Rara – Una strana famiglia
di Pepa San Martín
Opera prima della cilena Pepa San Martìn, Rara arriva in sala giusto e puntuale nei mesi delle prime celebrazioni di unioni civili in Italia. Centrato sul tema delle Famiglie Arcobaleno, è cinema platealmente didattico e militante, che almeno conserva un buon margine di sincerità.
Ogni cosa è idealizzata
Cile, Viña del Mar, ai giorni nostri. Sara è una ragazzina che vive sotto lo stesso tetto con la sorellina, la madre e la di lei compagna. Sembra in tutto una famiglia felice e armoniosa, e Sara non sembra trovare particolari difficoltà nemmeno con gli amici o a scuola per la sua condizione di “figlia con due madri”. Tuttavia le istituzioni sono diffidenti, mentre il padre naturale avvia una causa legale per l’affidamento delle due figlie… [sinossi]
Ogni stagione ha il suo cinema didattico. Con le freschissime disposizioni per l’attuazione della legge Cirinnà appena formalizzate e le prime unioni civili finalmente celebrate anche nel nostro Paese, niente appare più tempistico che l’uscita nelle nostre sale di Rara – Una strana famiglia, esordio al lungometraggio della cilena Pepa San Martìn che una volta di più viene a confermarci quanto la nostra pallida legge italiana in materia sia nata già vecchia e quanto rimanga urgente un ulteriore passo in avanti nella legislazione per le cosiddette Famiglie Arcobaleno.
In Cile le unioni civili sono diventate realtà con un anno di anticipo rispetto al nostro paese, ma anche là le tutele di legge riguardo a figli e coppie omosessuali si perdono nella giungla imprevedibile della giurisprudenza. Per non parlare poi del tessuto socio-culturale che si mostra ancora frastagliato e scivoloso, con ampie sacche di più o meno educato pregiudizio a rendere impervie integrazione e condivisione.
Rara ha già raccolto un premio al Festival di Berlino nella sezione dedicata al cinema sui giovani ed è passato in concorso a Giffoni, dove non sembra affatto strano trovarlo collocato. Si tratta infatti di un’opera esile e garbata, non disonesta ma neanche troppo audace nell’affrontare i risvolti più scomodi della questione. Un’opera pronta insomma per fungere anche da veicolo formativo per un pubblico giovane, che non esca troppo turbato dalla visione ma comunque invitato alla riflessione, secondo una linea piuttosto diffusa di cinema pulito ed esemplare. È curioso come ogni sistema culturale elabori propri strumenti per sposare la giustezza di una causa ritagliandola addosso ai propri ineludibili interdetti.
Se da un lato per far digerire al grosso pubblico italiano una coppia lesbica sullo schermo si deve passare attraverso una totale rimozione della realtà stessa (in Io e lei di Maria Sole Tognazzi la Ferilli e la Buy sembrano poco più di due coinquiline e la questione della genitorialità omosessuale non è nemmeno sfiorata per sbaglio), dall’altro Rara ha almeno il merito di chiamare le cose col loro nome e assumersi il fardello del proprio racconto, aderendo a una franchezza decisamente aliena ai nostri lidi quantomeno nel cinema mainstream.
In Rara la vera protagonista è una ragazzina che vive sotto lo stesso tetto con la sorella più piccola, la madre e la di lei compagna, con sporadiche visite alla casa del padre che si è trovato un’altra donna. In un contesto eminentemente borghese Pepa San Martìn mira soprattutto a un’estrema evidenza di normalità, utilizzando in modo scaltro (specie nella prima metà) lunghi piani-sequenza per farli coincidere col quieto fluire quotidiano di azioni insignificanti. In pratica il piano-sequenza si trasforma in grimaldello ideologico per ripetere a ogni passo, a ogni piatto lavato, a ogni tavola sparecchiata, a ogni chiacchiera scherzosa in salotto: “Anche questa famiglia è normale, anche loro sono una famiglia, anche loro lavano i piatti e litigano per farlo”.
