Onda su onda

Onda su onda

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Incompiuta, rigidamente bipartita e poco spassosa, l’opera terza di Rocco Papaleo, Onda su onda, è una commedia “naufragata” che paradossalmente funziona meglio nei suoi risvolti drammatici e melanconici.

Allegria di naufragi

Ruggero è un cuoco solitario e Gegè un esuberante cantante che deve raggiungere Montevideo per un concerto, occasione imperdibile per il suo rilancio. All’inizio tra i due non corre buon sangue, ma un evento inaspettato li costringerà a una amicizia forzata. Nella capitale uruguagia li accoglierà una donna, Gilda Mandarino, l’organizzatrice dell’evento. Ma non tutto andrà come previsto… [sinossi]

Il naufragare può essere anche dolce, come suggeriva Leopardi, generare una seppur mesta allegria (la fonte stavolta è Ungaretti) e persino dare la felicità, come ben stigmatizzava, in tempi più recenti, Paolo Conte in Onda su onda. Nel prendere il titolo da questa pietra miliare della canzone nostrana, Rocco Papaleo, non preconizzava probabilmente questo destino anche per il suo film, ma la “catastrofe”, per restare in tema, ha una sua piacevolezza di fondo.

Giunto alla terza regia, l’attore lucano torna ad affrontare il tema del viaggio (centrale nel suo esordio, Basilicata Coast to Coast) e dell’approdo (il faro refugium peccatorum per la varia umanità di Una piccola impresa meridionale) ma, concentrandosi stavolta su entrambe le fasi in maniera pressoché equanime, finisce per realizzare un film bipartito e pure un po’ bipolare. I due poli tra cui oscilla di fatto Onda su onda sono poi due opposti che sovente troviamo sagacemente avviluppati l’uno all’altro nella migliore commedia indie americana, laddove il termine anglosassone di “dramedy” è da tempo in uso, e non ha ad oggi provocato particolari traumi nello spettatore. Non resta che scoprire se anche dalle nostre parti la cosa può funzionare.

Ecco allora che Papaleo nella prima parte del film si dedica a mettere in scena una commedia di personaggi sul genere “La strana coppia” scegliendo come inusuale location un mercantile battente bandiera italica e facente rotta per Montevideo, in Uruguay. Protagonisti del perenne alterco sono lo stesso Papaleo, nei panni di un loquace cantante in declino scritturato oltremare per un concerto e Alessandro Gassmann, nelle vesti di un umbratile cuoco di bordo che, in seguito a un evento traumatico, rifugge dalla terraferma, preferendo di gran lunga lasciarsi cullare dalle onde.

Tra i due dunque c’è una vistosa antipatia, le cui origini ci sono però ignote. E la cosa inizia presto a costituire un problema, dal momento che, tra scherzi da caserma poco originali e litigate in sala mensa dalle battute poco salaci, lo spettatore finisce per sentirsi escluso (nessun appiglio è offerto per tanta acrimonia) nonché vittima di un’esibizione prolungata delle due star della commedia nostrana, priva di particolari guizzi. Papaleo chiacchiera e strepita, poi per fortuna canta (naturalmente Onda su onda), mentre Gassmann, dal canto suo, pare piuttosto irrigidito da questo ruolo di grillo parlante, saccente, ma a tempo perso.
I personaggi di contorno fanno la loro parte, ma anche lì il rischio della reiterazione di situazioni e battute è dietro l’angolo e ogni tanto prende inopinatamente possesso del già lasco tempo narrativo. L’equipaggio multiculturale ben si presta a variegate jam session musicali, che occhieggiano a Le avventure acquatiche di Steve Zissou di Wes Anderson, ma i vari componenti dell’ensemble avrebbero forse meritato maggiore spazio all’interno del film. Troppo ne è invece concesso al comandante del mercantile incarnato da Massimiliano Gallo, pesantemente ossessionato dal suo sogno: pilotare una nave da crociera Grimaldi (sì, è product placement, e poteva decisamente essere più discreto). Paradossalmente però l’alchimia tra Gassmann e Gallo funziona meglio sullo schermo rispetto a quella con il personaggio di Papaleo: questi due brontoloni, infatti, non riescono in nessun modo a risultare “irresistibili”.

La situazione migliora con l’approdo della ciurma, quando, seppur lentamente, Gassmann può smettere di arricciare il naso, ammiccando a una battuta che nessuno però gli ha scritto, e Papaleo cessare di agitarsi nel vaniloquio, tanto oramai è afono.
Il nostro cantante pop fallito ha infatti perso la voce dopo che il suo “nemico” lo ha chiuso in una cella frigorifera e ora non può cantare all’agognato concerto. Il cuoco crudele, ma pentito, deciderà allora di prendere il suo posto e scendere sulla terraferma. Ad attenderli c’è la graziosa e vivace Gilda (Luz Cipriota), ignara dello scambio di ruoli, ma anche lei con un segreto non da poco tutto da scoprire.
Naturalmente una volta in Uruguay, Onda su onda non può esimersi dall’affrontare i fraintendimenti e le curiosità esotiche di rito tipiche dell’incontro interculturale, ma la faccenda è risolta da Papaleo con un certo garbo e senza scadere in troppo facili cliché. Anzi, si prova una certa gioia liberatoria nello scoprire che la commedia nostrana può anche uscire dall’abituale salotto dell’Ikea e frequentare spazi aperti o decadenti e fascinose architetture coloniali, mentre i suoi personaggi, finalmente lontani dalle antiche certezze cardinali (niente più contrapposizioni tra nord e sud o destra e sinistra) possono provare quel senso di spaesamento che il nobile genere cinematografico di appartenenza, ad un livello autoriale ed europeo (a tratti viene da pensare, anche se siamo lontani, al cinema di Kaurismaki) frequenta da tempo.

Già perché Onda su onda è fondamentalmente un film proprio sullo spaesamento, sulla crisi umana di due personaggi che, raggiunta la mezza età, si trovano a fare i conti con gli errori del passato, i sogni traditi o mai raggiunti, la disillusione. E in questo il film funziona perfettamente, e funzionano meglio anche i suoi interpreti. Peccato che nell’economia narrativa del film venga dedicato poco spazio proprio a questo suo “quid”, per inseguire stancamente stilemi da commedia (strana coppia prima, scambio di ruoli poi) senza il ritmo né la brillantezza di dialoghi necessari. Sembra quasi che Papaleo sia finito oppresso da un “dover fare la commedia”, senza averla, questa volta, davvero come obiettivo. Era meglio naufragare, insomma. Se il tema del film è la crisi di mezza età, nessuna metafora poteva centrarlo meglio.

Info
La scheda di Onda su onda sul sito della Warner Bros.
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