Doctor Strange

Doctor Strange

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Secondo tassello della Fase Tre del Marvel Cinematic Universe, Doctor Strange conferma pregi e difetti di un franchise che sta colonizzando, se non cannibalizzando, l’immaginario spettatoriale e tutti i media possibili. La regia di Derrickson si mette a servizio della trionfante fiumana di pixel, sovrastruttura abbacinante che non riesce però a compensare i limiti della sceneggiatura e della standardizzante filosofia produttiva marveliana.

Tra Corvo e Ciclope

La vita del neurochirurgo di fama mondiale Stephen Strange cambia per sempre dopo che un terribile incidente automobilistico lo priva dell’uso delle mani. Quando la medicina tradizionale si dimostra incapace di guarirlo, Strange è costretto a cercare una cura in un luogo inaspettato: una misteriosa enclave nota come Kamar-Taj. Scoprirà che non si tratta soltanto di un luogo di guarigione, ma della prima linea di una battaglia contro invisibili forze oscure decise a distruggere la nostra realtà. Presto Strange imparerà a padroneggiare la magia e sarà costretto a scegliere se fare ritorno alla sua vita agiata o abbandonare tutto per difendere il mondo e diventare il più potente stregone vivente… [sinossi]

Le classifiche tornano spesso utili. Prendiamo quella di IGN sui supereroi cartacei a stelle e strisce: Doctor Strange si piazza in trentottesima posizione, tra il Corvo e Ciclope. Non male, anche se non è una prima donna dell’immaginario dei cinecomic e affini. E questo segna un primo punto a favore del Marvel Cinematic Universe, franchise potenzialmente infinito (?) che poggia le proprie solidissime fondamenta su una serialità programmata, mutuata dal piccolo schermo e abilmente perfezionata. Non sembra esserci spazio nella serialità da grande schermo del MCU per salti dello squalo o sindromi di Cunningham. Ma nemmeno per la sindrome di Fonzie. I nuovi supereroi, da Doctor Strange a Pantera Nera, sono infatti tasselli inseriti con estrema cura in un mosaico dai riflessi dorati. Riflessi spesso abbaglianti, visivamente seducenti. E ingannevoli.

Un primo punto a sfavore del Marvel Cinematic Universe. Recuperiamo alcune tavole dello Stregone Supremo di Steve Ditko, in una sorta di viaggio a ritroso nel tempo, tra evoluzioni grafiche e cromatiche, aggiustamenti e ripensamenti del character design e via discorrendo. Non possiamo parlare di libertà creativa, ma quantomeno di salutari rielaborazioni, di differenze di un universo immaginifico comune ma non così ligio alle regole. Alla regola del MCU. Un unismo sui generis che solo James Gunn e Guardiani della Galassia sembrano aver declinato a loro favore. Perché, in fin dei conti, nonostante le caleidoscopiche suggestioni escheriane e le deformazioni à la Dalí, Doctor Strange è una pellicola castrata dalla necessità marveliana di far quadrare il cerchio, di far combaciare il mantello dello stregone col martello di Thor, di servire allo spettatore una pietanza dal gusto immediatamente riconoscibile. La Marvel ci propone una sorta di color correction globale, un mondo (ma anche uno Spazio e un Universo) dai contorni e cromatismi che rispondono prima al franchise e solo in seconda battuta al potere dello Stregone Supremo.

Secondo tassello della Fase Tre del Marvel Cinematic Universe, Doctor Strange conferma pregi e difetti di un franchise che sta colonizzando, se non cannibalizzando, l’immaginario spettatoriale e tutti i media possibili. La regia di Derrickson si mette a servizio della trionfante fiumana di pixel, sovrastruttura abbacinante che non riesce però a compensare i limiti della sceneggiatura e della standardizzante filosofia produttiva marveliana. Doctor Strange, in un certo senso, non è poi così distante dal televisivo Dr. Strange, progetto fallimentare datato 1978: entrambi pilot, episodi introduttivi, incompleti, purtroppo frettolosi. Lo scrip di Jon Spaihts, C. Robert Cargill e Derrickson non lascia decantare situazioni e personaggi, spreca malamente il villain affidato a Mads Mikkelsen, si accontenta di seguire sentieri già battuti più e più volte (dall’addestramento in poi).
Svuotato il pur capiente boccale di birra, permane un retrogusto amarognolo. Splendente, ma troppo schematico, divertente a comando, Doctor Strange sembra rinunciare a gran parte delle proprie potenzialità visive e narrative in nome di un fine ultimo (Avengers: Infinity War e oltre…) che rischia però di essere troppo affollato – la mente corre ad Avengers: Age of Ultron.
Godibile, con un utile 3D, produttivamente impeccabile, sorretto da miliardi di pixel ma anche da un cast scelto con raziocinio. Poi la musica finisce, il logo Marvel sfuma e Doctor Strange scivola via, in attesa dei prossimi (super)eroi e delle prossime avventure. In James Gunn We Trust.

Info
Il trailer italiano di Doctor Strange.
Doctor Strange su facebook.
Il sito ufficiale di Doctor Strange.
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