Intervista a Georges Schwizgebel

Intervista a Georges Schwizgebel

Autore di ventuno cortometraggi d’animazione, dal 1971 a oggi, lo svizzero-francese Georges Schwizgebel è fautore di una tecnica originale, artigianale, che consiste nel dipingere a mano ogni fotogramma, realizzando così una pittura animata, un’opera d’arte dinamica, un cinema del meraviglioso, che fa ampio utilizzo della tavolozza cromatica e al contempo con un uso espressivo delle ombre. Ospite a Locarno, come consuetudine ogni volta che ha prodotto una nuova opera che viene valorizzata da una proiezione in Piazza Grande, Schwizgebel ha presentato il suo ultimo film, Erlkönig, che ricrea in immagini l’omonima ballata di Goethe e i relativi adattamenti musicali di Schubert e Liszt.

Possiamo dire che la tua opera artistica si situa in posizione intermedia tra cinema e pittura?

Georges Schwizgebel: Sì queste due cose sono strettamente connesse al mio lavoro, perché ho studiato Belle Arti, e amo molto il cinema, il movimento, la musica.

E possiamo definire la tua opera come pittura in movimento?

Georges Schwizgebel: Sì, accetto questa definizione.

In Erlkönig riproponi un quadro di Matisse, La danse. Nel tuo lavoro ci sono spesso citazioni di quadri famosi. Oltre a usare la pittura come mezzo espressivo, hai quindi dei modelli pittorici su cui lavorare?

Georges Schwizgebel: Ci sono molti pittori che mi piacciono. Quando raccolgo la documentazione che mi servirà per fare un film, guardo molti dipinti e fotografie per trarne ispirazione. Piuttosto che iniziare io a fotografare o girare qualcosa, preferisco utilizzare qualcosa che esiste già. È un processo facile, perché i dipinti sono così belli. Si può anche considerare come il mio modo di rendere omaggio alla pittura.

Mentre invece un altro tuo lavoro, Le sujet du tableau, è proprio sulla pittura come processo artistico, sulla genesi delle opere.

Georges Schwizgebel: Ma questo è successo perché c’era un’idea nella sceneggiatura, che poi non si ritrova più nel film. L’idea riguardava Faust, che è alla ricerca di Margherita e la trova, ma troppo tardi. L’idea era quella di replicare questa ricerca nei dipinti finché non viene trovata Margherita. All’inizio si vede un uomo vecchio che è dipinto/rappresentato come una donna giovane. Per quello ho usato l’Allegoria della pittura di Vermeer. Ma mentre in quel quadro c’è una giovane donna, io ci ho messo un anziano preso da un’immagine di Velázquez e l’ho trasformato. Questo è un esempio di come ogni volta andiamo da un dipinto a un altro. A volte non si tratta di quadri, ma ci sono dei paesaggi che ho fatto io, non sono però così belli.

Questa idea della pittura che si rigenera passando da un dipinto all’altro mi ricorda quello che faceva Picasso nel film Il mistero Picasso di Henri-Georges Clouzot, l’atto di cambiare le immagini, distruggerle per costruirne altre all’infinito.

Georges Schwizgebel: Certo, fantastico.

Se Le sujet du tableau è un film sulla pittura, Le ravissement de Frank N. Stein è l’equivalente per il cinema, contenendo molte citazioni dalla settima arte.

Georges Schwizgebel: Soprattutto da La moglie di Frankenstein, un film degli anni trenta con Boris Karloff. Alla fine ho proprio utilizzato le immagini reali del film che avevo in una pellicola da 16mm, con il rotoscopio. Nel film c’è anche un dipinto di Caspar David Friedrich, si intravede solo un momento, inoltre c’è una veduta del Monte Bianco, ma non è di un pittore famoso. Un’altra citazione è all’inizio del film dove, come nel film degli anni Trenta, c’è il laboratorio del dottor Frankenstein.

La tua tecnica animazione è unica. Ogni fotogramma è dipinto a mano. Quindi devi di volta in volta ridisegnare personaggi e sfondi?

Georges Schwizgebel: Sì, è corretto, ci sono pochissimi set sui quali i personaggi si muovono. In generale mi piace avere il movimento nello spazio e quindi devo ridisegnare i personaggi diverse volte.

