Lamerica

Lamerica

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Ne Lamerica Stefano Galli attraversa gli Stati Uniti dando voce ai suoi abitanti. Un viaggio affascinante che restituisce in gran parte l’umore e l’indole di un popolo. A Torino in TFFdoc/Italiana.doc.

Coast to Coast

Un viaggio visivo nel cuore degli Stati Uniti, al seguito del regista torinese Stefano Galli che ha scelto una cinepresa 16mm come unica compagna di viaggio. Dalla Florida alla California, passando per il Texas, l’Ohio, il Minnesota e il Montana, attraverso una carrellata di personaggi unici incontrati casualmente lungo la strada e impressi sulla pellicola con i loro gesti e le loro espressioni. [sinossi]

Walt Whitman, il poeta prima ostracizzato dalla società puritana e quindi recuperato e innalzato ai ranghi di “Vate della Nazione”, ebbe a dire: “Tra tutte le nazioni di ogni tempo su tutta quanta la terra, gli Americani posseggono forse la più ricca natura poetica. Gli Stati Uniti sono in se stessi essenzialmente un immenso poema.”.
Un grande, immenso poema, che si articola attraverso canyon, montagne, spiagge sterminate e parla innumerevoli lingue e dialetti. Un paese che non si viaggia, ma si attraversa, perché solo penetrandone la superficie si può provare a comprenderne l’essenza, quella cultura che con troppa facilità viene definita “prevaricatrice” o “dominante”. Alla ricerca di questa complessità, che può anche rivelarsi facile, immediata, non filtrata, è andato anche Stefano Galli, trentaquattrenne modenese che dopo la laurea in cinema a Torino ha lavorato per la Zentropa, affinando la propria conoscenza della Settima Arte e dei suoi mezzi, anche tecnici.

Non è un caso che Lamerica, il suo primo lavoro da regista presentato al Torino Film Festival all’interno del concorso di TFFdoc/Italiana.doc, sia stato girato utilizzando una cinepresa 16mm per le riprese. Forse solo la pellicola, deteriorabile come la memoria ma allo stesso tempo in grado di dare “materia” all’immagine, attraverso la grana, poteva riuscire nell’ambizioso compito di immortalare gli Stati Uniti, questo gigante che contiene al proprio interno tutto e il contrario di tutto, la regola e l’eccezione. Armato di cinepresa, Galli si è mosso per i vari stati, passando dalla Florida al Texas, dal South Dakota al Wyoming, dalla California alla Louisiana, dall’Illinois al Montana: alla fine gli stati inseriti nel montaggio definitivo saranno venti. Lamerica ha un’architettura narrativa piuttosto semplice, quasi spartana: Galli riprende persone di vario tipo ed estrazione sociale, e lascia che questi parlino all’obiettivo, svelando la loro storia o i loro pensieri. Il tutto inframmezzato, ovviamente, dal paesaggio: ed è proprio nella messa in scena di quest’ultimo che si può percepire, con forza, il senso di stupore e di meraviglia che domina il breve documentario .
Il primo spettatore de Lamerica è infatti lo stesso Galli, ascoltatore attento e appassionato: la macchina da presa mantiene sempre una propria distanza, non invade lo spazio degli intervistati, come se dovesse sottolineare l’esistenza di un confine, invisibile solo agli occhi, oltre il quale Galli (da straniero, nel senso più puro e letterale del termine) non può ancora osare di spostarsi.

Nonostante sia il frutto di incontri casuali con le persone più diverse, Lamerica riesce a donare una visione, frammentata ma per niente caotica, degli Stati Uniti. Si percepisce un senso comune, che va dalla “nice community” in cui vive un anziano alle riserve indiane del New Mexico. In mezzo la terra è ancora a disposizione di cowgirl, barcaioli, banditori, cantanti country, poliziotti, suonatori di banjo, cacciatori, motociclisti e via discorrendo; tutto, in questo mondo ancora giovane, sembra acquistare una postura antropomorfa, persino una macchina per trivellare il terreno. L’immenso corpo che si stende dal Pacifico all’Atlantico è vivo, pulsante. Ansima e freme, ancora alla ricerca della propria maturità.
Galli, con una notevole cura fotografica che non scade mai nel mero estetismo, prova (e in gran parte riesce) a restituirne la possanza, e al contempo la fragilità. Ma, soprattutto, a svelarne l’estrema, e a tratti insostenibile, umanità. In cui ognuno, volente o nolente, può riconscersi. Forse perché, come diceva Andy Warhol: “Ciò che è grande di questo paese è che l’America ha iniziato la tradizione per cui i consumatori più ricchi comprano per la maggior parte le stesse cose di quelli più poveri. Tu puoi vedere alla tv la pubblicità della Coca-Cola e sai che il Presidente beve Coca-Cola, Liz Taylor beve Coca-Cola e anche tu puoi bere Coca-Cola. Una Coca-Cola è una Coca-Cola e non c’è denaro che ti consenta di berne una più buona di quella che sta bevendo un barbone all’angolo.”

Info
La scheda di Lamerica sul sito del TFF.

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