Sinatra: All or Nothing at All
di Alex Gibney
Indagine su uno dei personaggi più celebri e discussi del XX secolo, Sinatra: All or Nothing At All di Alex Gibney è un documentario ricchissimo di materiali e aneddotica, ma anche una potente riflessione sulla narrazione. Presentato alla decima edizione della Festa del Cinema di Roma.
Indagine su un cittadino esposto a qualche sospetto
Ritratto intimo sulla vita, la musica e la carriera di Frank Sinatra. Raccontato con le sue stesse parole grazie alle interviste d’archivio e accompagnato dai ricordi di chi gli è stato più vicino, il documentario intreccia la musica e le immagini della vita del leggendario crooner insieme a rari filmati del suo famoso concerto di addio del 1971 a Los Angeles. [sinossi]
Ben prima dell’avvento dei Beatles, le fan svenivano tutte per lui, il coroner dalla voce vellutata, il playboy di umili origini italo-americane alla perenne ricerca – con un vitalismo invidiabile e tutto americano – di un riscatto, l’attore da premio Oscar protagonista di una serie di gossip da Hollywood Babilonia, il cittadino americano su cui J. Edgar Hoover collezionava pagine a pagine strettamente riservate nel suo prezioso schedario. Stiamo parlando di Frank “The Voice” Sinatra, tra le figure più amate e controverse del XX secolo. E nessuno meglio di Alex Gibney, alacre studioso di vizi e virtù della storia e cultura statunitense poteva dedicarsi a un personaggio così sfaccettato e discusso, mettendone insieme i frammenti di vita e d’arte per organizzarli compiutamente in Sinatra: All or Nothing at All, documentario prodotto dalla HBO e presentato in anteprima alla decima edizione della Festa del Cinema di Roma. Suddiviso in due parti (la durata è fluviale, di circa quattro ore), il film si basa su un’idea di sceneggiatura che, come l’autore ci ha ben abituato con i suoi precedenti film, è ben salda e perfettamente funzionale: ancorare fatti pubblici e privati di Sinatra alla scaletta del suo concerto d’addio, tenutosi nel 1971 all’Ahmanson Theatre di Los Angeles. Studiata per l’occasione dallo stesso The Voice come bignami perfetto di un’intera carriera, la scaletta di questa celebre esibizione (che non sarà davvero l’ultima, Sinatra riprenderà infatti a esibirsi dal vivo già due anni dopo) è dunque il canovaccio sul quale Gibney va a innestare i dati salienti della vita del suo protagonista, senza dimenticare di porre nell’opportuno risalto lo sfondo storico che vi soggiace né, ovviamente, la musica che lo accompagna.
L’incipit è di rara e ficcante eleganza: una carrellata lungo il fumoso bancone di un bar si chiude su un televisore (rigorosamente a tubo catodico) dal quale ci viene annunciata la morte di Frank Sinatra, segue un commentatore d’eccezione: quel Martin Scorsese il cui biopic su The Voice è da tempo annunciato, ma ad oggi mai entrato in produzione. Probabilmente Gibney attende questo film quanto lo spettatore, nel frattempo si prodiga con l’usuale certosina sapienza nel dare forma alla documentazione da lui raccolta, che si avvale per lo più di interviste allo stesso Sinatra – prevale dunque una forma di “autobiografismo” – affiancate da interventi di amici e parenti, critici musicali e storici. Non mancano naturalmente le immagini di repertorio e gli spezzoni dei film, né le fotografie ufficiali o familiari. Come un cartografo armato di bussola e compasso Gibney si orienta sotto i nostri occhi tra i materiali, in cerca non tanto di una verità, quanto di un ritratto articolato dell’uomo e delle sue scelte musicali e private.
Il primo capitolo di Sinatra: All or Nothing at All è per dovere di cronaca più concentrato sui dati biografici, intento com’è a riassumerci il milieu in cui Sinatra è cresciuto, un umile sobborgo di Hoboken, in New Jersey, quindi le relazioni familiari, l’allergia ai doveri scolari e la scoperta di un insopprimibile talento da showman. Si passa poi alle prime esperienze con gli Hoboken Four e i Rustic Cabin, all’ingresso nella celebre orchestra di Tommy Dorsey, al contratto da solista per la Columbia. E poi il cinema, con il primo successo ottenuto al fianco di Gene Kelly per Due marinai e una ragazza, il contratto con la Capitol Records, quel viaggio a Cuba dove forse sono nati i rapporti con la mafia, il lavoro in radio. Infine la decadenza, con l’emorragia alle corde vocali, il divorzio dovuto all’amore con Ava Gardner, i problemi con il fisco. Quindi la risalita, con l’Oscar per il ruolo di Angelo Maggio in Da qui all’eternità.
Ma nella seconda parte del film che si concentrano gli eventi più succosi, con l’arrivo dei “ruggenti anni Sessanta” (interessante il fatto che Gibney, introducendo il film al pubblico romano, abbia parlato di Sinatra come di una sorta di Grande Gatsby), la creazione del Rat Pack, i legami con la mafia e quelli con la politica: al fianco di Kennedy, poi di Nixon, infine anche di Reagan. Il tutto senza mai disancorarsi da quel concerto di pensionamento, lasciando spazio alle celebri hit di Sinatra, da I’ve Got You Under My Skin a The Lady Is a Tramp, da My Way a New York, New York.
Quello che emerge è un ritratto sfaccettato, complesso e a tratti inedito di Sinatra, uomo tormentato, incline alla solitudine e alla depressione, per il quale la lealtà e l’amicizia sembrano contare più di ogni cosa, ma finiscono oscurate da un impegno politico dalle posizioni altalenanti (i democratici prima, i repubblicani poi), nonostante resti sempre animato da un sincero sdegno nei confronti delle ingiustizie sociali e della segregazione razziale.
Ma in fondo chi siamo noi per giudicare, e lo stesso Gibney non sembra affatto interessato ad assumersi questo onere, né vuole presentarci una sviolinata agiografica su Sinatra. Preferisce, attraverso la sua pratica registica, spingersi oltre, per arrivare a identificarsi con il suo personaggio attraverso quello che identifica come il suo maggior talento: quella capacità di concentrare in un’unica canzone un racconto di vita compiuto e di restituirlo senza fare pause per respirare, con la continuità affabulatoria di un grande storyteller. Un’abilità in cui, ciascuno con il proprio strumento d’elezione, Gibney e Sinatra non sembrano avere rivali.
Info
La scheda di Sinatra: All or Nothing at All sul sito della Festa del Cinema di Roma.
- Genere: documentario
- Titolo originale: Sinatra: All or Nothing at All
- Paese/Anno: USA | 2015
- Regia: Alex Gibney
- Sceneggiatura: Alex Gibney
- Fotografia: Antonio Rossi, Samuel Painter
- Montaggio: Anoosh Tertzakian, Ben Sozanski, Samuel Pollard
- Produzione: HBO
- Durata: 240'