Molto spesso lo sguardo del tuo cinema compie movimenti circolari, l’equivalente di far ruotare la mdp di trecentosessanta gradi del cinema live action. Anche questo deve essere molto complesso con la tua tecnica e comportare un lavoro certosino.

Georges Schwizgebel: Amo anche usare dei loop. Ho anche fatto delle opere nelle quali l’intero film è un singolo loop, molto lungo. All’inizio disegno pochi dettagli da inserire in questo movimento circolare. Poi, come nel movimento su una scacchiera, faccio un passo indietro e rivedo il film. Vedi un movimento che va dall’inizio alla fine, anzi in realtà non devi per forza nemmeno vederlo, puoi anche solo seguirlo, e alle fine vedi l’inizio e la fine del film contemporaneamente. Proprio come se stessi vedendo un dipinto in movimento.

Questa è la peculiarità del tuo lavoro. Aggiungere la dimensione tempo alla pittura, che altrimenti è una forma d’arte fissa, statica.

Georges Schwizgebel: Esattamente. Un mio film è qualcosa che è costantemente in movimento, ma che tu osservi come se fosse un dipinto. Posso dire qualcosa di più sui loop. All’inizio di Erlkoenig c’è un cerchio largo. Ho seguito uno degli elementi di questo circolo, mi ci sono avvicinato e alla fine del film si torna indietro su un altro grande cerchio, nel quale ci sono tutte le immagini del film, come se fosse una fuga. Dunque, per l’inizio e la fine del film, ho utilizzato dei circoli.

In Erlkoenig ci sono degli inserti di disegni con uno stile infantile. Perché è la visione del bambino, i suoi sogni?

Georges Schwizgebel: Sono esattamente le parti della poesia nelle quali il bambino parla.

E poi l’ulteriore componente del tuo lavoro è la musica, che pure riveste un ruolo primario.

Georges Schwizgebel: Più o meno in metà dei miei film ho lavorato su musiche già esistenti, come anche in Erlkoenig. Dunque tutta la struttura del film deriva dalla musica. A volte è difficile creare un film su una musica che già racconta qualcosa . Inoltre la musica provoca diverse reazioni in chi ascolta, ognuno può immaginare cose diverse da uno stesso brano. In questo film la musica è stata scritta per raccontare una storia. Ma per esempio, io che non conoscevo questa storia, non l’ho imparata semplicemente ascoltando il brano musicale. Una volta mio figlio, che è un pianista, suonò questo brano in Cina e prima raccontò al pubblico quello che stava per suonare. E spiegò la storia e spiegò che è una storia con quattro voci, e suonando il piano doveva esprimere queste quattro voci diverse. Questo mi ha fatto venire voglia di fare un film su questa musica e questa storia. Amavo questa musica e in aggiunta c’era anche una storia. Ma ho anche fatto dei film senza avere una musica, e a volte ho potuto mostrare la sceneggiatura a un musicista prima di girare il film, chiedendo di comporre qualcosa seguendo quella sceneggiatura e dando anche delle indicazioni dettagliate anche sul montaggio che avrei fatto. Ma il più delle volte i musicisti preferiscono vedere il film finito per trarne l’ispirazione. Quando faccio un film mi ci vogliono in media due anni, a volte ho un po’ paura perché non so quale sarà il risultato senza conoscere la musica, che per me ha un’importanza enorme. Ma anche lavorando senza la musica seguo il mio ritmo nei disegni. Per esempio, posso disegnare un movimento che dura due secondi e farlo seguire da un altro che dura per esempio il triplo. E anche nei miei disegni cerco di esprimere l’equivalente dei diversi toni, come per esempio quelli dei tasti bianchi e neri del pianoforte. Faccio tutto questo ma poi non è detto che il musicista che farà la colonna sonora seguirà le mie suggestioni, comunque mi aiuta e mi piace.

Info
I corti di Georges Schwizgebel sul sito del National Film Board of Canada.
Il libro di Olivier Cotte Georges Schwizgebel, animated paintings.
Georges Schwizgebel sul sito del Festival di Locarno.
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