Carol of the Old Ones
di Hiroshi Takahashi
Carol of the Old Ones è una crudele e orrorifica parodia di un saggio di diploma in una scuola di cinema. Un inno lovecraftiano all’oscurità che alberga in ogni essere umano, quando lo si pone a contatto con il potere, e con la possibilità di gestirlo. Si può schiacciare un altro essere umano? Presentato alla settima edizione del Ca’ Foscari Short Film Festival, dove il regista Hiroshi Takahashi ha condotto una masterclass per gli studenti dell’università veneziana.
Piccoli grandi Antichi
Miyuki, nominata direttrice per un progetto filmico di laurea, chiede di recitare nel film a Naomi Hayakawa, a sua volta istruttrice della scuola, oltre che un’attrice che lei ammira. Miyuki ce la mette tutta per svolgere al meglio il suo ruolo di regista, ma Naomi la mette davvero a dura prova. Girare il film si rivela una vera lotta… [sinossi]
Ignorant fools mankind now rules
Where They ruled then it’s Theirs again
Madness will reign terror and pain
Woes without end where They extend.
The Carol of the Old Ones, Andrew Leman per H. P. Lovecraft Historical Society, 1988
Carol of the Old Ones non è arrivato “da solo” al Ca’ Foscari Short Film Festival, la kermesse veneziana voluta da Roberta Novielli per promuovere i film brevi prodotti in seno alle scuole di cinema sparse per il mondo, ma si è calato all’interno della masterclass che gli studenti dell’università lagunare hanno potuto svolgere con Hiroshi Takahashi. Se il titolo del mediometraggio può apparire ignoto ai più – e la sua diffusione è stata tutt’altro che capillare dal 2011, anno di produzione, a oggi –, lo stesso non si può certo affermare per il suo autore: Takahashi è uno dei numi tutelari dell’universo dei manga, e lo dimostrano serie di successo come Crows (da cui un Takashi Miike più sguaiato che mai trasse Crows Zero, visto alcuni anni fa al Far East Film Festival di Udine) e Worst, ma il suo nome è senza dubbio legato, nell’immaginario cinematografico, alla collaborazione con Hideo Nakata, per il quale ha scritto i primi due capitoli di Ringu, traendo ispirazione dal romanzo di Kōji Suzuki. Al di là dell’incredibile successo commerciale che la saga con protagonista Sadako ha ottenuto in patria e all’estero – proprio in questi giorni in Italia è arrivato The Ring 3, terzo capitolo hollywoodiano diretto da F. Javier Gutiérrez; lo scorso novembre, la “notte horror” del Torino Film Festival si è chiusa sulle immagini, evitabili, di Sadako vs. Kayako di Kōji Shiraishi, in cui le due fantasmesse per eccellenza del j-horror si trovano faccia a faccia – c’è un altro titolo della filmografia di Nakata che deve molto al lavoro di scrittura di Takahashi, e che trova rintocchi riconoscibili anche in Carol of the Old Ones. Si tratta di Don’t Look Up (Joyū-rei, 1996), un horror ambientato sul set di un film di guerra, infestato dal fantasma di un’attrice.
Anche Carol of the Old Ones si svolge secondo le dinamiche del film nel film; anche in questa occasione la regista (nel caso di Don’t Look Up si trattava di un ragazzo) è alla sua prima esperienza dietro la macchina da presa, e anche stavolta deve fronteggiare un’urgenza di tempo. La pellicola finirà presto, e il film, per quanto si tratti solo di un saggio di diploma, deve essere chiuso il prima possibile, per non eccedere nelle spese – che tra l’altro l’università non sembra aver alcuna voglia di coprire in maniera ulteriore.
È interessante come Takahashi, nel tornare a lavorare a distanza di quindici anni su una tematica che aveva già avuto modo di trattare come sceneggiatore, sospenda il suo mediometraggio su una linea di confine labilissima che divide il truce resoconto di un mondo del cinema spietato, che non guarda in faccia a nulla e a nessuno per raggiungere il proprio obiettivo (“un uomo può schiacchiare un altro uomo?”, è una delle domande ricorrenti della protagonista, la giovane Miyuki), dalla sua parodia. L’incipit, con i responsabili del corso di cinema per conto dell’università che devono vagliare le varie domande compilate dagli aspiranti studenti, è sotto questo punto di vista a dir poco emblematico: la messa in scena di un microcosmo sguaiato, volgare, del tutto disattento al proprio ruolo, che trova la compostezza necessaria solo quando viene messo in dubbio il pagamento che dovranno ricevere.
Carol of the Old Ones, che trae il titolo da una canzone ispirata all’Inno ai grandi antichi citato in alcuni racconti di H.P. Lovecraft, non è “lovecraftiano” nel senso più stretto del termine, per quanto nel sottotesto metacinematografico si senta sospirare di Shub-Niggurath, ma riesce a traslare la tensione orrorifica verso l’ignoto e lo spazio-tempo immortale che domina le pagine dello scrittore di Providence in una dimensione più terracea e quotidiana, ma non meno spaventosa. Il set su cui si trova a lavorare Miyuki è un non-luogo esattamente come potrebbe esserlo Dunwich, sperduta località nel bel mezzo del nulla del New England, e la guerra è sempre quella contro un tempo che non si riesce a definire, che è più forte e più duraturo dell’umano, e lo sovrasta, lo costringe ad abiezioni inenarrabili perché in realtà lo soggioga e ammalia.
Takahashi firma una lettura del potere e della sua sordida progenie, cieca di fronte all’umano e protesa a un immateriale che per Lovecraft prendeva le consistenze degli dei dell’antichità, terribili e privi di pena per le sorti umane, e in Carol of the Old Ones trova definizione nella macchina da presa, a sua volta fuori dal tempo – in piena epoca digitale degli studenti di un corso di cinema girano in pellicola; una bizzarria per niente casuale, è evidente. È il cinema stesso, nel pulsare del terzo millennio, un grande antico; è il cinema stesso a essere diventato divinità, potenza occulta e immateriale, non toccabile davvero dall’umano, non comprensibile fino in fondo. In un mediometraggio a basso budget che si incunea nella cinematografia giapponese ravvivandola e traendone ispirazione, Takahashi spinge l’asticella ancora più in alto, svicolando dalla messa in scena dura e pura del genere e rincorrendo traiettorie ambiziose eppure sempre a pochi passi dalla palude del ridicolo involontario. Una sfida affascinante, che si può definire vinta.
Info
La masterclass di Hiroshi Takahashi, regista di Carol of the Old Ones, sul sito del Ca’ Foscari Short Film Festival.
- Genere: drammatico, horror, thriller
- Titolo originale: Kyū shihaisha no carol
- Paese/Anno: Giappone | 2011
- Regia: Hiroshi Takahashi
- Sceneggiatura: Hiroshi Takahashi
- Fotografia: Tatsuya Yamada
- Interpreti: Kanji Tsuda, Reina Honma, Shōko Nakahara, Wakana Matsumoto, Yōzaburō Itō
- Colonna sonora: Hiroyuki Nagashima
- Durata: 47'
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