Le Voyage au Groenland

Le Voyage au Groenland

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Con Le Voyage au Groenland Sébastien Betbeder arricchisce la storia già accennata nel cortometraggio Inupiluk. In Acid a Cannes 2016.

A caccia di foche e orsi

Thomas e Thomas accumulano difficoltà su difficoltà, visto che sono trentenni, parigini e attori… Un giorno decidono di volare in direzione di Kullorsuaq, uno dei villaggi più sperduti della Groenlandia dove vive Nathan, il padre di uno dei due. In seno alla piccola comunità inuit, scoprirano le gioie delle tradizioni locali e metteranno alla prova la loro amicizia. [sinossi]

Al Festival de Cannes numero 69 Le Voyage au Groenland di Sébastien Betbeder non è presente in maniera ufficiale. Fa infatti parte della selezione dell’ACiD, vale a dire l’Association du cinéma indépendent pour sa diffusion, insieme ad altri otto film francesi. Se la Semaine de la critique e la Quinzaine des réalisateurs sono sezioni parallele, parte comunque integrante dei lavori del festival, AciD è la periferia più lontana, propaggine estrema snobbata in tutto e per tutto dagli addetti ai lavori. Non c’è dunque da stupirsi se alla proiezione de Le Voyage au Groenland a Les Arcades, uno dei cinema a pochi passi dal Palais, gli accrediti stampa si contassero sulle dita di una mano, e fossero quasi tutti francesi.
Dopotutto è il destino di Sébastien Betbeder quello di rimanere un nome oscuro alla stragrande maggioranza di chi “pensa” il cinema. Non che Cannes faccia molto per riparare: il cinema francese da supportare per Thierry Frémaux è quello più istituzionale e normalizzato, e le bizzarrie (Carax, Noé) sono accettate più per quieto vivere che per altro. Troppo fuori dagli sche(r)mi Betbeder per essere preso in considerazione: nel corso degli anni i suoi film hanno viaggiato per altre strade – in Italia è un prediletto del Torino Film Festival, per esempio –, ed è quindi un piacere poterlo incontrare sulla Croisette, con il secondo titolo da lui licenziato in questi primi mesi del 2016. Mentre infatti Le Voyage au Groenland trova spazio in AciD, nelle sale transalpine è ancora rintracciabile Marie et les naufragés, la sua precedente fatica.

Naufragio, ecco un termine appropriato per cercare di descrivere l’indole cinematografica di Betbeder. Il suo è un approccio ondivago e misterico alla materia, come sottolineano alcuni dei titoli centrali della sua filmografia (Nuage, La Vie lointaine, Les Nuits avec Théodore), e anche se solo in maniera episodica e occasionale si sfondano le pareti del fantastico, ci si sente avvolti da un’atmosfera magmatica, impenetrabile e a tratti perfino fosca.
Con il passare degli anni lo sguardo di Betbeder si è fatto più solare, gli angoli del suo cinema si sono ammorbiditi muovendosi in direzione della commedia, in particolar modo a partire da 2 automnes 3 hivers. Le Voyage au Groenland si inserisce dunque in un tracciato ben delineato, fondendo al proprio interno sia la passione per il “mito” (la cultura inuit, svelata con occhio metà antropologico metà turistico) sia una vena comica che trova sfogo in una lunga serie di gag che colgono nel segno. Al film, dopotutto, lo stesso regista si era avvicinato gradualmente. Lo scorso anno Betbeder ha firmato Le Film que nous tournerons au Groenland, sorta di messa in scena dell’elaborazione della sceneggiatura, che seguiva il precedente cortometraggio Inupiluk, buffa storia dell’incontro tra i due amici parigini Thomas e Thomas e due inuit, “spediti” nella capitale francese dal padre di uno dei due Thomas, da venti anni trasferitosi in Groenlandia.

Le Voyage au Groenland si può considerare a tutti gli effetti un seguito di Inupiluk, al punto che la voce narrante del Thomas “figlio” riparte proprio da quell’antefatto (e nel montaggio scorrono le immagini del corto); Thomas e Thomas hanno deciso di concedersi una breve vacanza, per raggiungere la Groenlandia e scoprire un mondo fuori dal tempo. Nell’immenso panorama ghiacciato i due amici cercano, forse, anche di trovare un senso alle proprie esistenze. Viaggio iniziatico e romanzo di formazione si fondono a una commedia di situazioni più che di parola – è anzi l’incomunicabilità e la difficoltà di dialogo a fornire molti degli spunti comici della sceneggiatura.
Dal canto suo Betbeder conferma uno sguardo frontale, netto: le inquadrature non necessitano di alcun artificio per raggiungere il proprio scopo. Se la struttura frammentaria – quasi da diario di viaggio – e il tono generalmente leggero possono far pensare a un’opera meno personale rispetto alle precedenti, Le Voyage au Groenland racchiude al proprio interno la quintessenza del cinema di Betbeder, e non rinuncia a quell’ombra umorale e minacciosa che è tratto distintivo della sua poetica. La morte incombe su quei luoghi silenziosi e ghiacciati, dalla caccia a foche e orsi alla probabile malattia del padre di Thomas, fino al suicidio di un ragazzo locale, che non ha retto l’idea di restare per sempre isolato dal mondo. Tra veglia e sogno, Betbeder racconta un luogo splendido e terribile, culla e tomba, prigione fatta di spazi all’occhio infiniti.

Info
Il trailer de Le Voyage au Groenland.

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