Il mago – L’incredibile vita di Orson Welles

Il mago – L’incredibile vita di Orson Welles

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Tra i tanti film recenti dedicati a Welles, Il mago – L’incredibile vita di Orson Welles è il più completo e documentato, anche se rischia di apparire una sorta di bignami con troppe informazioni. In sala per due giorni.

Orson Welles revisited

La vita e l’opera di George Orson Welles. [sinossi]

Si avvia ormai verso la conclusione questo 2015 pieno di omaggi wellesiani. L’autore di Quarto potere, nato nel 1915 e scomparso nel 1985, è stato celebrato nel corso dell’anno solare da – tra gli altri – Cannes, Venezia e Torino con la proiezione di alcuni titoli più o meno noti della sua filmografia e dalla Cinémathèque e dal Museo di Monaco con delle retrospettive più o meno complete. E in tutto questo rincorrersi di omaggi non sono mancati ovviamente documentari realizzati per l’occasione.
Tra quelli che abbiamo avuto modo di vedere quest’anno, Il mago – L’incredibile vita di Orson Welles è certamente il più documentato e il più completo, capace di andarsi a ricercare le fonti originali e di mettere sul piatto un corposo numeri di interventi di amici, parenti, ammiratori, studiosi.
Del resto, il difetto principale di This is Orson Welles e di Orson Welles, autopsie d’un légende (entrambi presentati al festival di Cannes) lo si poteva trovare in una generale approssimazione, in un resoconto di episodi non circostanziati, in una rimozione pressoché totale di informazioni sui film non finiti di Welles e in un troppo ridotto numero di intervistati.

A tutte queste manchevolezze Chuck Workman, che è per l’appunto il regista di Il mago – L’incredibile vita di Orson Welles, risponde nel suo film con un’abbondanza di fatti, nomi, cose, persone che parlano e raccontano, fin quasi a sfiorare l’eccesso. Da un lato ci appare preziosissimo il lavoro sul materiale d’archivio che ci permette, ad esempio, di vedere per la prima volta Charlton Heston che racconta di come convinse la Universal a far dirigere a Welles L’infernale Quinlan o ci consente di assistere a una rara intervista a Robert Wise che prova vanamente a giustificarsi per aver accettato di distruggere l’ultima parte di L’orgoglio degli Amberson.
Abbiamo quindi finalmente davanti a noi informazioni di prima mano, fonti non riferite ma dette dagli stessi protagonisti. E questo è decisamente qualcosa di fondamentale. Quel che manca però è l’andare a fondo.
Non solo infatti, Chuck Workman – che abitualmente monta i filmati dell’Academy (e si vede) – non ci dice nulla di nuovo a proposito di Welles, ma soprattutto non affonda su nessun argomento, rimanendo sempre – attraverso un montaggio rapido e serrato – sul piano dell’informazione di superficie.
Questa tendenza all’accumulo di notizie, aneddoti e leggende raggiunge il suo culmine nel momento in cui appare in scena Oja Kodar, che passa da un argomento all’altro in maniera incalzante e quasi schizofrenica – a causa, ovviamente, di un eccessivo lavoro di taglia e cuci da parte del regista – e ci parla quindi ora dei dubbi di Polanski ad avere Welles come attore (e infatti non lo prese), ora della Villa Welles in Croazia (che vediamo, finalmente, per la prima volta), ora di quando vide Welles che piangeva silenziosamente davanti alla TV mentre mandavano in onda la versione deturpata di L’orgoglio degli Amberson, l’unica ad essere arrivata fino a noi (episodio che, se non ricordiamo male, era stato raccontato anche da Bogdanovich, come se però l’avesse vissuto lui e non Oja Kodar), e così via.

Il punto è che, come al solito, è impossibile affrontare tutto Welles in un film di novanta minuti. Il biopic tradizionale – seppur documentario – non riesce a contenere questo personaggio consustanzialmente bigger than life, non vi è scampo. E allora ecco che scorrono davanti ai nostri occhi i rapidi commenti di Spielberg, Scorsese o Lucas (che dicono le solite cose che si dicono di Welles: il più grande, il genio per eccellenza, ecc.) ed ecco che i commenti degli esperti wellesiani (Rosenbaum, Naremore, McBride) sono troppo brevi e appaiono anch’essi molto superficiali.
Resta il fatto che Il mago – L’incredibile vita di Orson Welles svolge in maniera quasi perfetta il proprio obiettivo: dare un’infarinatura un minimo più approfondita intorno alla vita e alle opere di Welles (ad esempio, si accenna anche al suo unico presunto figlio maschio, mai riconosciuto: il regista Michael Lindsay-Hogg; ovvio, siamo sempre sul piano del pettegolezzo, ma questo è davvero un argomento di cui non si parla mai). Un’impostazione quasi da bignami che – non bisogna dimenticarlo – è tutt’altro che peregrina, visto che il film è rivolto soprattutto al pubblico americano, in larga misura ancora convinto che Welles nella sua vita abbia finito per fare solamente Quarto potere. E forse anche da noi c’è qualcuno che continua a pensarla così…

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Il trailer di Il mago – L’incredibile vita di Orson Welles su Youtube.

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