Master and Tatjana

Master and Tatjana

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Presentato al Trieste Film Festival, nella sezione Triesteff Art&Sound, Master and Tatjana è prima di tutto un documentario che ha il merito di divulgare la vita di un grande fotografo del tutto sconosciuto. Ma la regista lituana Giedrė Žickytė va oltre e lavora sul confronto tra fotografia e cinema, immagine statica e immagine in movimento.

L’uomo con la macchina fotografica

La storia di Vitas Luckus, genio ribelle della fotografia, e della sua vicenda d’amore appassionata. Ma anche la storia di una vita nel sistema sovietico. [sinossi]

Forse il più grande fotografo di tutta l’Unione Sovietica, il lituano Vitas Luckus, nato a Kaunas nel 1943 e morto a Vilnius, dove è vissuto, nel 1987, appena prima dell’indipendenza del paese baltico dal giogo sovietico. Eppure di lui si sa pochissimo, mai sono state organizzate mostre o pubblicati volumi a lui dedicati. Scomparso nell’oblio stesso dell’Unione Sovietica, di cui rappresentava un emblema. Pur vivendo in un paese decentrato, tra i meno assimilati all’Unione come le altre repubbliche baltiche, il suo studio a Vilnius era un crocevia d’artisti provenienti da ogni repubblica socialista, una sede di cenacoli intellettuali in cui era di casa insieme alla moglie Tatjana, la sua musa. Segno di una vivacità intellettuale e artistica dell’epoca. Una personalità eclettica, folle, capace di tenersi un leone in casa e poi farlo sopprimere perché, ferito irrimediabilmente agli arti, non poteva più essere un simbolo di forza e vigore.
Basterebbe questo a fare di Master and Tatjana, presentato nella sezione Triesteff Art&Sound al TFF 2016, un documentario di grande interesse che apre un focus su un artista e un contesto storico e culturale dimenticati. Solo il fatto di riproporre le sue immagini straordinarie, come quella licenziosa e provocatoria con un nudo in un contesto normale, alla Colazione sull’erba di Manet, è cosa meritoria. Naturalmente il film deve andare alla ricerca di immagini che ritraggono il fotografo, oltre a quelle da lui prodotte. Filmati e fotografie di famiglia e di repertorio. Ma Luckus ha fornito soluzioni anche a questa necessità, realizzando anche autoritratti fotografici come quello dell’uomo che tiene tra le mani uno specchio in cui si riflette il fotografo che scatta. L’immagine primaria, la genesi stessa dell’immagine.

Il merito di Giedrė Žickytė comunque non si ferma qui. La regista infatti si è posta un preciso problema di come fare interagire fotografia e cinema, immagine fissa e immagine in movimento, bianco e nero e colore. Se una biografia di un artista non può prescindere dalla sua opera, la regista lituana cerca di instaurare un dialogo tra il suo cinema – e il cinema – e le opere del fotografo in questione. Il quadro nel quadro, l’inquadratura secondaria fissa che si contrappone al flusso di immagini in movimento cinematografiche. Con Master and Tatjana abbiamo una serie di soluzioni, una più raffinata dell’altra, per conferire movimento alle fotografie di Luckus, per creare come una galleria, o un album, dinamici delle sue opere. Mostre virtuali di foto che scivolano in uno spazio bianco, zoomate interne ai dettagli, carrellate da una foto all’altra, la visione del rullino e del processo di sviluppo nella camera oscura, dei negativi, le fotografie che si succedono, a volte con un effetto di scomposizione del movimento alla Muybridge, a volte con dissolvenza tra l’una e l’altra.
E poi le straordinarie immagini dei dettagli ingranditi da lenti di ingrandimento, in un processo di interazione, scomposizione e montaggio delle fotografie. E il film segna un ritorno, e un trionfo, del bianco. Inizia con il quadro bianco, la coltre di neve che copre la scritta della lapide di Vitas Luckus, che si svela lentamente. Seguono poi immagini in bianco e nero, le sue foto, e la prima scena a colori è quella, incredibilmente sgranata a giocare subito sul contrasto di definizione, sulla macchina della figlia, negli Stati Uniti, che inizia il racconto sul padre. A seguire le prime immagini, hopperiane, della Lituania, la fotografia come arte. E poi il bianco ritorna nella bellissima scena che segue la foto della bambina morta. Le fotografie della vita di Luckus riposte sul tavolo come un mazzo di carte, fino all’ultima fotografia bianca. La storia del fotografo è un flusso di immagini in bianco e nero, un contrasto di luce e ombra, che inizia e termina con il bianco, colore che ingloba tutti gli altri, un oblio che inghiotte tutto.

Info
La scheda di Master and Tatjana sul sito del Trieste Film Festival.

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