Secondo la stessa linea è estremamente prevedibile che la compagna della madre sia con le bambine più dolce e affettuosa che la madre stessa, a enfatizzare ancora il sincero legame di una madre putativa in “ambiente arcobaleno” con perfetti requisiti per una stepchild adoption. Di contro il padre naturale non può altro che essere sottilmente antipatico, e va da sé che alla sua nuova compagna spetti il ruolo ingrato dell’antipatica plateale. Sia pure in chiavi sommesse e non declamate, Rara è dunque cinema militante che ha in mente un preciso scopo e lo persegue con coerenza, mirando a un pubblico adolescente per stimolare identificazione, riflessione e comprensione. In tale contesto risulta assai convenzionale anche il breve tratteggio di un universo infantile/adolescente in cui la diversità è accettata con maggiore facilità che tra gli adulti, con pieno ruolo funzionale riconosciuto all’amica per la pelle intelligente e smaliziata e alla sorellina che la diversità neanche la vede.
C’è insomma quanto basta di convenzionale per aiutare a metabolizzare cotanta materia scomoda al più ampio pubblico possibile, salvando l’onestà intellettuale grazie al netto rifiuto per i sovratoni e gli accenti scopertamente ricattatori. L’innesco narrativo più drammatico, ovvero l’inevitabile causa legale per l’affidamento delle figlie, è infatti risolto tutto fuori scena, mentre le liti tra gli adulti sono narrate anche con finezze linguistiche, come certi fuori-fuoco in secondo piano e profondità di campo sonore che tracciano distanze tra genitori e figli.
È difficile quindi non accogliere con simpatia e favore un’opera che meritoriamente si mette a disposizione del progresso, ma inevitabilmente resta anche il dubbio che in Rara non ve ne sia poi molto di cinema. Animata da un totalizzante intento didattico Pepa San Martìn imbastisce un racconto in cui ogni cosa è al posto dove ti aspetti di trovarla, ripercorrendo collaudati schemi di domanda e risposta per la sensibilizzazione di un pubblico giovane.
Così Rara lascia l’impressione di un film prevedibilissimo eppure necessario. Perché d’altra parte questi film schematici e prevedibili, che tentano di parlare al grande pubblico, qualcuno deve pur farli, visto che su tali tematiche i precedenti certo non abbondano. Tuttora gli esempi di opere dalla narrativa più o meno convenzionale centrati sulle Famiglie Arcobaleno sono piuttosto rari (tra i più recenti, viene in mente I ragazzi stanno bene, 2010, di Lisa Cholodenko, che al tempo sembrò osare l’inosabile quando in realtà si trattava niente più che di una prevedibilissima commedia americana sentimental-familiare). Prima o poi arriverà il momento in cui anche tali nuove formazioni socio-affettive saranno riassorbite in una realtà del tutto condivisa e si riverseranno in forme di cinema non marcate, non militanti, non “necessarie”. Adesso siamo ancora nel guado, perciò è facile imbattersi in opere che prima di ogni altra cosa vogliono affermare la propria materia narrativa. Affermarla, rivendicarla, demarcarla, dare evidenza alla sua esistenza, con inevitabili ricadute di rigidità narrativa e sfondamenti verso l’idealizzazione. Rara ha almeno il merito della sincerità e non si rifugia nelle assurde astrazioni del cinema italiano, tanto volenteroso di adeguarsi ai tempi quanto goffo per la sua mancanza di vero coraggio. Per cui benvenuto a Rara – Una strana famiglia, al netto dei suoi tanti limiti.
Info
Il trailer di Rara – Una strana famiglia su Youtube.
- Genere: drammatico
- Titolo originale: Rara
- Paese/Anno: Argentina, Cile | 2015
- Regia: Pepa San Martín
- Sceneggiatura: Alicia Scherson, Pepa San Martín
- Fotografia: Enrique Stindt
- Montaggio: Soledad Salfate
- Interpreti: Agustina Muñoz, Coca Guazzini, Daniel Muñoz, Emilia Ossandon, Julia Lübbert, Mariana Loyola, Micaela Cristi, Nicolás Vigneaux, Sigrid Alegría
- Colonna sonora: Ignacio Pérez Marín
- Produzione: Le Tiro Cine, Manufactura de Peliculas
- Distribuzione: Nomad Film
- Durata: 88'
- Data di uscita: 13/10/2016
